Titolo: Black Rose
Autore: Sagara Lux
Serie: The darkest night
Genere: Dark-Romance
Data di pubblicazione: Luglio 2017
Mai desiderare quel che potrebbe distruggerti.
Lilian Leroy non ha mai desiderato di svegliarsi in una stanza non sua, in compagnia di un uomo completamente nudo che non ricorda nemmeno di avere incontrato. Non ha mai desiderato di finire coinvolta nei giochi di potere che legano suo padre a un misterioso uomo venuto dalla Russia.
Ma ha desiderato lui, Sergej.
Dal primo momento in cui lo ha visto.
Sergej non ha mai desiderato nulla per sé. Ha sempre e soltanto eseguito gli ordini, almeno finché non gli è stato chiesto di fare l'unica cosa che non avrebbe mai voluto: distruggere qualcuno.
Distruggere lei.
Tre uomini. Due donne. Una notte.
La più oscura di sempre. Quella che cambierà le loro vite.
Lilian Leroy era giovane, ingenua. Anche se non sapeva nulla dei traffici del padre era pronta a difenderlo a spada tratta.
E tutto per amore.
Sollevai gli occhi su di lei, chiedendomi quante altre cose avrebbe potuto fare per amore. Io ne avevo in mente almeno un paio in quel momento. Una era sedersi sulle mie gambe e lasciarsi toccare da me. Un’altra era tradire la sua famiglia.
Lilian sospirò di nuovo, poi si tolse la giacca del completo, rivelando una camicetta anonima a collo alto che tutto nascondeva e tutto rivelava. Aveva i seni tondi, morbidi. Il tessuto candido le si stringeva intorno al corpo come avrebbero potuto fare le mani di un uomo.
O come avrei voluto fare io.
«Puoi tornare a guardare il tavolo, per cortesia?» sbottò imbarazzata.
Mi sfuggì una risata.
«Le mie attenzioni ti mettono a disagio?»
«Sei tu a mettermi a disagio.»
«Perché?»
Dalle gote il rossore le salì fino alle orecchie. Si schiarì la voce, ma ormai era troppo tardi. L’aria tra noi si era già fatta di puro fuoco.
«Perché hai già visto tutto di me» rispose a fatica, gli occhi bassi per non incrociare i miei. «Perché la scorsa notte mi hai toccata, assaggiata… E nonostante questo continui a guardarmi come se volessi dell’altro.»
«Forse io voglio dell’altro.» Tremò. Mi resi conto di avere osato troppo, così aggiustai il tiro. Abbracciai con le dita il bicchiere e lo accostai alle labbra. «O forse tra di noi non è successo quello che credi. Ci hai pensato?»
«A cosa?»
Sollevai gli occhi su di lei. La inchiodai alla sedia.
«Al fatto che potrei avere mentito.»
Si toccò il collo in uno stato di evidente disagio.
Le mancava il respiro; lo capivo dalla rapidità in cui le si muoveva il petto.
«Tu non mi hai mentito. Quando questa mattina mi sono svegliata nel tuo letto ero praticamente nuda. E poi…»
«E poi cosa? Continua.»
Deglutì e abbassò lo sguardo.
«Ho il segno dei tuoi baci addosso.»
Un brivido d’eccitazione mi irrigidì il corpo. Mi piaceva la piega che aveva preso quel discorso, ma forse gradivo ancora di più l’idea che quella mattina, dopo essere fuggita dalla mia camera ed essersi spogliata, si fosse guardata allo specchio. Completamente nuda.
E avesse pensato alla mia bocca sulla sua pelle.
Mi leccai le labbra. C’era qualcosa di allettante nel sapere che l’avevo marchiata e che chiunque l’avesse spogliata avrebbe potuto comprendere che era già stata mia.
«Dimmi una cosa, Lilian. Dove erano questi segni?»
Spalancò gli occhi e mi fissò incredula.
Non riuscii a resistere alla tentazione di fare scivolare una mano sotto il tavolo e sfiorarle una coscia.
«Li avevi per caso qui?»
Le sollevai la gonna e le accarezzai la parte più esterna della gamba; quella che si trovava rivolta verso di me.
«Oppure qui?»
Ruotai il polso e le sfiorai la piega tra inguine e coscia. Seguii il bordo delle mutandine. Erano di pizzo, molto sgambate. Si addicevano perfettamente al tipo di donna che era davanti a me in quell’istante: un involucro freddo, incapace di destare interesse. Un cuore pulsante, intimo e spregiudicato.
Aprì un poco le cosce e scivolò sul bordo della sedia.
Verso di me.
Sollevai gli occhi su di lei, chiedendomi quante altre cose avrebbe potuto fare per amore. Io ne avevo in mente almeno un paio in quel momento. Una era sedersi sulle mie gambe e lasciarsi toccare da me. Un’altra era tradire la sua famiglia.
Lilian sospirò di nuovo, poi si tolse la giacca del completo, rivelando una camicetta anonima a collo alto che tutto nascondeva e tutto rivelava. Aveva i seni tondi, morbidi. Il tessuto candido le si stringeva intorno al corpo come avrebbero potuto fare le mani di un uomo.
O come avrei voluto fare io.
«Puoi tornare a guardare il tavolo, per cortesia?» sbottò imbarazzata.
Mi sfuggì una risata.
«Le mie attenzioni ti mettono a disagio?»
«Sei tu a mettermi a disagio.»
«Perché?»
Dalle gote il rossore le salì fino alle orecchie. Si schiarì la voce, ma ormai era troppo tardi. L’aria tra noi si era già fatta di puro fuoco.
«Perché hai già visto tutto di me» rispose a fatica, gli occhi bassi per non incrociare i miei. «Perché la scorsa notte mi hai toccata, assaggiata… E nonostante questo continui a guardarmi come se volessi dell’altro.»
«Forse io voglio dell’altro.» Tremò. Mi resi conto di avere osato troppo, così aggiustai il tiro. Abbracciai con le dita il bicchiere e lo accostai alle labbra. «O forse tra di noi non è successo quello che credi. Ci hai pensato?»
«A cosa?»
Sollevai gli occhi su di lei. La inchiodai alla sedia.
«Al fatto che potrei avere mentito.»
Si toccò il collo in uno stato di evidente disagio.
Le mancava il respiro; lo capivo dalla rapidità in cui le si muoveva il petto.
«Tu non mi hai mentito. Quando questa mattina mi sono svegliata nel tuo letto ero praticamente nuda. E poi…»
«E poi cosa? Continua.»
Deglutì e abbassò lo sguardo.
«Ho il segno dei tuoi baci addosso.»
Un brivido d’eccitazione mi irrigidì il corpo. Mi piaceva la piega che aveva preso quel discorso, ma forse gradivo ancora di più l’idea che quella mattina, dopo essere fuggita dalla mia camera ed essersi spogliata, si fosse guardata allo specchio. Completamente nuda.
E avesse pensato alla mia bocca sulla sua pelle.
Mi leccai le labbra. C’era qualcosa di allettante nel sapere che l’avevo marchiata e che chiunque l’avesse spogliata avrebbe potuto comprendere che era già stata mia.
«Dimmi una cosa, Lilian. Dove erano questi segni?»
Spalancò gli occhi e mi fissò incredula.
Non riuscii a resistere alla tentazione di fare scivolare una mano sotto il tavolo e sfiorarle una coscia.
«Li avevi per caso qui?»
Le sollevai la gonna e le accarezzai la parte più esterna della gamba; quella che si trovava rivolta verso di me.
«Oppure qui?»
Ruotai il polso e le sfiorai la piega tra inguine e coscia. Seguii il bordo delle mutandine. Erano di pizzo, molto sgambate. Si addicevano perfettamente al tipo di donna che era davanti a me in quell’istante: un involucro freddo, incapace di destare interesse. Un cuore pulsante, intimo e spregiudicato.
Aprì un poco le cosce e scivolò sul bordo della sedia.
Verso di me.
«Ancora più dentro?» le domandai sfidandola.
Sagara Lux crede nelle seconde occasioni, benché la vita non gliene abbia mai concesse.
Non ama parlare di sé, ma ama scrivere e dare a vita a personaggi capaci di colpire stomaco e cuore insieme.
Se volete, potete trovarla qui.
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