L’animale uggiolò di nuovo e si chinò per annusarlo. Aveva il naso
umido e ruvido, simile a quello di un lupo. Jake, col cuore in gola, cercò di
tranquillizzarsi e guardarlo meglio. Rimase a bocca aperta da tanto era bello,
con una pelliccia bianca ricca di venature azzurre. Poco più grande di un
husky, aveva le fattezze e l’espressione intelligente di una volpe, con lunghe
orecchie a punta e una coda vaporosa. Estasiato, allungò una mano per
carezzarla, ma la creatura soffiò e corse via, tornando nell’oscurità da cui
era uscita.
Ho
attraversato il multi-verso, visto cose inimmaginabili, preso parte a eventi
decisivi, ascoltato ballate di una bellezza soave, assaporato i migliori piatti
creati, ammirato panorami in grado di ridurre in lacrime il più burbero degli
insensibili. Eppure nessuno di quei momenti mi ha mai fatto sentire vivo come
gli istanti passati con Lili. Perché, per quanto qualcosa possa essere
meraviglioso, non ha senso senza qualcuno con cui condividerlo.
Skald scattò in avanti, attaccando il vichingo
con un fendente diagonale. Odin deviò la flamberga e si defilò di lato.
Contrattaccò con un taglio orizzontale al collo che l’altro schivò in
scivolata, come previsto dall’assassino. Senza troppi complimenti Odin stampò
un manrovescio sullo zigomo di Biancovento. Fu un colpo tremendo, che spedì il
malcapitato contro una bancarella di frutta.
Ombra saettò contro il gigante, ma questi
l’anticipò, rifilandole un calcio nel costato. La volpe guaì, scagliata a tre
metri di distanza. Leonard si fece avanti tremante, ma bastò un’occhiataccia di
Odin per farlo desistere. I cittadini di Crocevia, affascinati dallo scontro,
crearono un cerchio attorno ai duellanti per poter assistere allo spettacolo.
«Tutto qui?» si pavoneggiò l’assassino, con le
braccia spalancate. Un pomodoro attraversò l’aria e si spappolò sul suo petto
con un sonoro sciak, seguito da una
mela che rimbalzò innocua.
«Proviamo con qualcosa di più duro» suggerì
Skald. Afferrò un cocco dalla bancarella e lo scagliò contro il vichingo.
Odin scosse il capo e lo divise a metà con un
fendente. Il latte che ne uscì gli inzaccherò la cappa nera. Lui ci passò un
dito, lo assaggiò e sputò disgustato. Riprese ad avanzare verso il bersaglio,
senza esitare. Per farlo fu costretto a schivare un ananas, tre mandarini, un
mango, due angurie e una carota.
Siamo condiscendenti e per questo viviamo in mezzo agli
umani, nel pericolo e nascondendo la nostra vera natura. La magia è illegale e
viene punita con la morte. Il perché è chiaro: paura, un grande delirio di
massa che porta la gente a scannarsi l’un l’altro. La cosa più ridicola è che
difficilmente viene processato un vero mago, questo perché noi, consci del
pericolo, prestiamo la massima attenzione. Il più delle volte ad essere
giustiziato in piazza è un umano qualsiasi, magari qualcuno che si è reso
scomodo; una moglie di cui ci si voleva sbarazzare; una figlia, un vicino di
casa e così via.
E' questo che fa l’essere umano: sintetizzare ogni cosa,
ridurla ai minimi termini affinché possa essere adattata ai parametri di
concezione del tutto. E il tutto si riduce in misere parole come «bene»,
«male», «vita», «morte».
Io credo che il demonio siano le persone stesse, quelle
malvagie. Una specie in grado di compiere atti subdoli e crudeli col solo scopo
di soddisfare un insaziabile bisogno che prende molti nomi o scusanti.
Vorrei restare qui per sempre, abbandonarmi su questa roccia
a osservare la natura, a sentire i suoi rumori, annusare i suoi profumi. Come
uno spettatore esterno, narratore onnipresente, libero dalle catene della vita
e da tutto ciò che deriva da esse. Forse è questa la libertà.
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