Quante forme ha la paura? In questa raccolta ce ne sono undici. La perversione e l'ossessione sono lo sfondo di queste storie macchiate di nero. Protagonisti e lettori si troveranno a percorrere un viaggio attraverso gli angoli oscuri dell'animo umano. Tenteranno di fare luce sull'IO nascosto che tutti celiamo. Pagine marcate dall'inesorabile presenza del male accompagnano la lettura permettendoci di comprendere che l'essere umano non è nient'altro che un semplice 'involucro malato'. Passioni violente e ossessioni morbose prendono vita tra le pagine. Un'unica regola: Non Devi Dormire.
IN CASTIGO
«No piccola mia, no!»
La voce disperata di una donna tuonava all’interno di una casa di campagna circondata da alberi che
sembravano custodirne gli oscuri segreti. Il sole era già tramontato da un pezzo per far spazio alle stelle che tentavano di brillare nella notte, nonostante una coltre di nebbia grigia si ostinasse a spegnerne la luce.
Seduta su un letto spoglio, con il volto coperto dalle mani rugose e le spalle che sussultavano al ritmo dei singhiozzi, la donna lanciò un urlo.
Un «nooooo!» terrificante echeggiò nell’aria ovattato dalle dita che serravano le mascelle, come fossero una gabbia. I corvi appollaiati sull’albero che ombreggiava il portico in estate spiccarono il volo come se stessero fuggendo dal demonio. Le ombre della notte tremarono per via di quel lamento e la luna cercò riparo nella nebbia.
Vicino al capanno degli attrezzi si muovevano due figure. Erano le sagome nere di un uomo di mezza età che teneva per mano una bambina dai capelli color oro.
Gli occhi blu della piccola brillavano della stessa lucentezza che abitava lo sguardo di sua madre e
tentavano invano di scrutare l’oscurità dietro di sé. A farle compagnia, però, c’era solo una ciocca di capelli umidi che le incorniciava le guance fredde.
INVOLUCRI MALATI
Aprì le braccia in segno di sottomissione e accolse la morte vestita da Diavolo, pronto per farsi portare nell’eterno lutto di cui si era cibato in tutti quegli anni. Era davanti a lui, nascosto dai tre cadaveri, Marco lo guardava con ammirazione, era bellissimo, occhi colmi di nero e una bocca avida di vita, un volto liscio e pallido. Satana era nudo, due seni sodi ai quali Marco si sarebbe voluto attaccare come un neonato, per succhiar via tutto quel veleno. Le gambe ricoperte di peli e gli zoccoli che immobili rendevano quella figura col pene eretto una visione diabolica.
Con passi leggeri gli si avvicinò, oltrepassò i cadaveri e iniziò a girargli attorno; Marco provò a invocarlo, mentre davanti i suoi occhi era tornato nelle campagne del Salento.
In notti silenziose aveva eseguito gli ordini della fattucchiera, si era intrufolato nel cimitero per
dissotterrare i suoi amici e portarli con sé. Cercò per ettari ed ettari i resti di Edoardo, pulendo quei brandelli di carne dai vermi e dalla terra. Aveva conservato i suoi amici, come delle bambole macabre, per vederli marcire sotto i suoi occhi. Così era il Suo volere, così non avrebbe mai dimenticato l’operato di Lucifero. Alzò le mani e afferrò la bocca ancora serrata, voleva chiamare Satana, aveva paura che lo abbandonasse, costringendolo a passare altre notti di tormenti. Fece pressione e affondò a forza le dita nelle guance, sentendo la sua stessa carne lacerarsi. Con forza afferrò le sue mascelle e le aprì, spaccandole. Liberando la sua voce, che con dolore, chiamò il Signore della Morte. La sua perversione lo aveva portato fino a quel punto e ora invocava di essere finalmente liberato dal suo involucro malato.
L’essere lo guardò con misericordia, sembrò quasi sorridergli e Marco provò a parlare, ma dalla sua bocca uscì solo sangue.
PREDE
Gabriella aprì gli occhi, le luci tremolanti delle candele proiettavano sulle mura, ricoperte di scritte, ombre minacciose, tingendo quella casa abbandonata di forme e movimenti pericolosi.
Era legata su un tavolo di marmo, gli amici del ragazzo indossavano delle tuniche nere, i volti coperti da maschere e le bocche avide, con della saliva che scorreva agli angoli. Farfugliavano qualcosa, invocavano un nome e stringevano dei pugnali. Gabriella sgranò gli occhi, comprendendo di essere nuda e legata su quell’altare, pronta a diventare il sacrificio di quella setta, il suo sangue versato in onore di qualche diavolo avido di anime innocenti.
Ripensò alla sua vita, alla famiglia, le amiche e il suo futuro, strappato da lei come i petali essiccati di una rosa pronta a morire sotto il freddo invernale. Provò a parlare, ma una lama le entrò prepotente in qualche angolo del corpo, facendola urlare di terrore, sentendo in risposta solamente risate colme di eccitazione. Una nuova lama affondò e un liquido caldo iniziò a ricoprirle il corpo.
Una delle figure le disegnò una stella a cinque punte sul ventre, scorticando la pelle immacolata della ragazza, che si dibatteva, come un agnello, sotto gli sguardi vuoti dei partecipanti al rito.
Continuò a urlare e a guardare quei ragazzi, sperando di incrociare lo sguardo di Giovanni, lui non l’avrebbe massacrata e poi lasciata marcire da qualche parte. Invocò il suo nome, disperata, mentre fiotti di sangue le sporcavano la pelle.
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