Pagine

venerdì 12 febbraio 2016

Giornata d'Autore : MELISSA PRATELLI


Penelope Lee Johnson è una ragazza di 16 anni che, a causa di una situazione familiare difficile e del suo desiderio di entrare ad Oxford, decide di trasferirsi in un piccolo paesino scozzese dove si trova una delle scuole più prestigiose del Regno Unito. Lì la ragazza farà la conoscenza di tre ragazzi, i Macintyre, che appartengono ad una ricchissima e misteriosa famiglia di Edimburgo. 


Lee instaurerà un legame molto forte con i tre ragazzi, un legame che sembra avere del sovrannaturale e che la spinge ad indagare, al fine di scoprire qualcosa in più su quella famiglia piena di riserbo. 

La ragazza si ritroverà poi a dover affrontare una scioccante verità che riguarda i suoi amici, il cui segreto affonda le proprie radici in un lontano passato e del quale la stessa Lee sembra fare parte, mentre una minaccia ancora ignota incombe su di lei.



Dopo aver sconfitto un nemico mortale e aver rinunciato alle persone che amava per salvarle, Penelope Lee Johnson si prepara a tornare a scuola per il suo secondo anno alla S. George. 

Lee non è un’adolescente come le altre: ha scoperto infatti di essere una Figlia di Danu, discendente di una stirpe di dei Celti dotati di poteri magici. 
Con l’aiuto di un gruppo di ragazzi come lei, Lee cercherà di imparare a padroneggiare il proprio potere e di trovare la sua vera identità mentre tenta disperatamente di reprimere i propri sentimenti per il ragazzo che ama e che non ricorda più chi lei sia. 

Intanto, una nuova minaccia incombe sui giovani maghi, sconosciuta e infida, che metterà a rischio l’incolumità di vecchi e nuovi amici. 

Tornano i giovani protagonisti de “I Figli di Danu” nel secondo emozionante capitolo della saga. 












Mentre mi chiedevo come fossi passata dalla rabbia per mio fratello alla beatitudine del petto nudo di Nathaniel, lo vidi entrare in biblioteca. Mi toccai i capelli per aggiustarli e mi lisciai la gonna poi mi resi conto di essere ridicola e mi diedi una botta in testa. Quando mi vide rise fragorosamente.
-Che c’è?- chiesi con falsa noncuranza.
-I tuoi capelli...–
-Eh... lo so...- Mi sentivo deficiente.
-Sapevo che eri qui.- Si avvicinò a me.
-Davvero?– domandai sorpresa. Significava che era venuto a cercare me?
-Sì, so che ti piacciono i libri... Davon mi ha raccontato un po’ di cose...- Perché mai avrebbe dovuto chiedere a Davon delle informazioni su di me?
-No, intendevo... perché sei venuto qui...–
-Volevo parlare con te. Stamattina...- Ecco, stava per dirmi che ero una maniaca e prendermi in giro per la mia volubilità.



-Quando ci siamo guardati, ho visto una cosa...- si avvicinò fino a sfiorarmi il naso con il suo e mi prese il mento con la mano. Mi sentii svenire.
-L’avevo già notato ma stamattina ho potuto vederlo meglio…-
-Di che parli?– chiesi confusa, mantenendo a fatica un tono fermo. Nathan sorrise.
-I tuoi occhi... sono diversi.–
-D-diversi?–
-Sì. Uno dall’altro...– Il sorriso si fece più ampio. Era ancora pericolosamente vicino e facevo fatica a trattenermi dal saltargli addosso. Quando riacquisii l’uso della ragione, capii di che cosa stava parlando: i miei occhi erano sempre stati uno dei miei segni particolari perché erano di due colori diversi, il destro era verde e il sinistro azzurro.
 (I Figli di Danu: Il Richiamo)

-Che mi stai dicendo, Lee?–
-Che sono pazza forse, ma quando sto con voi, vedo delle cose...- mi stavo per mettere a urlare per la frustrazione.
-Cazzo…- bofonchiò Ben accigliato. In quel momento Nathaniel e Christine arrivarono dove mi trovavo con Benjamin, come se lui li avesse chiamati. Erano giorni che non vedevo Nathaniel e trovarmelo lì davanti mi fece sentire ancora più debole e frastornata. -Non mi sento molto bene...- dissi sentendo la nausea salire nello stomaco e portandomi una mano sulla pancia.
-Forse è meglio andare da un’altra parte.- Sentii Nathaniel dire.
-Ve l’avevo detto ma voi mi avete solo rimproverata.–
-Adesso basta, andiamo via da qui- disse Ben.
Non volevo che se ne andassero, lasciandomi lì esausta e confusa. Soprattutto non volevo che Nathaniel sparisse di nuovo dalla mia vista, così mi aggrappai alla sua gamba.
-Non andate, per favore... ditemi che succede.- Nathaniel mi prese in braccio e, seguito dagli altri due, si diresse alla finestra.
-Chiudi gli occhi, Lee- mi sussurrò ed io obbedii.
(I Figli di Danu: Il Richiamo)



- Brutta serata? -
Alzai lo sguardo e notai una figura appoggiata al muro nella penombra. - Più o meno... - biascicai, cercando di ricomporre la mia espressione afflitta.
- È sempre così. - Si avvicinò e si sedette sul gradino a fianco a me. Era un ragazzo molto affascinante e misterioso, aveva degli occhi verde foresta e dei capelli biondo scuro che gli ricadevano sulla fronte.
- Così tu sei Penelope Lee Johnson... – esordì osservando il buio di fronte a se. Come faceva a conoscermi quel tipo?
- Già... e tu saresti? - Non avevo proprio voglia di indovinelli.
- Scusa, che sgarbato. Sono Andrew Macintyre. - Mi tese la mano.
Sbiancai ma gli strinsi la mano comunque. Non sapevo ci fossero altri ragazzi Macintyre a parte i tre che già conoscevo e non l’avevo visto neppure nel bosco la sera prima.
- Non c’ero ieri sera - disse guardando davanti a sé come se avesse letto i miei pensieri. Non seppi che altro dire, mi limitai ad osservare il suo profilo nella penombra, chiedendomi come mai non l’avessi visto prima. Quel ragazzo aveva una straordinaria aura magnetica. Improvvisamente Andrew Macintyre voltò la testa nella mia direzione e mi fissò dritto negli occhi, io tremai. Vidi la foresta, scura, imperscrutabile e spaventosa, sentii il freddo del vento che mi schiaffeggiava la faccia e la neve gelida sotto i piedi e provai una rabbia esplosiva dentro di me ma controllata, canalizzata in un’unica direzione che però non riuscii a scoprire. In quel momento riaprii gli occhi e mi trovai ancora sul gradino nell’anticamera del salone, insieme allo strano ragazzo che mi guardava soddisfatto.
(I Figli di Danu: Il Richiamo)


Sospirai. Era tutto vero, ogni singola cosa, ogni fitta di dolore che avevo provato e ora il mio principe era lì e mi faceva ancora più male perché mi rendevo conto che volevo che rimanesse con me mentre avrei dovuto picchiarlo.



- Perché non sei venuto tu a prendermi? – domandai con voce tremante. Avevo quasi paura di sentire la risposta.
Nathan sembrò avvilito. – Temevo saresti scappata via urlando – confessò, – è quello che hai fatto al ballo. Ho pensato che forse con Ben saresti stata più tranquilla. –
Lo fissai sorpresa.
Nathan sospirò. - Sono stato un idiota, avrei dovuto... –
- Volevo solo che tu mi guardassi... - ammisi stancamente. - A volte è tutto chiaro, altre volte no. Ieri sei stato così freddo con me.-
Le lacrime si ripresentarono alle soglie dei miei occhi, non richieste. Nathan sgranò gli occhi, sconcertato. - Lee, ma non capisci? È proprio perché io non posso fare a meno di guardarti che mi sono comportato così! - disse con un sorriso amaro.
(I Figli di Danu: Il Richiamo)



La fissai per qualche minuto, immobile, trattenendomi dall’accarezzarle il viso o scostarle i capelli dalla fronte. Quei gesti così semplici erano come delle pugnalate per me. Avrei voluto passare la mia intera vita a compiere gesti semplici come quelli, a prendermi cura di Lee e a proteggerla da ciò che la faceva soffrire, ma non potevo. Lee non era innamorata di me e ogni volta che mi concedevo di avvicinarmi a lei più del dovuto, di sfiorarla o di immaginare come sarebbe potuta essere la mia vita se lei fosse stata mia, non facevo altro che procurare a me stesso un dolore quasi insopportabile.
L’avevo vista sprofondare nel dolore, piangere fiumi di lacrime e svegliarsi la notte in preda agli incubi. Avevo sperato con tutto il cuore che si riprendesse e, pian piano, era riuscita a riemergere quel tanto che bastava per andare avanti.



Non era abbastanza. Non riuscivo a vederla così, mi spezzava il cuore saperla infelice, essere consapevole che avrebbe potuto trovarsi faccia a faccia con il Principe in qualunque momento e ripiombare nel dolore.
Cosa potevo fare io per lei?
(I Figli di Danu: La Confraternita)


Ero arrabbiata, così adirata che mi sembrava di andare a fuoco. Percepii una scossa di adrenalina attraversarmi il corpo fino al braccio. Sentii la mano formicolare e quasi senza accorgermene, la feci scattare verso Lorraine e, in contemporanea, un tavolo volò verso di noi dall’altro lato della stanza e si schiantò davanti a lei, bloccandole la strada.
Lorraine restò impietrita e poi si voltò con sguardo furibondo.
-Come diavolo hai osato?- sibilò cominciando a circondarsi di scariche elettriche. I suoi occhi sembravano emanare saette.
Cominciai a temere di aver esagerato ma se lei mi avesse lanciato addosso una scarica, mi sarei dovuta difendere. -Oso perché tu ti permetti di trattarmi da stupida- replicai, cercando di suonare fredda e impassibile.
Lei mi squadrò da capo a piedi e poi, inaspettatamente, sorrise e io vidi un fulmine guizzare dritto dritto verso di me.
In un’istante fui accecata dalla luce.
(I Figli di Danu: La Confraternita)


Quella sera ci eravamo scambiati solo una breve occhiata ma era stata sufficiente. Avevo visto nei suoi occhi verdi tutta la disperazione e il senso di perdita che lui aveva provato durante il periodo in cui non ricordavo chi fosse e mi ero irrigidita. Non volevo che lui soffrisse ancora in quel modo, non volevo essere la causa del suo dolore, non avrei permesso che si sentisse ancora così. Purtroppo noi MacIntyre non eravamo padroni della nostra vita e del nostro destino e non lo saremmo stati neanche in futuro.



In quel momento decisi che non avrei mai più permesso a me stessa di ferire Riley in quel modo, anche se ciò significava soffocare i miei sentimenti per lui.
(I Figli di Danu: La Confraternita)


-Io voglio te, solo te. Nessun’altra– replicò, serio. –Ascoltami bene Lee, cercherò di farti capire quello che provo, anche se non è facile perché a volte le parole da sole non bastano– disse con tono fermo.
Lo guardai: il suo sguardo mentre mi osservava, cercando le parole giuste per tranquillizzarmi, era così intenso che i suoi occhi sembravano brillare. Potevo vedere in essi e attraverso di essi tutta l’intensità dei sentimenti che Nathan provava per me, quasi fosse il suo sguardo l’unico linguaggio in grado di esprimerli. Si inginocchiò di fronte a me e mi prese la mano.



–Tu sei la mia metà e io ti riconoscerò sempre, ti troverò sempre e ti amerò sempre.–
(I Figli di Danu: La Confraternita)





Nessun commento:

Posta un commento