Pagine

lunedì 5 giugno 2017

A SECOND LIFE. Quando la neve si scioglie di Alice Elle


Titolo: A Second Life
Autrice: Alice Elle
Data di uscita: 3 aprile 2017
Serie: no, autoconclusivo
Genere: contemporary romance
Pagine: 278
Prezzo ebook: 0,99
Prezzo cartaceo: 9,61
Progetto grafico: Lovely Cover

Una telefonata ha distrutto il matrimonio perfetto di Elena. Una sola frase è bastata perché l’amore per il marito si trasformasse in una ferita infetta, un peso insostenibile che la trascina a fondo.
L’unica soluzione sembra prendere un aereo e partire, mettere centinaia di chilometri tra se stessa e una realtà che non è in grado di sopportare, alla ricerca di una pace che sembra inesorabilmente perduta.
Il destino, però, ha in serbo qualcosa di diverso.
Elena approda in una terra ricoperta di ghiaccio e incontra un uomo che in quel gelo ha nascosto la propria anima, per non dimenticare, per espiare… Gli occhi di ghiaccio di Mikhail la scrutano, la inchiodano, la spogliano di ogni maschera.
Tuttavia, quel ghiaccio brucia più del fuoco e, quando la neve si scioglie, la vita è pronta a germogliare.
Uomo gentile e caro, 
non cercare oggetti di valore, non ne abbiamo mai avuti. 
Utilizza tutto ciò che ti serve, 
ma non saccheggiarci la casa. 
RITORNEREMO.

Eccomi di nuovo a cimentarmi nella recensione di una autrice italiana, Self Publishing. Questa volta si tratta di Alice Elle, più conosciuta come Alice Land, che da amministratrice di un Blog di romance, si è trasformata in scrittrice.

Il romanzo è ambientato in una piccola cittadina nei dintorni di Minsk, in Bielorussia e, oltre a raccontare una bella storia d’amore, rievoca un fatto di cronaca che ha tenuto il mondo con il fiato sospeso per molti anni.


Eccolo! Un disegno giallo sulla vetrina del negozio di alimentari, quello all’angolo. Mentre allungava la mano per toccarlo e gridare: “Libera!”, grosse gocce presero a scendere dal cielo, che si era scurito all’improvviso.
Nana alzò la testa e aprì la bocca, come faceva sempre. Le piaceva acchiappare la pioggia con la lingua. Quel giorno, però, aveva un sapore strano ed era calda.
«Igoooooor! Senti! La pioggia è calda!»
I due amichetti iniziarono a ridacchiare e presero a spogliarsi. Faceva caldo per essere alla fine di aprile e quelle enormi gocce tiepide erano troppo belle per lasciarsele scappare.


Il 26 aprile del 1986, nella centrale nucleare V.I. Lenin, in Ucraina, a causa di una serie di errori tecnici nella progettazione del sito, errate valutazioni e disattenzione del personale addetto, il nocciolo del reattore si surriscaldò sino a provocare una disastrosa esplosione. La nuvola di materiale radioattivo che si liberò nell’aria contaminò pesantemente vaste zone intorno alla centrale. Centinaia di migliaia di persone furono evacuate mentre la nube continuava il suo cammino raggiungendo vaste zone dell’Europa orientale, compresa l’Italia, spingendosi sino a ricadere in maniera lieve persino su alcuni territori della costa atlantica del Nord America. Ricordo benissimo quei giorni, il terrore della contaminazione atomica è qualcosa che si insinua sotto pelle alimentato dall’impossibilità oggettiva di sapere se l’insalata che stai generosamente condendo per il pranzo sia un cibo davvero sano o un concentrato di particelle letali per l’organismo.
Tuttavia da noi l’emergenza, così come l’interesse della gente e dei media, si esaurì in fretta. A Chernobyl e dintorni invece, il pericolo sussiste ancora oggi. Nonostante la centrale sia stata definitivamente chiusa nel 2000, il nocciolo continua a ribollire, seppur rinchiuso all’interno del suo sarcofago d’acciaio e, nonostante il conto delle vittime causate dalle conseguenze della contaminazione nucleare si aggiri intorno al milione di persone, in molti hanno ripopolato territori che dovrebbero rimanere inibiti all’uomo ed agli animali per centinaia di anni. Migliaia di uomini e donne continuano a morire di tumore e i bambini ancora nascono affetti da malformazioni congenite. Sono questi i presupposti che hanno dato vita al romanzo. 

Dal 1986 ad oggi, sono molte le associazioni di volontariato e le fondazioni che, nonostante il silenzio delle istituzioni si sono impegnate per alleviare, per quanto possibile, specialmente le sofferenze dei più piccoli. 
Elena Grandi, ricorda con affetto i bambini che la sua famiglia soleva ospitare durante le vacanze estive e, in un momento difficile della vita, trovandosi a affrontare la fine del proprio matrimonio e potendo disporre di una discreta somma di denaro, decide di prendersi un periodo sabbatico da trascorrere proprio tra questi bimbi tanto bisognosi di cure e d’amore. E’ così che, messasi in aspettativa dal lavoro, si trova a bordo di un aereo che la porterà per sei mesi in Bielorussia a lavorare come volontaria in una piccola struttura che ospita una quindicina di bambini. Una scelta di vita dettata dalla necessità di sfuggire al dolore e a una quotidianità ormai diventata insostenibile per lei, e finalizzata alla realizzazione di un ambizioso progetto di sostenibilità sociale i cui particolari, scopriremo solo verso la fine del libro.

L'impatto con la fredda Bielorussia è parzialmente mitigato dalla calorosa accoglienza che Elena riceve dalle operatrici che lavorano presso la comunità, che pur essendo piccola, offre ai 15 bimbi che ospita, la sicurezza di essere curati, sfamati e istruiti, lontano dalle terre maledette da cui provengono. L'ambiente è pulito e decoroso, i pasti nutrienti e, nonostante la completa mancanza di esperienza, Elena si sente subito in sintonia con i piccoli ospiti di cui si dovrà prendere cura. Tuttavia, è proprio a causa della sua totale mancanza di esperienza che si scontra con il Dott. Mikhail Savitskij, l'uomo dagli occhi di ghiaccio.

«Non dovrebbe, sa?» sbottò all'improvviso, poi fece una breve pausa, quasi indeciso su cosa dire. «Non dovrebbe legarsi ai bambini. Sono certo che Zara l'abbia messa in guardia. Sarebbe un male per lei, ma soprattutto per loro. Quando se ne andrà sarà già abbastanza doloroso, perché perderanno un punto di riferimento.» Lanciò uno sguardo significativo al corpo addormentato di Leonid. «Faccia in modo che non perdano anche una persona a cui vogliono bene. Se non può farlo per se stessa, lo faccia per loro.»

Mikhail, riempie le sue giornate svolgendo la professione di medico condotto ed è il dottore ufficiale, nonché unico, della comunità. Originario di Pryp'jat', un piccolo borgo nelle vicinanze di Chernobyl, è un uomo molto avvenente e atletico; non disdegna le avventure con le donne, ma il suo cuore è freddo, blindato. Nessuna donna è riuscita a insinuarsi nella vita di Mikhail così tanto da distoglierlo dall'unico vero scopo della sua esistenza. Prendersi cura degli scampati all'esplosione di Chernobyl e dei loro discendenti è il suo mantra, la sua unica ragione di vita; un modo per esorcizzare i sensi di colpa che lo schiacciano perché, quando la sua famiglia aveva bisogno di lui, lui era lontano. 





Mikhail sentì la rabbia ruggirgli dentro,
 proprio come ventiquattro anni prima. 
Il disgusto, la costernazione, l'incredulità. 
«Nana è stata la prima ad andarsene.
 Aveva una costituzione 
delicata e quella pioggia 
radioattiva per lei fu fatale. 
Pochi mesi dopo l'incidente era morta e io avevo cambiato indirizzo di studi, 
da ingegneria a medicina.
 I miei genitori morirono a distanza di 
qualche anno, entrambi di tumore.»
Il dolore sempre vivo dentro 
di lui si riacutizzò, 
come una bestia che si 
sveglia e sfodera gli artigli, 
per farlo a brandelli.
Nonostante Mikhail faccia di tutto per mantenere le distanze da Elena, facendola sentire spesso insignificante, quasi invisibile, con la complicità di una passeggiata tra i boschi, e l'occulta sponsorizzazione della sagace Lydia,  tra i due nasce un sentimento spontaneo e bellissimo che, pur tra perplessità e dubbi,  si radica dentro ai loro cuori. Una sintonia che cresce lentamente, giorno dopo giorno, svelando le debolezze e i punti di forza più intimi di entrambi. Elena rispetta l'uomo tutto di un pezzo che nasconde nel profondo una grande sofferenza, ma nonostante questo vive la vita come una missione al servizio dei più deboli e sfortunati. Mikhail è affascinato dalla dolcezza di Elena, dalla sua naturale predisposizione verso i bambini della comunità, dal coraggio e dalla forza d'animo che ogni giorno mette in campo nello svolgere compiti che non sono quelli a cui era abituata nella sua vita in Italia. Elena è una persona empatica e positiva, nonostante il destino non sia stato particolarmente generoso neppure con lei.

Eppure Elena aveva una luce così triste nello sguardo, che aveva concluso che il suo non dovesse
essere un matrimonio particolarmente riuscito. Tuttavia la sua affermazione successiva, che per lei era difficile stare lontana dal marito, aveva immediatamente smentito la sua ipotesi. La sincerità nella sua voce era palpabile: il marito le sarebbe mancato, e molto.




Poi era arrivato il piccolo Leonid e lei, improvvisamente, si era accesa di un calore accecante, trasformandosi sotto i suoi occhi. Aveva fatto delle facce buffe, aveva detto parole ridicole in italiano facendolo ridere e poi lo aveva coccolato come se lo avesse portato in grembo per nove mesi e lo avesse messo lei al mondo. Per lui era stata una scena sconvolgente. Il suo calore lo aveva bruciato fino alle ossa e aveva capito che era effettivamente pericolosa, anche se non nel modo in cui aveva supposto all'inizio. Non doveva temere che lei lo abbordasse, ma che lui desiderasse che lo facesse.

Così i destini di Elena e Mikhail s'intrecciano, l'amore cresce e si consolida nel tempo fino a quando la vita li metterà di fronte ad una nuova tragedia, frutto dell'odio e del degrado sociale.

Riusciranno Elena e Mikhail a sconfiggere il male e mantenere vivo il filo sottile che li unisce? Qual è il vero scopo del viaggio di Elena? Sono domande la cui risposta conoscerete soltanto se deciderete di intraprendere la lettura di questo bel romanzo, diverso dai soliti romance a cui siamo abituati, proprio perché oltre che una bella storia d'amore, racconta i risvolti nascosti dell'epopea di un popolo che ancora oggi non ha smesso di pagare per le scellerate scelte di una classe dirigente inadeguata.

Si aggrappò a lui con tutte le sue forze, un braccio stretto intorno al collo, l'altro avvolto alla sua testa, per non lasciarlo andare mai.
Il suo corpo si inarcò d’istinto, come se volesse fondersi con quello dell'uomo che la stava distruggendo con un bacio.



Il carattere dei protagonisti è ben delineato e sempre coerente; i personaggi secondari, allo stesso modo, sono ottimamente caratterizzati e integrati nell'intero svolgersi del racconto. I bambini colpiscono dritti il cuore del lettore, soprattutto Leonid e Anna. Poi c'è Nikolaj, con il viso devastato dalle radiazioni e la timidezza di un adolescente timoroso di quello che gli riserverà il mondo esterno, spesso capace solo di guardare all'aspetto esteriore ignorando l'essenza e l'intelligenza delle persone. 

Leonid corrugò la fronte.
 Era buffo da guardare, ma parlava in maniera fluente a dispetto della tenera età. Elena non credeva che un bambino di quattro anni potesse essere già così sveglio.
Dopo averci pensato qualche secondo, il piccolo si diede per vinto.
«Mi arrendo. Dimmelo tu.»
«A casa mia si parla l'italiano. È una lingua moooolto diversa dalla tua. Vuoi sentire qualche parola?» gli chiese, facendo una faccia buffa, cercando di farlo ridere.
Il bimbo si illuminò tutto in un gran sorriso, mostrando i piccoli denti da latte allineati come soldatini nella boccuccia rosea.

Tirando le somme, direi che si tratta di una storia credibile, scorrevole e ben scritta che vi regalerà alcune ore di piacevole lettura.
Consigliato.




Quella Alice Elle che leggete lì sopra... beh, sono io.
Alice Land → Alice L. → Alice Elle.
Sì, una stupidata, ma mi hanno detto che Alice Land faceva proprio schifo e poi... due giorni dopo, ho visto sul sito Newton un'uscita firmata Ali Land! Cioè... Va beh. Mi è preso un colpo! Giuro.
Alice Elle invece mi piace. Suona bene, no? 
Per questo romanzo, la parte di ricerca è stata piuttosto complicata, non si trova molto in rete dei posti di cui vi parlo, ma ho fatto del mio meglio. I nomi delle città sono reali, così come la geografia dei posti. Gli avvenimenti che trovate descritti nel prologo, sono accaduti davvero e li ho ricavati incrociando diverse testimonianze di persone che hanno vissuto quelle cose sulla propria pelle. Anche il biglietto che scrive la mamma di Nana è stato scritto davvero, da un’altra madre di famiglia. Insomma, mi sono impegnata, ma se tra di voi ci fosse qualcuno che conosce in prima persona quei luoghi e doveste riscontrare qualche imprecisione, vi sarei grata se mi scriveste.
La mia email è aliceelle.autore@gmail.com


2 commenti:

  1. Che recensione stupenda! *_* Grazie Rosaria per questa bellissima sorpresa. ♥

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Prego, è un romanzo che ho veramente apprezzato. In bocca al lupo per il futuro.

      Elimina