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venerdì 31 marzo 2023

DANCING IN THE WIND di Silvia Carbone



Dakota Hunt è una ballerina della scuola di arti performative Juilliard di New York. È una danzatrice promettente ma che lotta di continuo con i suoi disturbi alimentari.
Fino al crollo.
Fino a lui.
Zephyr Hale è all’apparenza un cattivo ragazzo ma nasconde l’anima di un artista.
L’incontro con Dakota è fatto da subito di incomprensioni fino a quando lui vede oltre le apparenze che lei cerca di mantenere.
In un susseguirsi di problemi che il destino ha in serbo per loro, l’amore tra i due ragazzi diventerà importante e speciale. Ma qualcosa andrà storto e a quel punto Dakota e Zephyr dovranno fare i conti con i propri demoni.
Dakota Hunt è una ballerina della Juilliard e fin da piccola le è stato insegnato che esiste un cibo buono e uno cattivo. La madre le ha insegnato il gioco di contare le calorie e indirizzandola verso il cibo salutare, senza poter manco mai assaggiare quello spazzatura. Una bambina fragile che continua a crescere e viene messa con le spalle al muro dai giudizi del genitore e del maestro di danza. Quel non sei mai abbastanza,  sei grassa, hai il seno troppo grosso per essere una ballerina, hai le gambe tozze l’ha portata allo stremo e durante una lezione ha la sua crisi peggiore. L’intervento del padre sembra essere tempestivo, e il suo volerla trattare da adulta la porta davanti a una decisione: il ricovero in clinica o il soggiorno di un anno presso la zia Rachel senza poter praticare la danza. Il male minore è la zia, se non fosse che quella casa sembra essere troppo rumorosa, soprattutto dai figli del marito quasi suoi coetanei, Hades e Zephyr, con i quali condivide l’appartamento sopra al garage.
Hades è l’esatto opposto di Zephyr, ma c’è qualcosa in quest’ultimo che la attira e lei si ritrova, nonostante tutto, a danzare nel vento.

Per un attimo avrei voluto essere quella tela, così degna delle sue attenzioni e della sua passione.


Ho iniziato questa lettura non so nemmeno io come, ma giaceva nel mio kindle da qualche mese. Non pensavo che mi sarei ritrovata nel pieno di una tempesta.
Conosco l’autrice per una serie di motivi, e so quanti sacrifici abbia fatto il figlio per accedere alle gare di judo. Non pensavo che la cosa potesse degenerare come è successo in questa storia, e a essere sincera non ero nemmeno a conoscenza dell’ortoressia, la fissazione o malattia per i cibi sani. Ciò non toglie come il web riesca a collegare il mondo e attraverso i social di recente ho letto le diverse interviste delle ginnaste dell’artistica e i sacrifici a cui si sono dovute sottoporre, senza poter sgarrare nemmeno una volta.
Quando vediamo le ballerine in televisione e notiamo i loro fisici asciutti, le invidiamo per essere così magre, additando il loro fisico perfetto a un metabolismo veloce. Mai pensiero può essere più sbagliato, perché le privazioni nel corso della vita sono tante e le ore di allenamento spesso infinite; oserei dire che consumano più di quello che riescono a integrare.
Dopo questa piccola parentesi torniamo dalla nostra Dakota. Non so dirmi come mi senta nei suoi confronti. Passavo da momenti che volevo stringerla in un abbraccio, ad altri in cui avrei voluto prenderla per le spalle e scuoterla, cercando di farla uscire da quella nebbia che le offuscava il cervello e in cui vigevano solo le parole della madre. Chi ti ama ti protegge, non ti porta all’autodistruzione, ma il più delle volte trasformiamo in amore un qualcosa che si avvicina di più alla frustrazione e noi ci ritroviamo in quel vortice di voler eccellere solo per vedere il sorriso sul viso della persona che più stimiamo al mondo come la madre. E ho odiato il padre per essere stato una figura così assente, prendendolo a schiaffi quando è quasi stata sfiorata la tragedia.

Mi stava parlando nel modo che le veniva più naturale aprendosi a me e dandomi davvero il modo di comprendere chi avessi davanti. E io la stavo guardando senza quella corazza con cui si ricopriva ogni dannato giorno. Era sincera, a tratti immatura, ma anche una matassa di complessità che volevo sbrogliare.

Dall’altra parte troviamo un genio ribelle che veste i panni del cattivo ragazzo, quello che non si innamora, quello che cerca di fare di tutto per andare via da quel “buco di città” e sfondare in una grande metropoli. Un ragazzo dalle mani sporche di olio e i polpastrelli sempre colorati; un meccanico che nei ritagli di tempo ama dipingere. Lui tiene tutti a distanza, ma diventa super protettivo nei confronti della famiglia, e non importa se quella ragazzina supponente fa parte della famiglia di Rachel, non è fatta per stare là e sarebbe meglio se tornasse da dove è venuta. Poi la sua lingua lunga che sa come tenergli testa e i suoi movimenti aggraziati fanno scattare qualcosa in lui, e quel ragazzo che pensava di dover odiare e tenere a distanza diventa il porto sicuro in cui rientrare quando la tempesta diventa implacabile.

Mi faceva ridere, mi faceva arrabbiare, mi spingeva ad affrontare le mie paure. Zephyr era quella medicina che temevo, ma di cui avevo un disperato bisogno.


Ho amato i loro battibecchi, questo loro modo di farsi la guerra e subito dopo la pace. Ho amato la storia dietro i loro nomi e come il loro significato fosse fondamentale nelle loro vite, come se gli fossero stati attribuiti dagli dèi in persona, perché fossero coscienti della loro importanza. La vicinanza di Zephyr nei confronti di Dakota, questo suo volerla spronare a mangiare la vita per quella che era e non a lasciarsi inghiottire senza lottare, è stata ammirevole. È sempre stato sul punto di mollare, di pensare che lei non era una sua responsabilità, ma alla fine c’era, sbatteva quella porta alle spalle troppo violentemente ma tornava sempre.

Il motivo di quel gesto era sempre semplice da giustificare per me: mangiare e vomitare era come espellere non solo qualcosa di materiale, ma anche e soprattutto quei pensieri che diventavano ogni volta più nocivi e distruttivi.

Non c’è un motivo da decantare per cui dovreste leggere questo libro, è da fare senza dirvi che la storia d’amore è strabiliante, una di quelle che ti fa battere il cuore e ti fa sospirare per tutta la durata della lettura. Penso che sia da leggere per il messaggio nascosto, in maniera neanche troppo velata, tra le sue pagine; per capire quello si nasconde forse dietro una grande passione; i sacrifici che una persona è disposta a fare per coronare il proprio sogno o forse quello di qualcun altro. Capire le dinamiche dietro le malattie, saperle riconoscere, porgere la mano in una situazione di difficoltà ed essere quell’appiglio sicuro di cui non si sapeva di avere bisogno. Che le parole possono ferire più di una lama e che i giudizi andrebbero tenuti per sé, perché il sei troppo grassa o sei troppo magra possono celare problemi ben più seri. Una storia che ci fa capire che bisogna imparare a giudicare di meno, ma ad ascoltare di più quei segnali che non sempre arrivano a voce, eppure facilmente intuibili.
Siamo fatti di carne, ossa e sogni, abbiate il rispetto per la persona che vi trovate di fronte perché non sapete se sta combattendo una battaglia con se stessa e con quello che la gente pensa sempre di lei.


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