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lunedì 31 ottobre 2016

Come un’alluvione di Alexis Hall



La gente va e viene.
Sono passati dodici anni da quando Edwin Tully è arrivato ad Oxford e si è innamorato di Marius. Un uomo brillante. Un artista. Qualcuno con cui condividere il resto della vita.
Ma dieci anni più tardi, la loro storia è giunta al capolinea.
Ora Edwin vive da solo nella casa che un tempo aveva diviso con il suo partner. Si occupa di dare nuova vita a vecchi libri e memorie sbiadite, cercando di costruire un futuro coi frammenti del passato.
Ma a un tratto il tempo cambia, e il fiume irrompe nel tranquillo mondo di Edwin, portando con sé Adam Dacre, dell’Agenzia per l’ambiente. Questo sconosciuto dalle mani ruvide e con ai piedi un paio di stivali consunti è un alquanto improbabile cavaliere dalla scintillante armatura, ma lascia intravedere ad Edwin la speranza di qualcosa che credeva perduto per sempre.
E quando i due impareranno a conoscersi, lottando contro l’imminente inondazione, Edwin scoprirà che non è possibile proteggersi da ogni cosa… e che a volte non vale nemmeno la pena tentare.


Avevo avuto già modo di apprezzare Alexis Hall con il suo “Glitterland” e questo racconto (si tratta di una novantina di pagine) me l’ha fatto amare ancor di più.

Edwin non è un protagonista facile, né banale. Ha un lavoro fuori dall’ordinario, come lo definisce Adam è “un chirurgo dei libri”, e un problema di balbuzie che l’ha spinto per tutta la vita al silenzio in attesa che questo suo disturbo sparisse. Dopo essere stato lasciato dal compagno dopo dieci anni, è diventato insicuro, teme di non essere all’altezza delle aspettative di un partner. Di non essere abbastanza.
La storia si dipana attraverso diversi capitoli, ognuno che si apre con la descrizione di un vano della casa di Edwin, visto attraverso i suoi occhi. In questo modo veniamo a scontrarci con i suoi ricordi dolce amari della relazione passata insieme alle sue aspettative per il futuro.
Edwin, con la sua insicurezza ed il suo candore, suscita l’empatia del lettore che non fatica a mettersi nei suoi panni e condividere il suo dolore e la rinascita dei sogni infranti.

Conosciamo Adam solamente attraverso gli occhi e le impressioni di Edwin, ma non per questo perde di spessore e attrattiva. Il suo essere, per sua stessa ammissione, un ingegnere ben organizzato e incapace di vedere tutto in un modo che non sia ragionevole e razionale.
L’interazione tra i due uomini è stramba e affatto convenzionale. Il loro avvicinarsi e tentennare prima del primo passo è adorabile e assolutamente umano.

Si tratta di una storia che colpisce per la sua semplicità, ma con personaggi tutt’altro che semplici, molto reali con le loro paure ed insicurezze. Non siamo davanti ai classici bei fusti alti, muscolosi e superdotati. L’autore non ricorre a scene di sesso mirabolante per mantenere alta l’attenzione del lettore. Ho davvero apprezzato lo stile particolare di Alexis Hall con le sue metafore particolari ed il modo di vedere il mondo di Edwin con tutte le sue piccole manie.

Una lettura altamente godibile e scorrevole che intrattiene fino all'ultima riga di una strampalata ricetta per il vino ai fiori di sambuco.


Non ci si innamora davvero di una casa. Ci si innamora della vita che potresti viverci. E dal primo momento in cui avevo visto quella casa, avevo visto noi. Avevo visto noi in ogni stanza: a parlare, a toccarci, a condividere. Avevo visto tutto. Ma, a conti fatti, il mio si era rivelato solo un sogno.

Oh, Dio. Non stava mica flirtando con me? Sembrava una parola del tutto inappropriata per descrivere quello che stava facendo; quelle piccole offerte di attenzione, i suoi pensieri che scivolavano nelle mie mani come una stecca di cioccolato passata di nascosto al parco giochi.

È quello che ho sempre desiderato, in realtà. Avere qualcuno a cui preparare il tè. Sapere come gli piace berlo, condividere un po’ di tempo insieme alla fine di una giornata pesante, o di una giornata leggera, di una giornata buona o di una cattiva, e di tutte quelle in mezzo.

Lui sorrise. «Voglio fare molto di più che baciarti, Edwin.» Stavo annegando dolcemente nel calore del suo sguardo. «E c-cosa… cosa vuoi farmi?» «Voglio… tornare a casa tua per il tè. Portarti fuori a cena e tenerti la mano sul tavolo. Voglio guardarti con i tuoi libri. Sentirti parlare. Voglio che prepari di nuovo quel pane fantastico. Voglio sapere chi sei.»
Alexis Hall è nato nei primi anni ’80 ed è ancora convinto che il XXI secolo sia il futuro. Ancor oggi, vive con un profondo senso d’ingiustizia il fatto di essere stato testimone della fine di un secolo ma di non essere riuscito a bere neppure un bicchiere d’assenzio, a danzare con una cortigiana o ad abitare in una mansarda. Intorno al 2000 ha provato l’esperienza universitaria, senza riuscire a imparare nulla di significativo. Ha fatto molti lavori, incluso il gelataio, il chiromante, il tecnico di laboratorio e lo scommettitore professionista, ma è stato licenziato dalla maggior parte di essi. 
Vive nel sud-est dell’Inghilterra, senza gatti né bambini, ed è intenzionato a continuare a così.


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