venerdì 16 giugno 2017

IL RIFUGIO DELLE GINESTRE di Elisabetta Bricca



Non è mai facile affrontare la verità
Ma quando arriva il momento giusto
Bisogna trovare il coraggio di cambiare

È una calda mattina d’estate sulle colline umbre e nell’aria aleggia un profumo inconfondibile di rose e lavanda. Sveva è solo una bambina e sta correndo felice nei campi non lontani da casa. Al collo il suo ciondolo preferito. Non è un ciondolo qualsiasi: racchiude una piccola radice di ginestra, il fiore della forza e dell’attaccamento alle proprie origini, simbolo di un passato che le parla di tradizioni popolari e antiche leggende.
Ormai sono passati anni da allora e Sveva non crede più in quelle storie. Da quando si è trasferita a Roma per fare la copywriter in un’agenzia di grande successo, ha preferito lasciarsi alle spalle quel passato ingombrante in cui non si riconosce più.
Eppure, è in quel casale della sua infanzia, pieno di ricordi e segreti nascosti, che ora deve tornare. Gliel’ha fatto promettere sua madre. Sua madre che, prima di morire, riesce solo a rivelarle che lì potrà trovare piccole tracce in grado di condurla a suo padre. Quel padre che Sveva non ha mai conosciuto. Per lei non c’è altra scelta che partire. E non appena arriva in quella terra dove è ancora la natura a dettar legge, il ciondolo recupera la sua antica forza e le ricorda che solo qui potrà trovare le risposte alle tante domande su sé stessa e sulle proprie origini che la tormentano da anni. Ora, Sveva è pronta a cercare e conoscere la verità. Per lei è finalmente arrivato il momento di chiudere una volta per tutte con il presente e guardare al futuro con occhi nuovi. Ha bisogno di recuperare le proprie radici e sentirsi di nuovo a casa proprio in quel luogo che conserva echi di amicizie autentiche e di amori che superano la prova del tempo. Perché non è mai troppo tardi per scegliere ancora la vita e l’amore, anche se a volte sembrano lontani e inafferrabili.
Sveva è una copywriter in un’azienda di successo, è felice del lavoro che fa, ma da un po’ di tempo si chiede se quello sia il posto giusto per lei. Le sue giornate si dividono tra il lavoro, la casa e le visite in ospedale alla madre malata; sa che il tempo sta per terminare, che non manca molto prima di potersi sentire a tutti gli effetti un’orfana, nonostante la sorella Sasha, che però lavora in India e i loro incontri sono sempre molto rari. La mente di Sveva torna alle colline umbre, a una vita apparentemente perfetta, quando si confidava con il grande albero dove vivevano le fate o in casa di Malvina, pronta ad accoglierla con un sorriso e una torta. Un bellissimo sogno dal quale sente di essersi svegliata,  ritrovandosi alla ricerca del suo posto nel mondo.


Poi avviene l’irreparabile. La madre si aggrava e prima di andare al lavoro, decide di passare un po’ di tempo con lei, La madre in un momento di lucidità e sincerità chiede alla figlia di tornare al casale dove hanno vissuto e di cercare nell’indaco la figura paterna che tanto le è mancata. Sveva rimane sorpresa e perplessa da quella richiesta, e per dare un po’ di pace all’animo tormentato della madre, le promette che tornerà in Umbria. Perché il pensiero del padre è tornato a farsi sentire proprio ora? Lei aveva bisogno prima di quel padre che le è sempre tanto mancato, l’unico vero amore che la madre non è mai riuscita a dimenticare.

Sveva le accarezzò i capelli e sentì qualcosa spezzarsi dentro di sé.
Era il rimpianto per non esserci stata, troppo presa da sé stessa, inghiottita dalle proprie ambizioni, dalla smania di riscatto. E ora sapeva che il tempo perduto non sarebbe tornato, che l’amore poteva scivolare tra le dita senza rendersene conto, che ormai era troppo tardi per afferrarlo.

Sveva si trova davanti a una scelta difficile, ma decide di seguire il cuore, mollando di punto in
bianco il suo lavoro e sentendo forte il richiamo delle proprie origini. Comprerà il casolare senza alcun ripensamento e lavorerà duramente per rimetterlo a nuovo. Là troverà Zefferino e Malvina, quelle persone che hanno sempre vegliato su Sveva e Sasha quando la madre scompariva per lunghe giornate; il paese che sembra aver conservato il suo fascino antico e misterioso; il lago Trasimeno in grado di regalare serenità e tranquillità a tutti coloro che si fermano per ammirarne la bellezza; le scampagnate fino alla Torre di Monte Ruffiano per ricercare il silenzio che permette alla testa di fare ordine tra gli scompigliati pensieri.

Appartenere a un luogo è appartenere a sé stessi. Si può partire, cercare altro, ma si torna sempre. Perché l’anima ha un solo rifugio ed è quello che chiamiamo casa.

Eppure anche in quel caso, ci sarà un elemento stonato, quasi fuori luogo; un’anima inquieta, un uomo scontroso che cerca solo pace e solitudine. Ma capiranno che le loro sono anime ferite e tormentate e insieme riusciranno a mettere insieme i pezzi di un passato che non sembra volerli lasciare. Sveva farà chiarezza nel proprio cuore e sarà determinata a ritrovare quel padre che non ha mai conosciuto. Scoprire la verità non sarà facile, ma troverà nel suo cuore il coraggio per affrontare questo imprevedibile cambiamento.

“Le persone che hanno sofferto”, pensò, “si riconoscono tra loro”. Avrebbe spezzato quel filo rosso intessuto nel dolore, avrebbe cercato la verità.

Questa è una di quelle letture che posso considerare al “buio”. Ho visto la cover, conosciuto i personaggi durante il blog tour dedicato, ho deciso di dargli una possibilità e… ringrazio il mio istinto per avermi suggerito di leggerlo, rimanendo affascinata dalla storia che ruota attorno alla “ginestra”, come se questa pianta fosse la protagonista principale dell’intera storia.

«La ginestra è una pianta che non ha bisogno di cure e non si piega alle avversità. È profondamente attaccata alla terra e quando sboccia oscura con la sua bellezza tutti gli altri fiori.»

Una lettura scorrevole, interamente in terza persona, ma in grado di coinvolgere il lettore a 360 gradi. Un linguaggio semplice ma ricercato e capitoli brevi che invitano ad andare avanti nella lettura, per scoprire cosa il destino riserverà alla protagonista. Ho adorato la costruzione dei personaggi, con i loro tormenti, le loro speranze e i loro desideri. Sveva è una donna da inquadrare; svolge il suo lavoro con minuziosità e precisione, non si fa mettere i piedi in testa dal suo capo e in qualche modo riesce a ottenere quello che vuole. È la classica persona che riesce a farsi amare da tutti e, infatti, il suo ritorno in Umbria viene ben accolto, come se tutti avessero sempre saputo che prima o poi sarebbe tornata. La bambina che c’è in lei non vuole smettere di credere nella magia, e piano piano vedrà avverarsi il sogno di sempre, ma sa che la verità non sarà facile da affrontare, troppe bugie e troppi segreti le sono stati taciuti, ma troverà la forza di perdonare. Il rapporto che instaura con il forestiero è a tratti dolce, da stringere il cuore, ma a volte troppo forzato come se lei potesse avanzare pretese nei suoi confronti o che le debba rendere conto della sua vita. Ci può stare, ma non dopo così poco tempo.

Alcuni frammenti di vita in pezzi possono spargersi nel fondo dell’anima, rimanere lì, e continuare a tagliare. Ma gli uomini, a volte, sono troppo stupidi per capire. O solo per scegliere con coraggio.

Zefferino e Malvina sono i nonni che avrei tanto voluto avere. Hanno un animo gentile e un cuore
grande; si sono presi sempre cura di Sasha e Sveva come se fossero figlie loro, dispensando consigli, una spalla su cui piangere e la porta della loro casa sempre aperta. Persone che profumano di ricordi, lavanda, marmellate e dolci, odori che rievocano alla nostra memoria momenti dolci e momenti tristi per un tempo passato che purtroppo non ritorna.
Lo straniero… beh, per conoscere lui dovrete leggere il libro, perché la sua storia è più complicata e più profonda, e ammetto di essere rimasta affascinata dalla sua storia, dal suo passato e dal suo modo di lottare affinché il suo presente possa essere il più sereno possibile. Una persona alla ricerca di se stesso, che sa ancora incantarsi e perdersi nella bellezza che offrono i paesaggi umbri.

«Non c’è molto da raccontare sulla mia vita.»
«Non sono d’accordo. Ogni vita è fatta di tante piccole storie, noi siamo quelle storie.»

Vorrei spendere due minuti per l’ambientazione. È bastato chiudere gli occhi per vedere quello specchio d’acqua rappresentato dal lago Trasimeno, sentire l’odore della terra appena lavorata, assaporare quei piatti tanto caratteristici accompagnati da un vino d’annata eccezionale, e rimanere ad ascoltare il frinire delle cicale ogni notte. Una storia che ci porterà a viaggiare per l’Italia e farci approdare a Tropea. Avete idea di che zona meravigliosa sia? Da buona calabrese mi sono fatta prendere dalla nostalgia, ma sono riuscita a vedere con gli occhi del cuore quei vicoli, quel mare, quella passeggiata marina che la rendono tanto caratteristica. Ho apprezzato in particolar modo l’aggiunta del dialetto tipico e dei piatti tropeani che si mangiano anche con gli occhi.
Meravigliosi i flashback che aiutano a capire cosa sia successo nella vita di Sveva, anche se i lassi di tempo a volte risultano poco chiari mandando in confusione il lettore, come il tempo trascorso tra la morte della madre e il ritorno in Umbria di Sveva. Nonostante questo è un libro che mi sento di consigliare con il cuore, affinché possa allietare i vostri pigri pomeriggi estivi o tenervi compagnia sotto l’ombrellone.


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