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lunedì 23 maggio 2016

CRISTALLO di Federica D' Ascani


Perdersi negli occhi di Vittorio e riaccendere la passione che l’ha legata a lui, come un cristallo che riflette la luce del sole… Vera vuole solo questo: l’amore per come lo ricorda, per come la fa stare bene. Ma Vittorio è lontano, distante, duro e a volte anche spietato. Forse troppo. Eppure la felicità sarebbe a un passo da lei, a un passo dal quel senso di vuoto che sente quando lui la tocca. A un battito di ciglia dalla bolla in cui è immersa: per non soffrire, per non vedere. 
La seconda attesa edizione di Cristallo, il primo vero romanzo che indaga gli aspetti della violenza psicologica rendendoli reali. 
Perché ci sono coppie che non andrebbero composte, amori che non dovrebbero neanche accendersi…


La storia di Vera è simile a quella di mille altre donne. Innamorata di Vittorio, un giovane simpatico e amabile, inizia un rapporto che in principio sembra meraviglioso. I due giovani decidono di andare a vivere insieme e, trascinati dall’onda della passione, trascorrono un periodo in cui tutto appare fantastico e giusto. Non c’è tempo per i pensieri negativi; nulla può andare male. Ma gli anni passano e le magagne vengono a galla, così ben presto, la realtà della vita di coppia prende un’altra prospettiva e quello che prima appariva splendente come un diamante, ora assume l’aspetto informe e offuscato di un pezzo di vetro. 
«Vaffanculo! Sei solo una testa di merda… Che ci sto a fare ancora qua? Tanto non servi a un cazzo, l’ho sempre detto…»«Aspetta, aspetta, aspetta» piagnucolò in una cantilena stonata e lacrimevole. Ma lui era già lontano, non sarebbe tornato indietro.

Vera si ritrova all’inferno con il suo uomo come carnefice e la sua vita diventa un calvario. Derisa, insultata, umiliata senza ragione e in ogni momento, Vera conduce un’esistenza insostenibile, assurda, grottesca che la porterà, dopo tre lunghi anni, ad escogitare un modo per sopravvivere e sopportare. 

«Guardati: fai schifo. Sei flaccida, con quei cazzo di capelli corti che mi fanno venire voglia di vomitarti addosso. Un cane… Un cane lo leccherebbe meglio di te.»

É innamorata ed è convinta di essere ricambiata in un certo senso. Il sentimento malato la porta addirittura a difendere il suo uomo. 

«Guardati! Lo fai mai? Ti specchi mai? Ti ascolti mai?» riprese lui. No, non capiva. «Tu e lui siete sbagliati, insieme, e lo sai. Ti ha plagiata, cazzo, non ti riconosciamo più. Anche tua sorella…» […]«Tu… tu non sai niente» lo interruppe di nuovo con l’indice proteso in avanti «e ciò che permetto lo decido io. Non tollero proprio che nessuno ci metta bocca.[…]
Così, come chiusa in una bolla, pur comprendendo quanto sia sbagliato restare accanto a Vittorio, la donna preferisce restare dov’è in nome di un amore che solo lei conosce e che tarda a manifestarsi.

«Non ti è mai piaciuto e lo sappiamo tutti, qua dentro… Però mi fa stare bene e questo a te dovrebbe bastare» singhiozzò asciugandosi le guance, il volto rosso e bollente di umiliazione. Non stava bene, per niente, eppure continuava a difenderlo, a difendere la loro storia. Era più forte di lei, non riusciva proprio a evitarlo.
Ma che ne è stato del carattere ribelle e deciso che la contraddistingueva da sempre? Che fine ha fatto la donna volitiva e indipendente di un tempo? Non ce n’è più traccia tanto che lei stessa fa fatica a riconoscersi. Non le basta avere un lavoro dignitoso, essere una donna indipendente economicamente e di una certa cultura per raccogliere le sue cose e scappare via. Ciò che prova per quell’uomo è tanto forte da legarla e tenerla bloccata, il sentimento è così profondo da giustificare le parole, da accettare i soprusi che non le vengono risparmiati. Allora la domanda sorge spontanea: Perché? Come è possibile lasciarsi irretire al punto di spersonalizzarsi e rendersi schiava? Come si può confondere il dominio dettato dalla violenza con il possesso legittimo che solo chi ama conosce? Inoltre, perché si accetta l’isolamento quando basterebbe urlare a squarciagola per farsi sentire? Vera potrebbe aprire la porta e scappare dalla quella prigione e ricominciare, ma non lo fa. Perché? Cosa le impedisce di ritrovare la dignità, buttare all’aria tutto e riprendersi la propria vita?
I giorni trascorrono tutti uguali, solo il dolore per le umiliazioni subite scandisce il tempo che passa inesorabile. Vera si trasforma, lascia che sia la volontà di Vittorio ad avere il sopravento e, sempre in nome di un amore indefinito e di certo malato, gli rimane accanto.
Ma Vera non è stupida, capisce la precarietà e la pericolosità della situazione, in cuor suo sta prendendo forma, seppur lentamente, il germe della ribellione e della rivalsa. Le parole dure che il suo uomo le getta addosso, la colpiscono come pietre, è vero, ma non la distruggono. Alza la testa, sembra convinta ma ahimè, nonostante i buoni propositi, la via verso la libertà è ancora lunga e tortuosa. E nemmeno la dolce presenza di Claudio, un vecchio amico ritrovato, la scuote. Allora ci si chiede: Vera è condannata?
Il romanzo è chiaramente rivolto ad un pubblico maturo, capace di poter comprendere fino in fondo le problematiche di una simile condizione comune a tante donne. Ma è rivolto a tutte quelle, giovani e non, che si rivedono in Vera. Lei sa perfettamente quanto sia bastardo Vittorio, comprende inoltre che solo lasciandolo si salverebbe. Tuttavia, ogni volta che lui torna, lo accetta lasciandosi convincere di nuovo. E questo ci fa rabbia, non è vero? Noi dal di fuori non riusciamo a concepire il suo comportamento. È difficile compatirla o restarle accanto. Perché? Continuiamo a chiederle. Basterebbe un piccolo sforzo… ma non è sempre facile, purtroppo.
La violenza psicologica è dannosa come quella fisica, e forse di più, perché le ferite provocate se è vero che sono invisibili, bruciano con più forza e segnano nel profondo. Ma è proprio dentro di noi che si nasconde la forza per gridare “no!” e ribellarsi. Basta prenderne coscienza e convincersi di essere degne di rispetto, sempre. Una volta convinte, è più facile farsi aiutare e la salvezza è proprio lì, nelle parole di una persona fidata, nel sorriso di un amico sincero, nello sguardo di un uomo innamorato.



Federica D’Ascani è nata a Ostia. Diplomata al Liceo linguistico, ha cominciato a scrivere a diciotto anni e ha pubblicato in diverse piccole case editrici. Artista, recensore, ha un suo blog che si occupa soprattutto di supportare gli autori emergenti.


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