Per la rubrica "I nostri Racconti", la nostra Cosmo Girl Alessandra Cigalino, ci ha fatto l'enorme regalo di poter pubblicare, sempre per capitoli, il suo romanzo urban fanatsy "Love is a Mystery", il primo libro della serie Infinity. 
Alessandra, è il classico esempio della indie author italiana. Ha scritto un libro e l'ha auto pubblicato. Il mio rispetto per queste scrittrici aumenta quotidianamente, questo è un mondo di squali e la competizione è a livelli stellari. Dobbiamo aiutare queste ragazze a far conoscere la loro opera il più possibile.
Vi informo che se durante la lettura per capitoli, in questo blog, il libro Vi ispira talmente che non potete aspettare la pubblicazione del prossimo post, potete sempre acquistarlo negli store on-line!!
La scrittrice attende di conoscere i vostri pareri quindi commentate, commentate e commentate!!!
Dopo la morte del padre, è il tempo per Elizabeth di dar
prova del suo coraggio, cercando di imporre le proprie capacità nei vari
colloqui di lavoro, a Londra, a soli diciott’anni, senza nemmeno, quindi, una
laurea al suo attivo.
La sua caparbietà però non ha fatto i conti con l’incontro di
sguardi che da quel preciso istante inizia a farle vedere il mondo con gli
occhi dell’amore di cui ha sentito parlare, ma che non ha ancora provato
direttamente in prima persona.
Quel ragazzo incredibilmente bello, che è entrato a far parte
dei suoi pensieri in modo costante, è in grado di toglierle il respiro anche
solo guardandolo negli incantevoli occhi simili a raffinati smeraldi.
Ma ogni giorno che passa, pur provando verso di lui un
interesse ‘nuovo’, Elizabeth inizia ad avvertire qualcosa di misteriosamente
indescrivibile che lo rende ancora più affascinante e le fa capire quanto
voglia essere partecipe della sua esistenza.
Elizabeth entra così a far parte di un nuovo mondo, dove la
musica ha un ruolo fondamentale e parla attraverso le note di un canto d’amore
tra due ragazzi, accomunati essenzialmente dal loro stesso identico modo di
amarsi, utilizzando anche la poesia come mezzo per unire le loro ‘epoche’.
‘Lui’, forte demone immortale, con un’unica debolezza:
Elizabeth!
‘Lei’, indifesa e fragile umana, colma di dubbi e di
incertezze, con un’unica forza: William!
Per vivere il loro amore saranno disposti a scendere a ‘compromessi’?
E quale segreto rende così diverso William dagli altri demoni
immortali di Mc Call?
CAPITOLO N. 1
‘Che importa l’eternità della dannazione
 A chi ha trovato, per un attimo,
 L’infinito della gioia? ’
 (Charles Baudelaire – ‘Lo spleen di Parigi’ – Postumo 1869)
 In ogni era ed in ogni epoca storica i compromessi sono sempre
esistiti e son sempre stati utilizzati come mezzo per arrivare, tramite
delle scorciatoie, allo scopo finale.
 Persino la persona più pura d’animo ha elaborato un patto con
“Qualcuno” o “Qualcosa” per un fine ultimo che in quel determinato
momento della vita sembrava importante.
 Chi crede nella creazione Divina di questo pianeta potrà rendersi
conto che anche Adamo ed Eva arrivarono ad un compromesso per
proseguire nella vita terrena.
 Mentre coloro legati alla credenza più scientifica della nascita
dell’emisfero terrestre potranno chiaramente evincere che ogni essere
vivente, fin dal suo esordio in campo di vita, ha ottenuto sempre cibo o
altre esigenze primarie tramite compromessi, senza poter seguire
sempre la legge Darwiniana del “più forte”. 
| 
    La strada verso l’aeroporto sembrava più lunga
  del solito. 
    Gli alberi allineati al bordo della via erano
  stati spogliati 
dall’inverno
  che stava per bussare alle porte. Con i rami nudi e ingrigiti 
sembrava
  mi stessero salutando. 
    La nebbia persistente che invadeva le campagne
  della pianura 
rendeva
  più difficile il tragitto dell’autobus. Ecco perché avevo scelto 
quello
  che mi avrebbe fatta arrivare con largo anticipo a Linate. 
    Era ormai giunto il momento di godermi un
  po’ di svago, o almeno 
così
  avevo promesso a mia madre. 
    Mi aveva convinta a partire per il mio mese
  sabbatico verso la meta 
a me
  più ambita: Londra. 
    Adoravo quella città. Era là che avevo sempre
  sognato di vivere, 
per
  una qualche sorta di amore per le lingue straniere. 
    Purtroppo sarei stata di passaggio, ma almeno
  una parte del mio 
sogno
  si stava per avverare, anche se il morale per gioire veniva a 
mancare. 
    Lasciando l’Italia, cercavo di allontanare
  il dolore per la scomparsa 
di
  mio padre, il mio scudo. 
   
  Sapevo benissimo che, pur prendendo quell’aereo, non avrei risolto 
nulla,
  ma almeno avrei provato ad affrontare ancora il mio cammino di 
vita,
  dove, nel caso in cui fossi caduta, stavolta mi sarei dovuta 
risollevare
  con le mie sole forze. 
    Dovevo provare. Dovevo allontanare il ricordo
  malvagio della 
malattia
  crudele che si era portata via ogni briciolo di potere vitale dal 
corpo
  non più possente di quell’uomo che mi faceva gioire di esser 
viva
  solo guardando il suo volto ricco di sorrisi. 
    E poi era l’unica possibilità che avevo per
  dimostrare a mia sorella 
che
  potevo farcela. Già perché il patto fu chiaro: un mese di tempo per 
far
  valere ciò che credevo possibile nelle mie capacità. 
    Avrei chiesto colloqui di lavoro in Società
  Londinesi, pur non 
avendo
  una laurea al mio attivo, dato che, dovendo contribuire 
economicamente
  in casa, non mi potevo permettere l’Università. 
    Ma sapevo che potevo farcela: «Ho sempre avuto
  un’ottima 
capacità
  di apprendimento» le dissi prima di partire. «Fidati, Caroline! 
Un
  solo tentativo, un mese e poi se le mie aspettative andranno male, 
tornerò
  e mi troverò un qualsiasi lavoro qui, vicino alla mamma». | 
| 
   Essendo sorella maggiore doveva intervenire
  in ogni decisione. 
   Questa volta, però, le feci capire che non
  doveva intromettersi. 
Avevo
  il diritto di scegliere e dire la mia ora. Soprattutto dopo che per 
troppo
  tempo rimasi in silenzio a osservare lei che si sposava, lei che 
se
  ne andava di casa, lei che quando papà stava male la notte non 
c’era…
  Basta! Ora toccava a me parlare. 
   Ad ogni modo, non volevo lasciare la mamma
  per molto a casa da 
sola,
  ma l’avrei chiamata sicuramente almeno dieci volte al giorno, o 
l’avrebbe
  comunque fatto lei. 
   Ma soprattutto le promisi che per Natale sarei
  senz’altro tornata. 
   Riflettendo su ciò che dall’oblò dell’aereo
  si stava allontanando, 
diventando
  sempre più piccolo, non mi ero accorta di quanto fosse 
vuoto
  quel volo di novembre. 
   Mentre lottavo con la mia borsa, per trovare
  l’iPod, ad un tratto, mi 
sentii
  osservata. 
   Mi voltai lentamente e li vidi: due occhi che,
  con il loro verde 
smeraldo,
  mi scrutavano dalla sinistra, quattro posti dietro di me. 
   Per un breve istante, mi si bloccò il respiro.
  Rimasi sbalordita dalla 
bellezza
  disarmante di quello sguardo e sentii le mie guance infuocarsi. 
   Mi rigirai di scatto. Con il fiato corto, riuscii
  finalmente a trovare 
ciò
  di cui avevo maggiormente bisogno in quel momento: note 
addolcite
  da melodie in grado di cullare la mia Anima. 
   Tutt’ad un tratto, sentii nascere in me la
  voglia di voltarmi ancora. 
Volevo
  provare a veder meglio il volto di quel ragazzo. Mi incuriosiva. 
   Ma in quel preciso momento fui obbligata a
  rinunciare. Ero stata 
costretta
  a provare troppe emozioni in quegli ultimi mesi. E poi per 
quale
  motivo mi stavo comportando in quel modo? 
   Ora come ora, non avevo abbastanza forza per
  controllare in modo 
regolare
  i battiti del mio cuore. Dovevo riposare. 
   Appoggiai la nuca al sedile. 
   Infilai gli auricolari, chiusi gli occhi e,
  rannicchiata su me stessa e 
le
  mie angosce, abbracciai ancor di più il cappotto. 
   Rapita da quella sorta di stand by, mi ricordai
  della telefonata che 
feci
  prima di partire a colui che negli ultimi due anni era stato sempre 
al
  mio fianco. 
   Fabrizio era un grande amico. Sapevo che per
  lui era diverso. 
Conoscevo
  i suoi sentimenti nei miei confronti. | 
| 
    Agli occhi degli altri la nostra amicizia
  poteva addirittura apparire 
qualcosa
  di più. Ma per me era il migliore amico che si potesse avere. 
Nient’altro. 
    Era sempre stato paziente e dolce. Ma non
  avevo mai sentito dentro 
quella
  scintilla capace di darmi la scossa (almeno avevo sempre 
pensato
  potesse essere così), per poter ricambiare tutte le sue 
attenzioni.
  Ora più che mai, non volevo avere ulteriori pressioni. 
    A quasi diciannove anni di età non avevo mai
  avuto un ragazzo. Ma 
neanche
  avevo intenzione di stare con qualcuno, come tutte quelle 
ragazze
  che vedevano nella conquista di un boyfriend una sorta di 
privilegio,
  di ‘dovere sociale’ per poter trovare una posizione nel 
mondo. 
    Il mio posto ero in grado di trovarmelo da
  sola, senza qualcuno che 
dovesse
  obbligatoriamente stare al mio fianco, accarezzandomi di tanto 
in
  tanto o passeggiando con me tenendomi il braccio sulle spalle. 
    Anche se questo poteva sembrare cinico e glaciale,
  era ciò che più 
fermamente
  credevo in quel momento. 
    Ecco perché quando decisi di chiamarlo stavo
  facendo il check-in. 
    Sentii la sua voce preoccupata. «Ma perché
  me lo dici solamente 
ora?
  Sarei venuto con te. Ti sarei potuto stare accanto. Vuoi che venga 
il
  prossimo week-end? Così...» 
    Lo bloccai subito. «No, no Fabri, ti prego!
  Non ti chiedo di capire 
la
  mia decisione, perché sarebbe egoista da parte mia, dato che 
nemmeno
  io riesco a comprendere me stessa in questo periodo. Ti 
chiedo
  solo di accettarla. Sai che ti voglio bene, ma è una cosa che 
devo
  fare da sola. Ho bisogno di trovare uno spazio tutto mio». 
    Dopo un istante di silenzio, dove molto probabilmente
  stava 
elaborando
  meglio le mie parole o, magari, stava cercando di trovarne 
altre
  per provare a dissuadermi, conclusi dicendo: «Fabri, ti voglio 
bene
  e per me sei davvero importante, ma ti prego non preoccuparti. Ti 
chiamerò
  io. Ok?» 
    Con il timbro di voce di un bambino che aveva
  paura del buio, ma 
ora
  doveva provare ad addormentarsi da solo e senza luce, rispose: «Mi 
mancherai.
  Fai comunque buon viaggio. Se vorrai quando tornerai… 
Sai
  dove trovarmi! Chiama... Ogni tanto!». 
    Una specie di lacrima provò a sgorgare dai
  miei occhi. In 
quell’istante,
  capii che era ora di lasciarci. «Grazie, lo farò. Ciao». | 
| 
    Il ricordo di quella telefonata mi rattristì
  talmente tanto che scivolai 
lentamente
  sul sedile. Strinsi ancora più forte il mio cappotto, 
trattenendo
  le lacrime. 
    Era stato così difficile, ma sentivo che doveva
  andare così. 
    Dovevo avere la mente libera. Era ora di scrivere
  le pagine della 
mia
  vita senza più chiedere la penna in prestito agli altri. 
    L’atterraggio non fu dei migliori, forse per
  il poco peso dell’aereo 
che,
  a causa del forte temporale abbattutosi su Heathrow, oscillava 
continuamente. 
    Ma anche se il mio stomaco riuscì a scamparla,
  non vedevo l’ora di 
appoggiare
  i piedi al suolo, per bere un vero ‘English tea’. 
    In attesa della mia unica valigia preparata
  con scrupolosità e 
precisione,
  mi accorsi nuovamente di ‘quegli occhi’ dall’altra parte del 
rullo
  bagagli. Mi stavano fissando ed io iniziai a sprofondare dentro di 
loro. 
    Sembrava mi stessi perdendo in una dimensione
  parallela. 
    All’improvviso, mi sentii avvolta da vertigini
  e da un senso di 
smarrimento.
  Tutto il corpo incominciò a tremare e il fiato di colpo mi 
si
  fermò alla gola. Chi era? Per quale ancestrale motivo mi sentivo così 
rapita
  da quegli occhi potenzialmente scioccanti? Chi era quel ragazzo 
così
  bello, che solo quell’aggettivo non gli meritava giustizia? 
    Era una meraviglia della natura in grado di
  avvolgermi con il suo 
sguardo
  senza permettermi di chiudere le palpebre. 
    Mi sembrava un angelo con il biondo dei suoi
  incantevoli capelli 
che
  circondavano un viso così raffinato. 
    Era forse il principe delle favole che fin
  da piccola ti imponevano di 
sognare
  ad occhi chiusi? Beh, io li avevo aperti e lui era lì… Era fino a 
pochi
  istanti prima. 
    Ma dov’era finito? 
    Ad un tratto, ritornai padrona dei miei sensi,
  il mio corpo smise di 
fluttuare
  in aria e il fiato ricominciò a gonfiare il mio petto, ma, 
voltandomi
  ad ogni angolo del lungo corridoio non riuscii più a 
vederlo. 
    Ma come? Aveva già preso i suoi bagagli? Come
  avevo fatto a non 
accorgermene? 
    La sensazione provata pochi istanti prima
  era reale, perché mi 
lasciò
  talmente fiacca che, a stento, riuscii a prendere la mia valigia, 
ma
  era ora di andare. | 
| 
   Raccolsi tutte le mie poche forze. 
   Mi voltai un’ultima volta indietro con una
  piccola speranza nel 
cuore. 
   Scrollai la testa, dandomi della stupida e
  mi esortai a raggiungere il 
taxi
  il prima possibile. 
   Vai Beth! Jessica ti aspetta! | 
 

Grazie di cuore per la meravigliosa opportunità di comparire su questo meraviglioso Blog!
RispondiElimina"Love in a mystery" è il primo romanzo della Saga di "Infinity" e spero con tutto il cuore che riesca a trasmettere anche solo l'un per cento di quelle 'incredibili emozioni' scaturite in me durante l'elaborazione della storia! Grazie ancora! Davvero!
Questo primo capitolo è molto stuzzicante. La trama mi piace e la cover anche *o* Grazie mille, Alessandra, per questo regalo ^_^
RispondiEliminaGrazie di cuore a te AngelTany! Davvero! Non sai quanto sia felice di sentire il tuo commento positivo! Grazie!
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