Quando Mahja si soffermava a guardare nella polla dell’acqua era come se ogni cosa intorno a lei svanisse. La strana impressione di trovarsi in un mondo diverso, a cui nessun altro poteva accedere, l’avvolgeva come un manto, e ogni volta ne aveva una percezione così netta e potente da restare senza fiato.
Non erano allucinazioni, ne era certa. Vedeva volti, persone e riusciva a scrutare nel loro futuro; non sapeva come fosse possibile, ma conosceva il loro destino. Accadeva di continuo, alla luce del giorno o tra le ombre della notte, quando era sola, ma anche quando si trovava nei luoghi più affollati, tuttavia non ne aveva mai parlato con nessuno. Era come se qualcosa la spingesse a tenere segreto quello strano potere cui lei stessa non riusciva a dare un senso.
Affrettò il passo, con la mente carica di pensieri.
Nelle sue visioni continuava ad apparire un ragazzo dagli occhi blu. Mahja ne ignorava l’identità, ma quando si perdeva nella profondità di quello sguardo sentiva di essere legata al suo destino. Pareva nobile, a giudicare dall’aspetto. Una volta lo aveva visto, in sella a un gran cavallo nero, misurarsi con un cinghiale durante una battuta di caccia. Un’altra volta era seduto sulla riva del mare a guardare le onde azzurre che si arrotolavano sui sassi del lido. O forse era un lago. Sembrava avere più o meno la sua età.
Mahja avanzò nel silenzio del bosco addormentato mentre il cielo si tingeva di rosa. Tutto intorno fremeva nel risveglio mattutino e l’aria si permeava del profumo dei fiori.
Sotto la carezza dei primi raggi, Valle Nera dispiegava pian piano tutta la sua bellezza.
Giunse a un piccolo ruscello che sgorgava da una roccia. S’inginocchiò sulla riva e bevve l’acqua fresca nel cavo della mano, un piccolo rito di purificazione. Fissò il proprio riflesso nell’acqua e di nuovo si sentì sopraffatta dalla sensazione di precipitare in un mare nero e avvolgente.
Il volto cominciò a svanire e nell’acqua limpida si delineò una nuova immagine.
La figura era così vaga... A poco a poco prese forma. Era un drago d’oro e rosso, fulgido come i raggi del sole nascente, ma la visione durò per un battito di ciglia e il drago lasciò il posto a due occhi color mare profondo, spalancati per lo stupore. Le parve che la scrutassero fino in fondo all’anima. La visione era così reale che Mahja si sentì mancare. Le girava la testa.
L’immagine scomparve e lei scivolò a terra, priva di sensi.
La testa gli martellava come se dentro ci fossero dieci fabbri al lavoro. Aveva pensato di essere morto, ma di sicuro quando muori non senti più dolore e quella fitta nella spalla invece lo faceva impazzire. Quindi non era morto.
Sapeva di essere almeno in parte immerso nell’acqua, ma aveva vaghi ricordi su come ci fosse finito.
Sentì delle voci, ma non riuscì a raccogliere le forze per parlare.
«Accidenti, quanto è grosso!»
Bambini.
«È ancora vivo?»
La punta di un bastone lo pungolò, ma Brand non poteva muovere un muscolo.
Finalmente, con uno sforzo sovrumano, sollevò una palpebra. Il suo campo visivo fu occupato da un faccino lentigginoso e da enormi occhi azzurri.
«Non è morto!»
Un altro bambino si fece più vicino.
«Dobbiamo cercare aiuto. Non riusciremo mai a trasportarlo da soli.»
Il ragazzino con gli occhi color mare scosse il capo.
«Forse è un pericoloso bandito, oppure qui attorno c’è qualcuno che gli sta dando la caccia.»
Brand cominciò a distinguere meglio le immagini.
Due bambini, di dieci o dodici anni al massimo.
«In ogni caso» continuò il ragazzo che sembrava essere piùgrande, «sarà prudente tenerlo nascosto.»
«Ma è enorme! E non possiamo togliere la freccia, altrimenti muore dissanguato.»
«La mamma saprà cosa fare. Vai a chiamarla, io resto di guardia.»
Il piccoletto schizzò via verso un sentiero tra gli alberi. Una corsa fatta di rapidi passi, rumore di rami spezzati e foglie stropicciate.
Brand tentò di tirarsi su ma ricadde di peso nell’acqua, sollevando spruzzi tutto intorno.
Il ragazzino rimasto si teneva a distanza di sicurezza. «Non muoverti. Hai perso molto sangue.»
Trovò la forza di alzare lo sguardo su di lui e sussurrare un «Aiutami.» Poi fu ripiombato nel buio.
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