Più forte è il dolore, più grande è il piacere.
Annika Volkov è una principessa della mafia e, come tale, sa bene che il suo destino è già deciso.
Eppure, forse proprio il mondo duro in cui è cresciuta la spinge a desiderare l’uomo sbagliato. Un uomo che ha fatto della violenza la sua professione. Un uomo tanto bello da essere quasi perfetto, ma che per lei può significare solo una cosa: guai.
Creighton King lotta per vivere, lotta perché è quello che sa fare meglio. Nel circuito dei combattimenti clandestini è un re, come dice il suo nome. Quando posa gli occhi su Annika Volkov, sa che dovrebbe stare alla larga, eppure non riesce a ignorare quella voce dentro di sé che sussurra una sola parola. Mia.
Da sconosciuti ad amanti a nemici.
Quello che li lega non può essere amore, è molto più che passione, ed è sicuramente un grandissimo errore, fin dall’inizio.
E gli errori si pagano. Sempre.
Avvertenze:
God of Pain,secondo romanzo della serie Legacy of Gods, contiene scene di sesso non consensuale, altre dove il consenso è dubbio e rappresentazione di pensieri suicidi.
La parte del cervello più importante a non essere completamente formata durante l’adolescenza è la corteccia prefrontale: quell’area nobile incaricata di gestire funzioni esecutive come la pianificazione, il controllo degli impulsi e il giudizio.
Il problema? Si sviluppa lentamente, e raggiunge la piena maturità solo tra i 20 e i 25 anni. Nel frattempo, ci lascia in balia di comportamenti impulsivi, scelte discutibili e un ottimismo irrazionale che sfida ogni logica.
Ora, vi starete chiedendo perché diavolo io stia aprendo la recensione di God of Pain con questa digressione neuroscientifica non richiesta, vero?
La risposta è semplice: basta osservare i personaggi creati da Rina Kent. A ognuno di loro — chi più, chi meno — manca esattamente quella parte. Soprattutto quando si tratta di personaggi in quella fascia d’età: incapaci di prendere decisioni sensate, di controllare gli impulsi, di valutare le conseguenze delle proprie azioni o di gestire i sentimenti in modo equilibrato.
Ci tengo però a precisare una cosa:
nonostante God of Pain riprenda dinamiche e atmosfere già viste — e straviste — nei romanzi precedenti di Rina Kent, e nonostante lo stile dell’autrice sia ormai riconoscibile fin dalle prime pagine, devo ammettere che questa storia mi ha presa più del previsto.
Il merito, per me, è soprattutto di Creighton, che ho trovato decisamente più interessante rispetto ad altri protagonisti recenti.
Per quanto sia perverso, violento e con appetiti discutibili per l’età che ha, è un personaggio ben scritto, con un lato emotivo che affiora lentamente, quasi in punta di piedi.
Creighton King non passa inosservato: la sua presenza mi aveva già incuriosita (o forse conquistata) in God of Malice, tanto che sentivo il bisogno di leggere la sua storia.
E vi dirò: il suo modo di pensare — non di agire — mi è piaciuto.
Quella personalità silenziosa, tormentata, dannata… ha il suo fascino.
Un po’ meno, invece, ho trovato “sano” che un ventenne abbia gusti così simili a quelli di Christian Grey.
Annika, invece, mi ha convinta meno.
In certi momenti l’ho trovata troppo viziata, forse un po’ troppo “protetta dal mondo”, e questo l’ha resa meno incisiva ai miei occhi.
E vogliamo parlare della scenata che si è fatta a pochi capitoli dalla fine?
Dai… seriamente?
Detto ciò, la chimica tra i due funziona, il ritmo tiene bene, e anche se alcuni passaggi mi hanno ricordato storie già lette — o mi hanno fatto storcere gli occhi per l’assurdità — non sono riuscita a staccarmi dalle pagine.
È una di quelle letture che, anche se intuisci perfettamente dove potrebbe andare a parare, ti cattura lo stesso.