venerdì 3 febbraio 2017

Giornata d'Autore: MONICA SERRA


Henry C. Demison, duca di Sharp, ufficiale dell’esercito britannico, ha una missione top secret da portare a termine. Resta vittima di un sanguinoso agguato da cui riporta una ferita mortale. Con un audace esperimento in cui parti meccaniche vengono innestate laddove gli organi vitali sono compromessi, lo scienziato Boyle gli salva la vita e lo consegna a notti dissolute, fatte di incubi, carne e metallo.
Quando Sharp viene chiamato a recuperare i documenti che aveva nascosto in territorio francese prima di essere ferito, il destino lo fa imbattere nelle sorelle Finnegan. Un inaspettato scambio di persona sconvolge i piani del tormentato duca, risucchiandolo in un tragico epilogo. O si tratta forse di un nuovo inizio?



Una carrozza procedeva lungo le strade acciottolate della città. Ogni tanto, la luce balenante di un fanale o di una torcia illuminava il gentiluomo seduto all’interno. Egli indossava un cappello, calato fino agli occhi, così da lasciare in ombra il resto del viso.
Henry C. Demison, duca di Sharp, ex ufficiale dell’esercito britannico, fissava il buio oltre il vetro del cocchio, immerso in oscuri pensieri. Era a Londra da alcuni mesi e aveva ripreso quasi del tutto la sua vita.
“La mia vita... Ma chi voglio ingannare?”.
In verità, dopo quello che era accaduto orribili incubi lo inseguivano, notte e giorno, e le sue speranze erano ormai ridotte a illusioni.
Non era stato un problema nascondere la protesi meccanica a ingranaggi e ottone che sostituiva parte del suo corpo. Il dottor Boyle conosceva un abile sarto, da cui Henry si era fatto cucire giacche eleganti e camicie di seta create apposta per camuffare le parti metalliche; la mano destra era sempre coperta da un guanto di pelle nera. Nessuno avrebbe mai potuto immaginare che il giovane duca di Sharp fosse umano solo per metà.
Un sobbalzo della carrozza riportò Henry alla realtà. Infilò la mano sinistra in tasca e sentì sotto le dita la carta ruvida e gli angoli rassicuranti che contenevano la sua rivincita.
Era in agitazione fin dalla mattina presto. Albeggiava appena quando gli era stato recapitato il biglietto da parte del colonnello Comask. L’idea di tornare a servire l’esercito dava di nuovo un senso alla sua vita. Era giunto il momento di dire addio a quella squallida esistenza fatta di lunghe notti al tavolo da gioco e attricette da quattro soldi. Rilesse la lettera.
“È ora di recuperare i documenti a voi affidati. Siete l’unico a sapere dove sono nascosti. Quando il dottor Boyle avrà allestito la Silver Streamer, partirete per la Francia. Tenetevi pronto”.
In preda all’entusiasmo di tornare in azione, Henry aveva fatto i bagagli per il viaggio. Poi, durante la sua passeggiata quotidiana nei giardini di Kensington, aveva incontrato Lorraine Finnegan.


Quella notte Mathilda faticò a prendere sonno. Giaceva con gli occhi spalancati nel buio e le parole di sua madre che riecheggiavano nella testa. In sottofondo, aveva l’impressione di sentire il tintinnio di una cascata di monete d’oro.
«Sei gelosa di tua sorella?».
Lo era?
Aveva incontrato il duca di Sharp soltanto una volta, eppure non riusciva a togliersi dalla testa il suo volto, le sopracciglia brune, le labbra sottili e gli occhi penetranti, che sembravano attraversare il suo corpo e la facevano sciogliere come burro.
Dandosi della sciocca, Mathilda si alzò, indossò una vestaglia pesante e si accucciò nel vano della finestra, scrutando attraverso la notte.
No, si disse. Non era gelosa. Era solo preoccupata per Lorraine. La sua incauta sorellina non era in grado di affrontare il duca, lui l’avrebbe spezzata come una bambola di porcellana. Era un uomo licenzioso e arrogante e sul suo conto giravano voci inquietanti.
Invisibili dita di ghiaccio le graffiarono la schiena; Mathilda si strinse nella vestaglia. Un barlume dietro le finestre attirò la sua attenzione, e il gelido fantasma di lord Demison che si era impossessato dei suoi pensieri si dissolse. Curiosa di scoprire cosa potesse far risplendere in quel modo la notte, aprì le imposte e si sporse fuori.
Una nave enorme, la chiglia avvolta in un alone fosforescente dai riflessi argentei, tagliò le nuvole e avanzò a velocità sostenuta sopra la città.
La ragazza, stupita, si strofinò gli occhi. Conosceva le aeronavi, ne aveva viste in passato, ma mai così da vicino. Era una bambina, suo padre era ancora vivo e qualche volta la portava a Primrose Hill a vederle volare; i suoi ricordi d’infanzia erano pieni di vele sospinte dal respiro azzurro del cielo. Aveva sempre sognato di salire su una di quelle navi, ma da molto tempo a Londra non se ne vedevano più. Cercò di osservare meglio. Purtroppo lo spettacolo non durò a lungo, le nubi si richiusero quasi subito e il veliero fu inghiottito dalla notte.
Turbata, Mathilda serrò le persiane e se ne tornò a letto. Chiuse gli occhi, augurandosi che lo spettro del duca fosse a bordo di quella nave, diretto il più lontano possibile da lì.
Poi fu il silenzio, finalmente.



That night Mathilda Finnegan had trouble getting to sleep. She laid with eyes wide open in the darkness, and the words of her mother echoing in her head, along with the jingle of gold coins.
"Are you jealous of your sister?" 
Was she? She had met Henry C. Demison only once, yet she couldn’t forget his face, the brown eyebrows, his thin lips and those piercing eyes which passed gently through her body, turning her to butter.
No, she told herself. She was not jealous. She was only concerned about Lorraine. The arrogant Duke could break her unwary sister like a porcelain doll.
Icy fingers slid down her back, under her peignoir. A gleam behind the windows caught her attention, dissolving the cold ghost of Lord Demison who had taken possession of her thoughts. Mathilda opened the shutters and leaned out. She saw a huge ship soaring over the buildings, cutting the clouds. A phosphorescent aura of silver reflections wrapped around its huge keel.
The girl, astonished, rubbed her eyes. She had never seen something of this kind flying over London so close. But the show did not last long, and the ship disappeared quickly into a narrow tunnel of clouds, swallowed by the night.
Mathilda closed the curtains and went back to bed. She closed her eyes, hoping that the ghost of the Duke was gone aboard that ship, towards elsewhere.
Silence, finally.



L’inferno vomitava fantasmi, quella notte.
Ombre pallide di ricordi deformate dal tempo. Sogni infranti col crepitio di ossa spezzate. Speranze annegate sotto una pioggia color porpora che, senza sosta, bagnava i suoi incubi.
E poi vapore, e riflessi d’ottone e un rumore meccanico e incessante a ferire le orecchie. Clang clangclang, fino a riempire il cervello e scendere giù, in gola, per fondersi poi col battito del cuore.
Gli parve che esplodesse, quel povero cuore costretto da pareti di ferro, che scoppiasse in una lama di fuoco. Henry riuscì a guardarsi attorno. La foresta avvampò di una vivida luce rossa e si mostrò in tutto il suo orrore. Alberi, scheletri di centinaia di alberi incombevano su di lui come per schiacciarlo. Rami rinsecchiti si levavano a graffiare la notte e, quando la luce si estinse, sulle estremità deformi indugiò un filo azzurro pallido che sfumava in un alone dorato, fino a spegnersi tra le ombre.
Ci fu un rumore, un suono fatto di tutti i suoni del mondo, quasi un ruggito accompagnato da scricchiolii e gemiti. Uno strano intrico di luci solcò il cielo e un veliero sorse dai fianchi di un’altura, in un poderoso volo che oscurò di nuovo la foresta.
Henry era nel sogno, sentiva i rumori, il puzzo di grasso e vapore, il sapore metallico del sangue stillato dalle tenebre che colava sul viso, finendogli in bocca. Eppure aveva l’impressione di essere al di fuori di tutto ciò, spettatore prigioniero di un orrore che divampava nella sua stessa anima.
Poco a poco la pioggia si placò. La nave si allontanò, un confortevole silenzio abbracciò gli alberi e una luce pallida, tra il verde e l’oro, riempì il cielo.
Fu allora che la vide. Veniva avanti fra i tronchi, sotto la cupola di rami curvi e sottili che le oscuravano il volto; persino il suono dei suoi passi spariva nella densità delle ombre.
Pochi battiti del cuore e una piccola aurora avvolse la donna. Un istante prima di precipitare in un pozzo senza fine, Henry riuscì a scorgere occhi grigi e riccioli bruni in un volto sconosciuto eppure familiare, poi lei scomparve in un raggio di metallo fuso che vomitava fuoco e fiamme.
“Una macchia gialla in fuga tra la gente, una farfalla senza ali svanita in turbinio di colori...”.

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