Alak ed Ethan, due monaci dal carattere opposto, sono scelti per rispondere all’appello del sovrano di Kernak e contrastare una minaccia imprevista e terribile. Intanto Jandar, giovane stregone, si cimenta in un duro addestramento per conoscere il suo potere e capire il proprio ruolo nel mondo. Il suo intervento, infatti, sembra indispensabile nel momento in cui l’Imperatore Kedrax si prepara a conquistare l’intero continente, aiutato dalla maga Lenara, a cui affida anche un incarico più pericoloso e segreto: reclutare sei individui dalle abilità uniche, necessari per compiere ciò che nessuno ha mai fatto prima…
Lo zaffiro
iniziò a pulsare nella mano dello stregone, l’unico in grado di percepirlo.
Almeno fintanto che arrivò una forte vibrazione, seguita da un’ondata di potere
che si espanse nell’aria. I due rimasero in silenzio, in attesa di quel
qualcosa che Jandar attendeva con impazienza. Provò un miscuglio di sensazioni
ed emozioni: curiosità, felicità, timore. Sentì il potere della gemma, su cui
vorticava una tempesta di neve e, quando spostò gli occhi su di essa, vide la
mano avvolta da frammenti di ghiaccio.
Lo Specchio del Cielo iniziò a tremare
in balia del terremoto. L’intera distesa prese a scricchiolare. All’improvviso
un boato riecheggiò in tutta la zona circostante e la piana a specchio scoppiò
con fragore. Intere lastre di ghiaccio volteggiarono in aria dopo essere state
scagliate via con violenza. Lo Specchio del Cielo andò in frantumi rivelando il
lago sotto di sé. Al centro cominciò a emergere una massa spropositata di
metallo luccicante: argento. I rossi bagliori del tramonto si rifletterono sul
fianco ovest, generando sfumature viola e scarlatte.
Lenara, con
fare freddo e ineluttabile, si avvicinò al sacerdote. Sussurrò qualcosa in ansindium mentre la mano si poggiò sul
collo di lui. Indossava un bracciale di rame con incastonate delle gemme,
collegato a un ditale che copriva il medio. Da quest’ultimo partì uno sciame di
saette che si dimenarono su Callor come vermi impazziti. Pochi secondi e il
corpo dell’uomo fu invaso, scatenando scariche lancinanti. Il sacerdote si
dibatté, preso dagli spasmi, fino ad accasciarsi al suolo in posizione fetale.
Urlò, si morse la lingua, sanguinò. Le convulsioni scemarono in poco tempo.
Indriana
accennò a intervenire, compiendo un passo in avanti, poi il buonsenso la spuntò
sulla compassione. Con la coda dell’occhio Lenara la guardò, sperando che le
concedesse il pretesto per infliggerle la stessa sofferenza del fratello, ma
rimase delusa.
«Che sia
d’esempio», sentenziò la maga a mento alto.
Quando
diede le spalle ai presenti, montando a cavallo e avviandosi come se nulla
fosse, sorrise. Un’insolita e insana sensazione di goduria la pervase.
Conosceva quell’incantesimo alla perfezione, per esperienza diretta, oltre che
nell’esercitarlo. Infliggeva un dolore lancinante, portando il malcapitato sul
ciglio della morte, poi scemava. Maggiore era la resistenza e peggiore il
dolore. Poteva spezzare la volontà dell’uomo più indomito.
Tante erano
le volte in cui le era stato inferto, tante le volte in cui aveva supplicato per
essere risparmiata. Ma non era più la bambina strappata alla sua famiglia per
servire Saak, un mago perverso. Adesso era lei a imporre la propria volontà.
Lei era re, giudice e boia.
Le persone
spostarono le attenzioni sulla zuffa e cominciarono ad accalcarsi attorno ai
due lottatori. Chi rideva, chi beveva e chi puntava le scommesse. Tutto apparve
ordinario, così come di fatto lo era all’interno del Boccale d’Oro.
Mentre
l’omaccione scemava la sua furia con colpi a vuoto, cominciò ad ansimare e
rallentare perché in debito d’ossigeno.
«Tutto
qui?» derise Alak. Dopo un’insana, ma sorprendente rotazione del busto, per
schivare il pugno dell’omone, gli afferrò il braccio con un movimento fulmineo
e lo torse.
Crac.
Gli astanti
emisero un boato nel vedere l’osso dell’uomo uscire dalla pelle. La vittima
prese a ululare disperata, tenendosi il braccio con l’altra mano e gli occhi
sgranati. Si accasciò sulle ginocchia e pianse.
Azar si
alzò di scatto e, approfittando della distrazione della folla, tutta intenta a
guardare l’omone, passò al bancone per pagare la birra e il silenzio dell’oste.
Poi afferrò Alak e lo trascinò fuori senza farsi vedere.
«Sei
pazzo!» disse guardandosi dietro. «Tu sei pazzo!» ripeté in tono divertito
questa volta. «Non ho mai visto nessuno muoversi in quella maniera. Eri
flessibile come uno stelo d’erba, impressionante. Avete un modo bizzarro di
combattere voi monaci.»
Alak
scoppiò a ridere assieme all’aghoriano. Quel che aveva fatto doveva essere
merito della birra, poiché si sentiva piuttosto alticcio. Rise ancora.
Azar lo
guardò e disse: «Amico mio, forse è meglio star lontano dalla birra, almeno per
un po’».
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