giovedì 19 settembre 2019

LA COSCIENZA DI UN CARUSU di Marco Antonio D'Aiutolo



Nella Catania fascista degli anni '30, Gabriele inizia a confrontarsi con gli altri ragazzi e a mettere in discussione quell'identità da maschio siciliano che il mondo vorrebbe imporgli. La sua lotta interiore ha origine dalla scoperta di una sessualità diversa, da una segreta attrazione per i "masculi" e da un amore taciuto, nato tra i banchi del liceo. Solo quando conoscerà Calogero, nella sua coscienza ci sarà una svolta reale. Sullo sfondo, intanto, scorre una molteplicità di storie: gli incontri clandestini degli arrusi, pederasta passivi, a piazza Alcalà, le amicizie e gli amori proibiti, gli scandali famigliari e la condizione delle "fimmine". Quando la grande Storia irromperà nelle giornate di Gabriele, inasprendo le leggi contro gli arrusi, quei masculi che sembravano così forti si mostreranno impotenti. Sarà la forza delle "fimmine" sicule a determinare, nel bene e nel male, il destino di tutti.

Italia, più precisamente nell’entroterra catanese degli anni ’30 caratterizzato dalla propaganda del manifesto fascista.
Gabriele Di Mauro, un giovane nel pieno dell’adolescenza, sostiene quotidianamente una sorta di conflitto\disorientamento interiore … Prova in tutti i modi a rinnegare la propria identità da quando è diventato conscio del suo essere “diverso” dai coetanei. Eppure, nonostante cerchi di soffocare questi suoi istinti omosessuali, quell’attrazione per l’altro sesso è impossibile da mettere a tacere. Gli frullano in mente tutti gli appellativi coloriti con i quali potrebbe venire additato -  arrusu, puppu, mezzafimmina etc. - non solo dalla famiglia, ma anche dagli amici e dall’intero paese se solo venisse alla luce la causa scatenante di questi suoi turbamenti emotivi. 


E attraverso i suoi occhi da bambino che si appresta a entrare nel mondo degli adulti ci racconta di sé, analizzando episodi del passato, ma anche situazioni del presente in cui si muove ed è così che ci troviamo a stretto contatto con una Sicilia che si ammanta di moralità e rigore, ma che sotto sotto nasconde densi strati di omertà, torbidi scandali e ipocrisia.

Gabriele aveva dentro, ora, un fiume in piena, incontenibile, impossibile da arginare. Era colmo di un’energia che, come una scarica elettrica, non riusciva a trovare un punto di fuga. Emozioni, aggressività, ormoni, testosterone, tipici dei carusi, l’animo selvaggio e focoso dei siciliani, soprattutto di campagna, la sua “identità melusiana” bruciavano in lui come un incendio indomabile.

Un’avventura che tracima segreti taciuti, un senso opprimente di vergogna e perversioni aprendo uno spiraglio sulla realtà LGBT dell’epoca.
È un romanzo che appassiona e, a volte, spiazza. 
È un romanzo che sono certa vi regalerà forti emozioni e considerazioni purché l’affrontiate senza preconcetti. 
La coscienza di un carusu” mi ha convinta per la sua spiccata scorrevolezza e il senso del ritmo tant’è che in una manciata di giorni l’ho finito, forte di una prosa costruita ad arte che, a primo impatto, potrebbe sembrare impersonale, ma non lo è. 
La Catania del libro è una terra che rispecchia quella che è la regione nella sua interezza. Un’isola multiforme tanto nei variopinti paesaggi quanto nei profumi e sapori. 
D’Aiutolo trascina giocoforza il lettore nella dimensione di una Sicilia apparentemente arretrata che tenta d’insabbiare e ostracizzare quanto, a loro dire, c'è di immorale: prima fra tutti l'omosessualità. 
Tuttavia - complici alcune sbavature, che saltano subito all'occhio, per quanto riguarda lo stile di scrittura - non riesco a dare un voto più alto. 
L'uso del dialetto è smodato e chiama alla memoria quello del maestro Camilleri, da siciliana non ho avuto particolari difficoltà a seguire il filo della vicenda, ma mi rendo conto che un lettore di qualsiasi altra regione - nonostante la presenza delle note - potrebbe essere frenato non solo nella comprensione del contenuto, ma anche nel lasciarsi coinvolgere dalla cadenza fluida di cui ho accennato in precedenza. Solitamente non mi disturba la presenza di un linguaggio scurrile però anche di questo se n’è fatto un uso eccessivo e anziché “sconvolgere”, dopo un po’, diventa una nota stonata in un testo molto valido.
Gabriele è il protagonista, ma avrei preferito gli fosse stato conferito un tocco aggiuntivo di carisma, quello necessario a sostenere le redini della storia. 
Tuttavia lascio all’autore il beneficio del dubbio, alla fin fine si tratta del primo libro di quella che sarà una serie, quindi mi auspico che venga rappresentato in modo migliore e che sia in continuo divenire. Al momento di lui ciò che viene evidenziato è un’indole riflessiva e sensibile, egli si arrovella su determinati concetti che diventeranno il punto cardine del libro ma da lui mi aspetto grandi cose. 
Il ventaglio dei personaggi secondari che ci viene presentato è poliedrico e omogeneo, va ad abbracciare tutte le fasce sociali dal “viddanu” per arrivare a “lu burghisi”.

Visto l’epilogo non definito deduco che di Gabriele scopriremo ancora molto altro nel prossimo volume della serie “Mani di mandarino” che spero esca molto presto.



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