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venerdì 8 maggio 2015

Con te ho imparato a volare - Francesco Gungui

Michele e Rebecca sono più che amici. Sono quasi fratelli. Passano interi pomeriggi a parlare di tutto, a divertirsi con niente, a condividere sogni ed emozioni. Insieme hanno provato addirittura a volare. Una rincorsa sul prato, un salto nel vuoto e pochi istanti che hanno trasformato un sogno in realtà. Poi la caduta, e l’illusione del volo che si spezza e diventa un abbraccio, un bacio, un piccolo meraviglioso incidente. Ma una sera d’autunno tutto cambia e una tragedia stravolge il loro futuro. Da quel giorno maledetto Michele diventa un’altra persona, si rifugia in se stesso, costruendosi intorno una corazza con cui si protegge dalle emozioni e sfugge ai ricordi. Allontana Rebecca, la perde, si lascia andare alla deriva. Ma lei sa che sotto quella corazza c’è ancora il ragazzo che ha conosciuto e che desidera volare. Che sotto al dolore c’è una vita, tutta da inventare. Con te ho imparato a volare è una storia di amicizia, amore e riscatto. Un romanzo che scava nella realtà, senza rinunciare ai sogni.

A volte non è facile trovare le parole per esprimere quello che una lettura ti lascia, soprattutto quando ti ci immergi al punto che la realtà a te circostante sembra svanire nel nulla, facendoti vivere il romanzo, proprio come in questo caso e le parole sembrano tutte sbagliate perché non renderebbero l’idea, non renderebbero giustizia all'opera che tieni fra le mani.
Michele e Rebecca hanno quindici anni, risiedono a Milano trascorrendo le giornate insieme, inseguendo i sogni che albergano nel cuore di Michele, come quello di volare, non da solo, ma con lei, Rebecca. Un’amica che con il tempo ha iniziato a vedere in un altro modo, notando dettagli che prima non ha mai visto, imparando a vedere con il cuore piuttosto che con gli occhi.


"A fare cosa?" chiese Michele.

"A volare, da sveglio."
"Certo che no, non sono pazzo."
"Magari invece lo sei e non lo sai" disse Rebecca. "Io ogni tanto credo di essere pazza."
"Perché pensi troppo."
"Dici che è quello il motivo? Quindi la differenza tra i pazzi e i normali è che i pazzi pensano e i normali no?"
"Pensare è una cosa strana" disse Michele destando la curiosità dell’amica che si tirò a sedere.
"Lo è per gli esseri umani" disse Rebecca.

Due amici che poco a poco stanno scoprendo cosa sia l’amore, quel sentimento capace di scombussolarti dentro, rendendoti capace talvolta di azioni del tutto prive di senso, perché si sa, l’amore è anche questo. E’ scommettere sull'altra persona, donargli un pezzo di se’ con il rischio che quel frammento non ritorni più nelle nostre mani, affidare all'altro una parte di se’, scommettendo contro tutto e tutti, perché è così che deve essere. Amare significa rischiare, incuranti se si abbia vinto o meno, ed è forse questa una delle più grandi gioie della vita.
Sentire quel sentimento crescere dentro di se’, alimentato di speranze e talvolta anche di dubbi o paure, un’emozione che vive nell'attesa di rivedere la sua metà.
Da quel giorno nel parco, da quel bacio rubato dopo il loro primo tentativo di volare, molte cose saranno destinate a cambiate, molti baci dovranno ancora giungere.

"E poi ha creato la donna…" continuò Michele. "È il secondo tentativo, visto che il primo era venuto male."

"E la donna gli è venuta meglio?"
"Be’, ha aggiustato il tiro. L’ha fatta fisicamente meno forte per spingerla a usare il cervello, visto che l’uomo non si era accorto di averlo."
Rebecca rise ancora. Ogni risata era un bicchiere di un potente superalcolico che gli stava dando alla testa.

Questa, però, non è solo la storia di un semplice amore, è la storia di due ragazzi che si sentono fuori posto in quella città che ha dato loro i natali, fuori posto in una gioventù sempre più in declino, dove vige la legge della giunga, o anche quella dello squalo. Pesce grande si mangia pesce piccolo, il più forte vince sul più debole.
E inevitabilmente, all'inizio, loro sono i più deboli. Sarà proprio per questa debolezza che Michele, in seguito ad un incidente, sarà destinato ad abbandonare Milano, solo per rientravi due anni dopo.

"È per questo che non hai più voluto vedermi?"

"Anche" disse Michele. "E poi mi vergognavo, sentivo il giudizio di tutti addosso, tutti quelli che mi dicevano “ti capisco” e poi però mi guardavano storto, parlavano di me, ero diventato paranoico. E avevo anche paura che qualcuno avrebbe potuto vendicarsi. È stato un inferno ma… fa niente."
"Perché dici fa niente?"
"Perché è passato e non ha più senso pensarci. Adesso sono un’altra persona e va bene così. Il Michele di due anni fa non c’è più."
Rebecca sorrise e scosse la testa. "Lo sai anche tu che non è vero, è lì dentro, solo che si è spaventato e si è nascosto. E lo capisco. Però di me non dovrebbe avere paura."
"Ha paura di tutto" sussurrò Michele.
"Non può avere paura di me."

E di cose, per Rebecca almeno, ne sono cambiate molte, perché per lei il suo amico di una volta sembra non esserci più, sembra essere diventato uno dei tanti “tamarri” che popolano il quartiere anche se, dentro di lei, la speranza che nascosto da qualche parte possa esserci ancora la persona che come lei voleva volare, non si è ancora spenta.
Michele per primo sa di essere cambiato, ha una nuova consapevolezza di se stesso, una maturità dovuta agli anni e alle esperienze che lo hanno segnato, ma ancora non sa come approcciarsi con quella ragazza che lo porta a rimettersi in discussione, a riviversi da capo. Soltanto che, anche gli anni in più, talvolta non servono ad evitare di compiere gesti di cui ci si potrebbe pentire, soprattutto quando i problemi in famiglia sembrano insormontabili, quando una malattia come il cancro viene a bussare alla porta e il ragazzo non sa se su padre ce la farà, non sa ancora quanto in verità suo padre sia un guerriero, pronto a sconfiggere ogni cosa.

"Dovresti scrivere una fiaba su una principessa azzurra allora" disse Michele.

"Già, potrei, ma come fa a salvare il bellissimo Biancanevo? Cioè, il bacio non ha senso, è totalmente inverosimile."
"Be’, dai, però il bacio ha un significato simbolico, vuol dire che si amano, non è che ha l’antidoto al veleno nella saliva."

Proprio come nelle fiabe questi due ragazzi, a distanza di due anni dal loro primo bacio, stanno imparando cosa significa riporsi nell'altra persona. Stanno imparando che le favole non sono solo quelle che ci narrano da piccoli, che anche la nostra vita può essere scritta a più mani, ma cosa ancor più importante è che la favola più bella è quella che noi ogni giorno componiamo e viviamo, la nostra vita.

"Ti ricordi quando ci eravamo messi in testa di volare?" chiese lui.

"Certo che me lo ricordo, ma se vuoi provare a buttarti dal tetto questa volta non ti seguo" ribatté Rebecca sporgendosi appena per vedere i tre piani che la separavano dall'asfalto.
"Ripenso spesso a quel giorno. Eravamo proprio scemi."
"No, eravamo molto più intelligenti invece."
"Perché cercavamo di volare?"
"Perché cercavamo di fare cose impossibili."
"Lo trovi un segno di intelligenza?"
"Puntare a cose possibili lo possono fare tutti, chiedere l’impossibile è la vera sfida."

Un romanzo che è molto più di una semplice opera, è un insegnamento, una favola moderna che veste i panni di due diciottenni che vivono sulla propria pelle cosa significhi la parola amare e che questo sentimento crea una complicità fra le due parti, un qualcosa di così meraviglioso che anche la propria più grande paura, se si ha al fianco colui che si ama, non può essere così insormontabile come sembra.


Francesco Gungui nato nel 1980 a Milano, dove vive e lavora, è uno degli autori italiani più conosciuti della narrativa per ragazzi e giovani adulti. Tra i suoi maggiori successi Mi piaci così, venduto in numerosi Paesi e la trilogia dei Canti delle Terre Divise: Inferno, Purgatorio e Paradiso.




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