lunedì 10 febbraio 2020

WATERGRACE di Hendrik R. Rose


La «watergrace», leggenda o maledizione. Un incantesimo ancestrale che solo la sottile lama dell'amore tra due principi, appartenenti a mondi diversi potrà rompere. Carnivori e fedeli agli dei nel regno di Ardesia, vegetariani e fumatori d'erba a Rosemund, i due popoli sono simili solo nella strabiliante attitudine al combattimento, arte appresa sin da bambini. Più volte, in segreto, tra i boschi ai confini dei due regni, le esili amazzoni di Rosemund invitano i vigorosi cavalieri di Ardesia, a misurarsi in dispute fondate sullo sprezzo del pericolo e sulla tacita attrazione. Divisi e uniti da secoli, ciò che li rende davvero diversi è la «watergrace», l'incapacità di nuotare del popolo di Rosemund. La maledizione che vuole veder morire i principi che l'hanno sfidata. Leggenda che Sophie, principessa di Rosemund ed Evan, cadetto di Ardesia, saranno costretti ad affrontare per sfuggire ad un pericolo incombente, il passato che torna da lontano. Presenza oscura che si profila all'orizzonte e condurrà ogni cosa nel caos. Un crepuscolo scenderà cupo sulla ragione e sulla pace trascinando Evan e Sophie, i due amanti, in un abisso da cui dovranno salvarsi da soli.

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Il romanzo di cui oggi andrò a parlarvi è “Watergrace” di Hendrik R. Rose. Provate ad immaginare un regno praticamente diviso a metà abitato da due popoli, ardesiani e rosensin, che definire agli antipodi è dire poco.

Da un lato ci sono gli abitanti di Ardesia, si nutrono prevalentemente di carne e seguono un credo religioso di stampo politeista e, anche se questo aspetto per fortuna non è molto marcato, considerano le donne alla stregua di umili domestiche la cui mansione principale è occuparsi della gestione della casa e della prole. A Rosemund sono di larghe vedute, infatti, la donna è decisamente più emancipata e pronta anche ad imbracciare le armi se necessario, non credono negli dei e la loro fonte di sostentamento principale si basa sul consumo di vegetali tanto da essere stati soprannominati “mangia-erba”. Un’antica leggenda divenuta un gravoso fardello affligge e limita il popolo dei rosensin, la «watergrace» un anatema che, di generazione in generazione, impedisce loro di espletare un’attività semplice – che potremmo considerare insignificante -  quella di nuotare.

La watergrace è una grave pecca, un marchio, per un popolo limitato che ha fatto dell’evoluzione una ragione di vita.

Da sempre un odio viscerale scorre tra le due fazioni, troppe le differenze per poterle ignorare altresì i conflitti, ma un giorno tutto cambia scombussolando quel già delicato equilibrio. 
Le vite di Sophie ed Evan – una rosensin e un ardesiano - s’intrecceranno a doppio filo, portandoli a guardare con occhi nuovi il mondo che li circonda prendendone consapevolezza, tuttavia verranno allo scoperto molti segreti che li riguardano da vicino.
Malia e controversie, due comunità rivali che per cause di forza maggiore saranno obbligate a fare fronte comune. Ma questa parvenza di pace sarà destinata a durare? O si tratta della quiete prima della tempesta?

Si è legata all’uomo che più di una volta ha rischiato di uccidere, ma la sua lama si è fermata sempre in tempo. Benedice il suo talento o la sua inettitudine. Ed è meglio stringere la sua mano che il ferro. Meglio accarezzare parole d’amore e non minacce di morte.

L’intreccio è lineare contraddistinto da una prosa sobria e vi garantisco che le emozioni non mancano… Il sentimento che lega i due protagonisti sboccia inatteso e s’incrementa pagina dopo pagina trasformandosi in un amore profondo e indissolubile, ma anche l’amicizia verrà messa in risalto cogliendone le più sottili sfumature: fiducia, lealtà, stima e accettazione.
Un romanzo dove fantasy e distopia si equilibrano, ambientato in un futuro alternativo dai chiari rimandi all’età medievale e un pizzico di “amor cortese”, che si dipana attraverso una serie di nodi famigliari e sentimentali.

«Amarti è come camminare scalza su pezzi di vetro» gli sussurra all’orecchio, «ma è un dolore dolce.»

Quasi una fiaba appassionata dove quell’amore totalizzante saprà essere il faro in grado di portare alla luce secoli di incongruenze “razziali” e ipocrisie. Reinventarsi e sollecitare verso un’armonia comune sembra essere la soluzione. 
Un libro che, nel complesso, è gradevole, ma il giudizio si ferma lì perché seppur lo spunto di partenza sia innovativo, sommando pregi e difetti la narrazione non brilla di originalità scadendo spesso in banali stereotipi e svolgimenti scontati e un po’prevedibili. Insomma non è scattata la scintilla, risulta tutto molto “tiepido”. Ci si concentra più sulle dinamiche tra i due innamorati, tralasciando sullo sfondo sia il contesto in cui si svolge la vicenda sia alcune dinamiche da approfondire ai fini dell’intreccio e del genere di appartenenza.
Una storia che ha decisamente del potenziale ma che resta un’occasione mancata, il finale aperto lascia adito ad un probabile sequel che - se e quando uscirà – mi auspico sia più avvincente e articolato.

Designer di moda è sempre stata attratta da tutte le forme di comunicazione. Il lavoro l’ha portata a vivere per molti anni all’estero e a viaggiare spesso in Europa e Oriente, dove trascorre diversi giorni all'anno tra India, Vietnam, Cina e Hong Kong. La passione per la scrittura ė dovuta agli stimoli e alle riflessioni raccolte durante questi viaggi e attraverso i contatti con la gente e le lunghe ore trascorse negli aeroporti, guardando e registrando i modi di fare e di vivere di persone di altre culture. Ha pubblicato nel 2017 Armonia Finale, un romanzo distopico edito da La Ponga Edizioni e collabora con la Hope Edizioni come traduttrice letteraria. Watergrace è il suo ultimo romanzo, pubblicato dalla Dark Zone Edizioni nel 2019.


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