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venerdì 29 settembre 2017

CON I TACCHI È UN'ALTRA COSA di Lucia Bonelli


Federica entra nel mondo del lavoro a trentatré anni e, proprio il giorno del suo 33° colloquio di lavoro, il destino le gioca un brutto scherzo. Stanca di dovere rinunciare sempre a tutto per seguire le regole, decide di sfidare la sorte e, aiutata da una serie di rocamboleschi equivoci, si ritrova nello staff della filiale romana della più grande società di marketing di Francoforte, la JB Kraften. Paul Peters, integerrimo Direttore Generale della società, prossimo al matrimonio del secolo, dovrà seguirla nella gestione della fusione parigina del colosso. Peccato che Federica non parli assolutamente il francese e che nessuno sappia che in realtà il suo nome è Marina, Marina Bonei.
«Mi raccomando il profumo! Non dimenticare il profumo!»
«Il profumo, gli orecchini di perle, i capelli raccolti, le calze, i tacchi… nonna, non vado a una sfilata.»

Marina è a un passo dal ricevere l’incarico dei suoi sogni, certo, deve prima sostenere il colloquio ma in cuor suo sa di avere in tasca il risultato. Ha aspettato a lungo l’occasione giusta e ora che finalmente le si è presentata, non ha intenzione di fallire: il posto presso la JB Kraften sarà suo, costi quel che costi. Incoraggiata dalla famiglia, Marina va tranquilla, ha studiato e non ha dubbi sulla sua preparazione. Niente può andare storto, dunque, ha tutto sotto controllo ed è pronta a tutte le evenienze… Be’, proprio a tutte no… Infatti, una volta arrivata in azienda, scopre che il posto è stato già assegnato il giorno prima a un’altra. Oh mio Dio! Il mondo crolla in un battibaleno! Distrutta e depressa a Marina non resta che tornarsene a casa sconfitta. Una ragazza normale accetterebbe la malasorte e si comporterebbe di conseguenza ma non lei, non quando ha messo in gioco tutto per arrivare alla meta.

Non posso essere così sfortunata!
Io non tornerò a casa senza quel posto.
Io non tornerò a casa senza quel posto!
Io non tornerò a casa senza quel posto?


E così la nostra intraprendente eroina escogita il piano diabolico: si fa passare per la fortunata già assunta al posto suo. Marina Bonei diventa Federica Fenni e, in un colpo solo, si ritrova a far parte dello staff della pregiata azienda ottenendo il lavoro dei suoi sogni. Tutto procede alla perfezione fino a quando non le viene richiesto di presenziare alla fusione con l’Ètoile, un’azienda parigina. Il problema è che Marina non conosce il francese ma Federica sì… Ma lei non si scoraggia, arrivata a questo punto non può deludere il grande capo, non ci pensa nemmeno. Quindi la domanda nasce spontanea: come ne uscirà fuori? La risposta la troverete solo leggendo.
La storia, pur non essendo originale, è comunque piacevole e di facile lettura. Lo stile è brillante, anche se alle volte il sarcasmo appare forzato, e rende bene l’idea della commedia spiritosa piena di equivoci e battute simpatiche. La narrazione procede in maniera lineare, senza cambi di marcia dall’inizio alla fine. E qui arriviamo alle note dolenti. La mancanza di colpi di scena, infatti, alla lunga finisce per penalizzare il racconto, che inizia e termina nello stesso modo orizzontale. Ci si aspetta da un momento all’altro un decollo che però non avviene e il problema è presto spiegato. L’approccio di alcune tematiche importanti rimane superficiale (mi riferisco allo sviluppo del rapporto tra i due protagonisti, per esempio), e la loro esposizione precipitosa finisce coll’appiattire la vicenda.
 Lo stesso discorso vale per i personaggi: Marina/Federica e Paul Peters, di loro conosciamo i tratti principali: sappiamo che Marina è intraprendente, caparbia e ostinata. Vuole il lavoro e lo ottiene, vuole far colpo sul capo e ci riesce, non si scoraggia davanti alle difficoltà ma anzi le affronta a testa alta senza preoccuparsi delle conseguenze. Tanto c’è sempre tempo per le spiegazioni…

Voglio sembrare professionale anche se risulterò una truffatrice professionale, ma comunque elegante, sicura, vittima della voglia di avere giustizia, almeno una volta nella vita.

Dall’altro lato Paul ci viene presentato come un tipo affascinante, potente, il solito maschio alfa, preciso sul lavoro e sicuro di sé. Difficile resistergli, insomma.

«Buongiorno» dico con un filo di voce e il viso in fiamme. Il suo profumo mi ricorda il nostro piccolo incidente e quando ci dirigiamo verso l’ingresso, lascia di nuovo quella scia. Io cammino alle sue spalle, ma sento ancora il sapore dei suoi occhi addosso. Dio quanto è bello, quant’è professionale. Il mio cuore batte agitato, confuso. Mi fa sentire viva. Lui mi fa sentire viva.


Che c’è di strano? direte voi, in fondo entrambi rispecchiano dei cliché ampiamente sfruttati nel romance. È giusto! Il problema però è che simili modelli qui rimangono tali invece di essere vivi; i personaggi, infatti, mancano di profondità, di loro conosciamo la facciata, ciò che non leggiamo è la loro introspezione. Essi non possono essere definiti tridimensionali, bensì appaiono troppo ovvi e poco incisivi. Il loro idillio, per esempio, nasce e cresce troppo velocemente tanto che il lettore non ha il tempo di assimilare i progressi né di empatizzare con loro. E anche quando Paul scopre la verità su Marina, si arrabbia, è vero, ma la sua reazione prevedibile resta ferma, quasi impalpabile per la mancanza di sviluppo. Forse, se avessimo potuto contare anche sul suo punto di vista, avremmo sicuramente capito meglio il suo stato d’animo in questa e in altre occasioni. Invece è bastato voltare la pagina, per leggere il cambio di rotta dei suoi sentimenti, come era prevedibile. Ma anche in questo caso la situazione appare fredda e scontata, senza quel pathos che l’avrebbe resa più verosimile.
 Consigliato per una lettura estiva.


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