domenica 25 gennaio 2015

Racconti di Nostra Produzione: Alessandra Cigalino - Love is a Mystery #1 Infinity Series

Per la rubrica "I nostri Racconti", la nostra Cosmo Girl Alessandra Cigalino, ci ha fatto l'enorme regalo di poter pubblicare, sempre per capitoli, il suo romanzo urban fanatsy "Love is a Mystery", il primo libro della serie Infinity. 
Alessandra, è il classico esempio della indie author italiana. Ha scritto un libro e l'ha auto pubblicato. Il mio rispetto per queste scrittrici aumenta quotidianamente, questo è un mondo di squali e la competizione è a livelli stellari. Dobbiamo aiutare queste ragazze a far conoscere la loro opera il più possibile.
Vi informo che se durante la lettura per capitoli, in questo blog, il libro Vi ispira talmente che non potete aspettare la pubblicazione del prossimo post, potete sempre acquistarlo negli store on-line!!
La scrittrice attende di conoscere i vostri pareri quindi commentate, commentate e commentate!!!




Dopo la morte del padre, è il tempo per Elizabeth di dar prova del suo coraggio, cercando di imporre le proprie capacità nei vari colloqui di lavoro, a Londra, a soli diciott’anni, senza nemmeno, quindi, una laurea al suo attivo.
La sua caparbietà però non ha fatto i conti con l’incontro di sguardi che da quel preciso istante inizia a farle vedere il mondo con gli occhi dell’amore di cui ha sentito parlare, ma che non ha ancora provato direttamente in prima persona.
Quel ragazzo incredibilmente bello, che è entrato a far parte dei suoi pensieri in modo costante, è in grado di toglierle il respiro anche solo guardandolo negli incantevoli occhi simili a raffinati smeraldi.
Ma ogni giorno che passa, pur provando verso di lui un interesse ‘nuovo’, Elizabeth inizia ad avvertire qualcosa di misteriosamente indescrivibile che lo rende ancora più affascinante e le fa capire quanto voglia essere partecipe della sua esistenza.
Elizabeth entra così a far parte di un nuovo mondo, dove la musica ha un ruolo fondamentale e parla attraverso le note di un canto d’amore tra due ragazzi, accomunati essenzialmente dal loro stesso identico modo di amarsi, utilizzando anche la poesia come mezzo per unire le loro ‘epoche’.
‘Lui’, forte demone immortale, con un’unica debolezza: Elizabeth!
‘Lei’, indifesa e fragile umana, colma di dubbi e di incertezze, con un’unica forza: William!
Per vivere il loro amore saranno disposti a scendere a ‘compromessi’?
E quale segreto rende così diverso William dagli altri demoni immortali di Mc Call?



CAPITOLO N. 1


‘Che importa l’eternità della dannazione
 A chi ha trovato, per un attimo,
 L’infinito della gioia? ’
 (Charles Baudelaire – ‘Lo spleen di Parigi’ – Postumo 1869)


 In ogni era ed in ogni epoca storica i compromessi sono sempre
esistiti e son sempre stati utilizzati come mezzo per arrivare, tramite
delle scorciatoie, allo scopo finale.
 Persino la persona più pura d’animo ha elaborato un patto con
“Qualcuno” o “Qualcosa” per un fine ultimo che in quel determinato
momento della vita sembrava importante.
 Chi crede nella creazione Divina di questo pianeta potrà rendersi
conto che anche Adamo ed Eva arrivarono ad un compromesso per
proseguire nella vita terrena.
 Mentre coloro legati alla credenza più scientifica della nascita
dell’emisfero terrestre potranno chiaramente evincere che ogni essere
vivente, fin dal suo esordio in campo di vita, ha ottenuto sempre cibo o
altre esigenze primarie tramite compromessi, senza poter seguire
sempre la legge Darwiniana del “più forte”. 


    La strada verso l’aeroporto sembrava più lunga del solito.
    Gli alberi allineati al bordo della via erano stati spogliati
dall’inverno che stava per bussare alle porte. Con i rami nudi e ingrigiti
sembrava mi stessero salutando.
    La nebbia persistente che invadeva le campagne della pianura
rendeva più difficile il tragitto dell’autobus. Ecco perché avevo scelto
quello che mi avrebbe fatta arrivare con largo anticipo a Linate.
    Era ormai giunto il momento di godermi un po’ di svago, o almeno
così avevo promesso a mia madre.
    Mi aveva convinta a partire per il mio mese sabbatico verso la meta
a me più ambita: Londra.
    Adoravo quella città. Era là che avevo sempre sognato di vivere,
per una qualche sorta di amore per le lingue straniere.
    Purtroppo sarei stata di passaggio, ma almeno una parte del mio
sogno si stava per avverare, anche se il morale per gioire veniva a
mancare.
    Lasciando l’Italia, cercavo di allontanare il dolore per la scomparsa
di mio padre, il mio scudo.
    Sapevo benissimo che, pur prendendo quell’aereo, non avrei risolto
nulla, ma almeno avrei provato ad affrontare ancora il mio cammino di
vita, dove, nel caso in cui fossi caduta, stavolta mi sarei dovuta
risollevare con le mie sole forze.
    Dovevo provare. Dovevo allontanare il ricordo malvagio della
malattia crudele che si era portata via ogni briciolo di potere vitale dal
corpo non più possente di quell’uomo che mi faceva gioire di esser
viva solo guardando il suo volto ricco di sorrisi.
    E poi era l’unica possibilità che avevo per dimostrare a mia sorella
che potevo farcela. Già perché il patto fu chiaro: un mese di tempo per
far valere ciò che credevo possibile nelle mie capacità.
    Avrei chiesto colloqui di lavoro in Società Londinesi, pur non
avendo una laurea al mio attivo, dato che, dovendo contribuire
economicamente in casa, non mi potevo permettere l’Università.
    Ma sapevo che potevo farcela: «Ho sempre avuto un’ottima
capacità di apprendimento» le dissi prima di partire. «Fidati, Caroline!
Un solo tentativo, un mese e poi se le mie aspettative andranno male,
tornerò e mi troverò un qualsiasi lavoro qui, vicino alla mamma».

   Essendo sorella maggiore doveva intervenire in ogni decisione.
   Questa volta, però, le feci capire che non doveva intromettersi.
Avevo il diritto di scegliere e dire la mia ora. Soprattutto dopo che per
troppo tempo rimasi in silenzio a osservare lei che si sposava, lei che
se ne andava di casa, lei che quando papà stava male la notte non
c’era… Basta! Ora toccava a me parlare.
   Ad ogni modo, non volevo lasciare la mamma per molto a casa da
sola, ma l’avrei chiamata sicuramente almeno dieci volte al giorno, o
l’avrebbe comunque fatto lei.
   Ma soprattutto le promisi che per Natale sarei senz’altro tornata.
   Riflettendo su ciò che dall’oblò dell’aereo si stava allontanando,
diventando sempre più piccolo, non mi ero accorta di quanto fosse
vuoto quel volo di novembre.
   Mentre lottavo con la mia borsa, per trovare l’iPod, ad un tratto, mi
sentii osservata.
   Mi voltai lentamente e li vidi: due occhi che, con il loro verde
smeraldo, mi scrutavano dalla sinistra, quattro posti dietro di me.
   Per un breve istante, mi si bloccò il respiro. Rimasi sbalordita dalla
bellezza disarmante di quello sguardo e sentii le mie guance infuocarsi.
   Mi rigirai di scatto. Con il fiato corto, riuscii finalmente a trovare
ciò di cui avevo maggiormente bisogno in quel momento: note
addolcite da melodie in grado di cullare la mia Anima.
   Tutt’ad un tratto, sentii nascere in me la voglia di voltarmi ancora.
Volevo provare a veder meglio il volto di quel ragazzo. Mi incuriosiva.
   Ma in quel preciso momento fui obbligata a rinunciare. Ero stata
costretta a provare troppe emozioni in quegli ultimi mesi. E poi per
quale motivo mi stavo comportando in quel modo?
   Ora come ora, non avevo abbastanza forza per controllare in modo
regolare i battiti del mio cuore. Dovevo riposare.
   Appoggiai la nuca al sedile.
   Infilai gli auricolari, chiusi gli occhi e, rannicchiata su me stessa e
le mie angosce, abbracciai ancor di più il cappotto.
   Rapita da quella sorta di stand by, mi ricordai della telefonata che
feci prima di partire a colui che negli ultimi due anni era stato sempre
al mio fianco.
   Fabrizio era un grande amico. Sapevo che per lui era diverso.
Conoscevo i suoi sentimenti nei miei confronti.

    Agli occhi degli altri la nostra amicizia poteva addirittura apparire
qualcosa di più. Ma per me era il migliore amico che si potesse avere.
Nient’altro.
    Era sempre stato paziente e dolce. Ma non avevo mai sentito dentro
quella scintilla capace di darmi la scossa (almeno avevo sempre
pensato potesse essere così), per poter ricambiare tutte le sue
attenzioni. Ora più che mai, non volevo avere ulteriori pressioni.
    A quasi diciannove anni di età non avevo mai avuto un ragazzo. Ma
neanche avevo intenzione di stare con qualcuno, come tutte quelle
ragazze che vedevano nella conquista di un boyfriend una sorta di
privilegio, di ‘dovere sociale’ per poter trovare una posizione nel
mondo.
    Il mio posto ero in grado di trovarmelo da sola, senza qualcuno che
dovesse obbligatoriamente stare al mio fianco, accarezzandomi di tanto
in tanto o passeggiando con me tenendomi il braccio sulle spalle.
    Anche se questo poteva sembrare cinico e glaciale, era ciò che più
fermamente credevo in quel momento.
    Ecco perché quando decisi di chiamarlo stavo facendo il check-in.
    Sentii la sua voce preoccupata. «Ma perché me lo dici solamente
ora? Sarei venuto con te. Ti sarei potuto stare accanto. Vuoi che venga
il prossimo week-end? Così...»
    Lo bloccai subito. «No, no Fabri, ti prego! Non ti chiedo di capire
la mia decisione, perché sarebbe egoista da parte mia, dato che
nemmeno io riesco a comprendere me stessa in questo periodo. Ti
chiedo solo di accettarla. Sai che ti voglio bene, ma è una cosa che
devo fare da sola. Ho bisogno di trovare uno spazio tutto mio».
    Dopo un istante di silenzio, dove molto probabilmente stava
elaborando meglio le mie parole o, magari, stava cercando di trovarne
altre per provare a dissuadermi, conclusi dicendo: «Fabri, ti voglio
bene e per me sei davvero importante, ma ti prego non preoccuparti. Ti
chiamerò io. Ok?»
    Con il timbro di voce di un bambino che aveva paura del buio, ma
ora doveva provare ad addormentarsi da solo e senza luce, rispose: «Mi
mancherai. Fai comunque buon viaggio. Se vorrai quando tornerai…
Sai dove trovarmi! Chiama... Ogni tanto!».
    Una specie di lacrima provò a sgorgare dai miei occhi. In
quell’istante, capii che era ora di lasciarci. «Grazie, lo farò. Ciao».

    Il ricordo di quella telefonata mi rattristì talmente tanto che scivolai
lentamente sul sedile. Strinsi ancora più forte il mio cappotto,
trattenendo le lacrime.
    Era stato così difficile, ma sentivo che doveva andare così.
    Dovevo avere la mente libera. Era ora di scrivere le pagine della
mia vita senza più chiedere la penna in prestito agli altri.
    L’atterraggio non fu dei migliori, forse per il poco peso dell’aereo
che, a causa del forte temporale abbattutosi su Heathrow, oscillava
continuamente.
    Ma anche se il mio stomaco riuscì a scamparla, non vedevo l’ora di
appoggiare i piedi al suolo, per bere un vero ‘English tea’.
    In attesa della mia unica valigia preparata con scrupolosità e
precisione, mi accorsi nuovamente di ‘quegli occhi’ dall’altra parte del
rullo bagagli. Mi stavano fissando ed io iniziai a sprofondare dentro di
loro.
    Sembrava mi stessi perdendo in una dimensione parallela.
    All’improvviso, mi sentii avvolta da vertigini e da un senso di
smarrimento. Tutto il corpo incominciò a tremare e il fiato di colpo mi
si fermò alla gola. Chi era? Per quale ancestrale motivo mi sentivo così
rapita da quegli occhi potenzialmente scioccanti? Chi era quel ragazzo
così bello, che solo quell’aggettivo non gli meritava giustizia?
    Era una meraviglia della natura in grado di avvolgermi con il suo
sguardo senza permettermi di chiudere le palpebre.
    Mi sembrava un angelo con il biondo dei suoi incantevoli capelli
che circondavano un viso così raffinato.
    Era forse il principe delle favole che fin da piccola ti imponevano di
sognare ad occhi chiusi? Beh, io li avevo aperti e lui era lì… Era fino a
pochi istanti prima.
    Ma dov’era finito?
    Ad un tratto, ritornai padrona dei miei sensi, il mio corpo smise di
fluttuare in aria e il fiato ricominciò a gonfiare il mio petto, ma,
voltandomi ad ogni angolo del lungo corridoio non riuscii più a
vederlo.
    Ma come? Aveva già preso i suoi bagagli? Come avevo fatto a non
accorgermene?
    La sensazione provata pochi istanti prima era reale, perché mi
lasciò talmente fiacca che, a stento, riuscii a prendere la mia valigia,
ma era ora di andare.

   Raccolsi tutte le mie poche forze.
   Mi voltai un’ultima volta indietro con una piccola speranza nel
cuore.
   Scrollai la testa, dandomi della stupida e mi esortai a raggiungere il
taxi il prima possibile.
   Vai Beth! Jessica ti aspetta!


3 commenti:

  1. Grazie di cuore per la meravigliosa opportunità di comparire su questo meraviglioso Blog!
    "Love in a mystery" è il primo romanzo della Saga di "Infinity" e spero con tutto il cuore che riesca a trasmettere anche solo l'un per cento di quelle 'incredibili emozioni' scaturite in me durante l'elaborazione della storia! Grazie ancora! Davvero!

    RispondiElimina
  2. Questo primo capitolo è molto stuzzicante. La trama mi piace e la cover anche *o* Grazie mille, Alessandra, per questo regalo ^_^

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie di cuore a te AngelTany! Davvero! Non sai quanto sia felice di sentire il tuo commento positivo! Grazie!

      Elimina