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venerdì 9 giugno 2017

Giornata d'Autore: GIACOMO FERRAIUOLO





Un omicidio irrisolto, una donna rinchiusa in un ospedale psichiatrico.
Nora, prigioniera della sua stessa mente cerca di essere libera da un passato macchiato di sangue che non riesce a dimenticare. Troverà nell’infermiere Christian un amico fedele a cui confidare l’orrore celato nel profondo. 
Un orrore che striscia ancora tra le ombre della casa di Nora. Un orrore che cerca di uscire da quelle mura. 
Nessuno è più al sicuro. Lei li aveva avvisati.
Sarà compito di Christian scoprire cosa c’è di vero nelle farneticazioni della donna e cosa è invece frutto della follia. 
Cos’è successo veramente a Nora in quella casa?
È possibile conoscere fino in fondo chi ci sta attorno? 
Una storia di pazzia e dolore, di morte e paura, e che porterà a una verità ancora più cupa e terribile.


Ci stiamo bagnando e ci ammaleremo, mamma! Perché non ci rispondi ? Sei sempre stata così cattiva con noi ! Solo lui hai voluto accettare tra le tue braccia e noi ? Sbattuti fuori, a guardarvi!
Una sensazione calda iniziò a salirle dai piedi. Sentiva i muscoli sciogliersi e le ossa liquefarsi. Scivolò in ginocchio. Le forze la stavano abbandonando e una paura ancestrale l’avvinghiò, stritolandola in una morsa di terrore e ansia. Anche i polmoni smisero di pompare aria e Nora aprì la bocca alla ricerca di un po’ ossigeno. 
Maaaaammmmaaaaaaa ! Vieni a prenderci ! Dacci amore, vogliamo anche noi avere un nome !
 Nora urlò, si portò le mani alle orecchie per cacciar via quelle voci e provò ad alzarsi. Le gambe non risposero al comando. Strisciò sul pavimento freddo, afferrando le fughe delle mattonelle come appigli per portare avanti il corpo immobile. Carne fredda e ossa d’avorio cariche di paura. Il riflesso della finestra scomparve e il cono di luce flebile svanì. Qualcosa si stagliava oltre il vetro, sotto la pioggia battente. Qualcosa che batté le mani sulla finestra, provando a scardinarla. Un suono sinistro e disperato le esplose nelle orecchie. Nora urlò di terrore e continuò a strisciare verso la sua camera da letto. « Basta smettila! » urlò. Ma quelle mani continuavano a battere e la finestra tremava. « Bastaaaaa ! »




Lei rimase immobile e sentì un tocco gelato percorrerle il corpo, una mano invisibile scendere giù, lungo la linea dei fianchi, abbracciarle l’interno delle cosce e scansare le mutandine. Più sentiva il tocco farsi prepotente più la musica iniziava a distorcersi; i led dello stereo persero intensità, come se ci fosse stato un abbassamento di corrente. Lui stava rubando l’energia all’impianto. Sentì dita artigliate graffiarle la carne delle gambe ed entrare con forza nel suo sesso. Un’altra mano le afferrò un seno e una forza invisibile la fece indietreggiare fino al divano. La sbatté sui cuscini. Nora sentì una massa ghiacciata insinuarsi sotto i vestiti e coprirle il volto, la mano dentro di lei si dischiuse in un oggetto duro, arrotondato che prese a spingere sempre più a fondo. Un piacere scosse il suo corpo e aprì la bocca per ansimare, qualcosa le si riversò dentro e le afferrò la lingua, tirandola fuori mentre quell’essere invisibile la scuoteva sempre più, prendendola da dentro e graffiandole la pelle. Quel freddo diventava rovente come una passione violenta, un desiderio di amore e sesso. Lo sentiva benissimo, come fosse un qualcosa di reale. Alzò le mani e lo toccò, aveva finalmente una forma. Una testa tonda, due spalle possenti, scese giù, fino ai glutei e li strizzò, lo sentì eccitarsi e strozzarla con quella lingua lunga e fredda. Lui urlò quando le venne dentro e quella sensazione di freddo scomparve. La gabbia ghiacciata l’abbandonò e Nora si ritrovò distesa sul divano, le gambe divaricate e il corpo ricoperto di graffi.




Christian si voltò e alzò la manina per coprirsi dalla luce, ma si accorse che una nuvola aveva appena coperto il sole. In riva al mare era emersa una figura bionda, uno scheletro con pochi brandelli di pelle e seni flaccidi. Teneva in braccio un esserino, un bambino pallido e sporco di sangue. La donna lo guardò con occhi gonfi di acqua salmastra, delle alghe erano attaccate sul ventre, disegnando un alfabeto a lui sconosciuto. L’inguine era aperto e qualcosa si muoveva al suo interno, vedeva una specie di rigonfiamento spingere verso quel sorriso inciso nella carne putrefatta. Il bambino si portò una mano al naso per cacciare fuori l’odore di decomposizione che conosceva tanto. Il colore grigiastro della pelle della donna gli era familiare e quel nero che andava ad espandersi come un tumore su quell’epidermide pregna di morte, anche quello conosceva bene. Ma quel viso scavato, quei denti che mancavano in quel sorriso grottesco, no, non gli era familiare. Forse gli occhi, che sembrava fossero azzurri, forse quelli li riconosceva. « Christian, non la riconosci ? È la tua amica ! »
 La donna si fermò e avvicinò quel feto morto al seno flaccido, l’esserino con uno scatto aprì la bocca e si attaccò al capezzolo divorato da chissà quanti altri esseri morti. La prostituta di un regno generato dalla disperazione stava pompando veleno e decomposizione in quel neonato ancora non formato. Il sorriso sul ventre si aprì e mostrò le carni esangui al suo interno; una palla bianca sgusciò fuori e cadde a terra contorcendosi in un verme bagnato che si liberò dalla placenta.  Un vagito esplose in quel silenzio e una voce roca irruppe dalla bocca screpolata della donna. « Aiutami, Christian ! »


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