Adriano è uno dei tanti italiani emigrati a Londra. È un giorno qualunque della sua vita, quando vede un bambino e una donna seduti in un bar. Quella scena è abbastanza per far riaffiorare alla mente i ricordi, per ripercorrere un viaggio nella memoria. Dall'infanzia trascorsa dentro la libreria Pizzuto, alla scoperta della sua sessualità. Dalle discriminazioni verbali dei compagni di scuola, a quelle fisiche di persone che guardano il mondo con occhi diversi. Dal trasferimento a Roma per seguire il sogno di diventare scrittore, alla nascita del suo grande amore per Tiziano. Dall'incontro con Giacomo, che contribuirà alla fine della relazione, al trasferimento a Londra per iniziare una nuova vita. In un'alternanza narrativa di luoghi, situazioni e personaggi diversi, la quotidianità della vita attuale e i felici ricordi delle vite passate si rincorrono fino a incontrarsi a fine giornata, in un ultimo, fatale avvenimento. Solo a quel punto Adriano sarà costretto a mettersi davanti agli errori compiuti per fare i conti con se stesso, e imparare ad accettarsi.
Le pareti della sua stanza erano arancioni. Nella parete di fronte alla porta c’era una grande finestra da cui si vedeva il cielo notturno. Sotto c’era un pianoforte senza coda di legno scuro con la tastiera aperta, e sul leggio uno spartito. Alla parete di sinistra era addossato un letto matrimoniale, mentre su quella opposta c’era un divano a due piazze, foderato di pelle nera e incastrato tra una libreria e la scrivania. La scrivania era ordinata, con i libri poggiati in una pila, un quaderno aperto e un computer all’angolo. Sopra la scrivania c’era una riproduzione del Viandante sul mare di nebbia, mentre sparse qua e là c’erano foto in bianco e nero.
Mi sedetti sul divano e lui fece partire La canzone che scrivo per te.
«Adoro questa canzone», gli dissi.
«Anche io. È sexy». Poggiò i bicchieri e la bottiglia a terra e venne a sedersi sul divano.
Mi sentivo la testa fluttuare sulle note della chitarra.
«È stata una giornata lunghissima. Non so te, ma io sono esausto», dissi. Presi i bicchieri e ne diedi uno a Tiziano. «Grazie per l’aiuto che mi hai dato».
«Figurati. Sei stato un allievo eccellente», mi disse con un sorriso.
I Marlene Kuntz e il prosecco erano perfetti per colmare il nostro silenzio.
Immedesimarmi in situazioni irreali mi aiuta ad affrontare meglio quelle reali, quindi penso di essere un pattinatore sul ghiaccio in gara alle Olimpiadi. L’atmosfera tutt’intorno cambia. Il pavimento si trasforma in una distesa di ghiaccio, le pareti vengono sostituite da tribune dove il pubblico è in attesa di assistere all’esibizione e Paganini 5 di Edvin Marton fa da colonna sonora alla mia performance. Ai piedi calzo un paio di pattini dalle lame affilate. Muovo i primi passi, sento scivolare il ghiaccio sotto di me e, se qualcuno mi intralcia, lo supero con uno slalom degno di far invidiare persino Plushenko. Nulla può fermarmi. Ce la posso fare! Ma il sogno dura poco, altro che podio. Un dolore al fianco destro è solo il principio di una dichiarazione di guerra che il fegato, i polmoni e i quadricipiti hanno deciso di muovere alla mia forza di volontà. Che poi tanto forte non è, perché si arrende in fretta. Mi fermo, ho bisogno di prendere fiato; poggio le mani sulle ginocchia, il dolore al fianco non accenna a diminuire e mi sento le tempie pulsare. Sono bastati pochi secondi a farmi sudare più di quanto non abbia fatto Aaron stamattina. Faccio di nuovo appello alla mia volontà, ritorno in posizione eretta, sistemo la borsa e mi incammino sconfitto verso il tornello più vicino.
Ho sempre detestato fare questo genere di telefonate, ma dovevo concentrarmi e pensare a una scusa convincente da dire a Martin. Ho preso il cellulare e assunto la stessa posizione de Il Pensatore di Rodin. Chissà cosa avrei potuto inventarmi.
1) Qualcuno si è buttato sulle rotaie della metro e il servizio è stato sospeso, quindi sono stato costretto a prendere un autobus;
2) Sono uscito da casa dimenticando le chiavi e la borsa, così ho dovuto aspettare che uno dei miei coinquilini tornasse;
3) È scoppiato un incendio nell’appartamento sotto il mio, le scale erano in fiamme e non potevo abbandonare l’edificio.
Una voce al telefono ha risposto.
«Ciao Martin, sono Adriano». “La sincerità è la cosa migliore”.
«Ciao caro, dimmi». Dal tono di voce sembrava di buon umore.
«Mi sono svegliato tardi e temo che sarò a lavoro per le 12:30. Scusami». “Alla faccia della sincerità o della bugia originale da dire”. Per di più so che per quell’ora non avrei mai potuto farcela.
«Corri», mi disse Martin.
«Certo». Ho salutato e riattaccato. Aaron mi guardava, trattenendosi dal ridere.
Era ora di andare. Ci siamo salutati con un bacio. Mi sono staccato da lui e ho oltrepassato i tornelli d’ingresso. Quando mi sono voltato indietro, Aaron era ancora lì a guardarmi e mi ha mandato un bacio con la mano. Ho ricambiato il gesto continuando a camminare. Ho preso le cuffie dalla borsa, ho scelto Under the Sheets di Ellie Goulding e ho raggiunto il binario. Sono salito sul treno, ho individuato un posto ed eccoci di nuovo a: “Questa è la volta buona che mi licenziano!”.
Mi sedetti sul divano e lui fece partire La canzone che scrivo per te.
«Adoro questa canzone», gli dissi.
«Anche io. È sexy». Poggiò i bicchieri e la bottiglia a terra e venne a sedersi sul divano.
Mi sentivo la testa fluttuare sulle note della chitarra.
«È stata una giornata lunghissima. Non so te, ma io sono esausto», dissi. Presi i bicchieri e ne diedi uno a Tiziano. «Grazie per l’aiuto che mi hai dato».
«Figurati. Sei stato un allievo eccellente», mi disse con un sorriso.
I Marlene Kuntz e il prosecco erano perfetti per colmare il nostro silenzio.
Immedesimarmi in situazioni irreali mi aiuta ad affrontare meglio quelle reali, quindi penso di essere un pattinatore sul ghiaccio in gara alle Olimpiadi. L’atmosfera tutt’intorno cambia. Il pavimento si trasforma in una distesa di ghiaccio, le pareti vengono sostituite da tribune dove il pubblico è in attesa di assistere all’esibizione e Paganini 5 di Edvin Marton fa da colonna sonora alla mia performance. Ai piedi calzo un paio di pattini dalle lame affilate. Muovo i primi passi, sento scivolare il ghiaccio sotto di me e, se qualcuno mi intralcia, lo supero con uno slalom degno di far invidiare persino Plushenko. Nulla può fermarmi. Ce la posso fare! Ma il sogno dura poco, altro che podio. Un dolore al fianco destro è solo il principio di una dichiarazione di guerra che il fegato, i polmoni e i quadricipiti hanno deciso di muovere alla mia forza di volontà. Che poi tanto forte non è, perché si arrende in fretta. Mi fermo, ho bisogno di prendere fiato; poggio le mani sulle ginocchia, il dolore al fianco non accenna a diminuire e mi sento le tempie pulsare. Sono bastati pochi secondi a farmi sudare più di quanto non abbia fatto Aaron stamattina. Faccio di nuovo appello alla mia volontà, ritorno in posizione eretta, sistemo la borsa e mi incammino sconfitto verso il tornello più vicino.
Ho sempre detestato fare questo genere di telefonate, ma dovevo concentrarmi e pensare a una scusa convincente da dire a Martin. Ho preso il cellulare e assunto la stessa posizione de Il Pensatore di Rodin. Chissà cosa avrei potuto inventarmi.
1) Qualcuno si è buttato sulle rotaie della metro e il servizio è stato sospeso, quindi sono stato costretto a prendere un autobus;
2) Sono uscito da casa dimenticando le chiavi e la borsa, così ho dovuto aspettare che uno dei miei coinquilini tornasse;
3) È scoppiato un incendio nell’appartamento sotto il mio, le scale erano in fiamme e non potevo abbandonare l’edificio.
Una voce al telefono ha risposto.
«Ciao Martin, sono Adriano». “La sincerità è la cosa migliore”.
«Ciao caro, dimmi». Dal tono di voce sembrava di buon umore.
«Mi sono svegliato tardi e temo che sarò a lavoro per le 12:30. Scusami». “Alla faccia della sincerità o della bugia originale da dire”. Per di più so che per quell’ora non avrei mai potuto farcela.
«Corri», mi disse Martin.
«Certo». Ho salutato e riattaccato. Aaron mi guardava, trattenendosi dal ridere.
Era ora di andare. Ci siamo salutati con un bacio. Mi sono staccato da lui e ho oltrepassato i tornelli d’ingresso. Quando mi sono voltato indietro, Aaron era ancora lì a guardarmi e mi ha mandato un bacio con la mano. Ho ricambiato il gesto continuando a camminare. Ho preso le cuffie dalla borsa, ho scelto Under the Sheets di Ellie Goulding e ho raggiunto il binario. Sono salito sul treno, ho individuato un posto ed eccoci di nuovo a: “Questa è la volta buona che mi licenziano!”.
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