«Sai perché mi scrivo sul braccio tutti i giorni quelle parole, “la felicità è una cosa che cade”? Per ricordarmi sempre che la maggior parte della bellezza del mondo se ne sta lì, nascosta lì: nelle cose che cadono, nelle cose che nessuno nota, nelle cose che tutti buttano via.»
Il suo nome esprime allegria, invece agli occhi degli altri Gioia non potrebbe essere più diversa. A diciassette anni, a scuola si sente come un’estranea per i suoi compagni. Perché lei non è come loro. Non le interessano le mode, l’appartenere a un gruppo, le feste. Ma ha una passione speciale che la rende felice: collezionare parole intraducibili di tutte le lingue del mondo, come cwtch, che in gallese indica non un semplice abbraccio, ma un abbraccio affettuoso che diventa un luogo sicuro. Gioia non ne hai mai parlato con nessuno. Nessuno potrebbe capire.
Fino a quando una notte, in fuga dall’ennesima lite dei genitori, incontra un ragazzo che dice di chiamarsi Lo. Nascosto dal cappuccio della felpa, gioca da solo a freccette in un bar chiuso. A mano a mano che i due chiacchierano, Gioia, per la prima volta, sente che qualcuno è in grado di comprendere il suo mondo. Per la prima volta non è sola. E quando i loro incontri diventano più attesi e intensi, l’amore scoppia senza preavviso. Senza che Gioia abbia il tempo di dare un nome a quella strana sensazione che prova.
Ma la felicità a volte può durare un solo attimo. Lo scompare, e Gioia non sa dove cercarlo. Perché Lo nasconde un segreto. Un segreto che solamente lei può scoprire. Solamente Gioia può capire gli indizi che lui ha lasciato. E per seguirli deve imparare che il verbo amare è una parola che racchiude mille e mille significati diversi.
Mi sono lasciata attrarre fin da subito dal titolo di questo
libro: “eppure cadiamo felici”, non so bene cosa sia stato, ma ho avuto come la
sensazione di stare per addentrarmi in una strada buia e dissestata ma con la
consapevolezza, al tempo stesso, che il tragitto mi sarebbe piaciuto. Come se ci
fossero sofferenza e speranza in egual misura. Non so se esista una parola
traducibile per questa mia espressione ma se proprio ne dovessi citare una
citerei la stessa che ha usato Gioia, e cioè “frisson”: brivido di paura,
piacere ed eccitazione.
Gioia è la protagonista di questo romanzo. Agli occhi degli
altri potrebbe sembrare una snob, la tipica ragazza strana da evitare, e questo
non l’aiuta in alcun modo ad omologarsi ai suoi coetanei, ma è proprio questo che
Gioia non desidera, perché farlo significherebbe indossare una maschera ed
essere quello che non è realmente. Ama collezionare parole intraducibili, se le annota
ogni qualvolta ne scopre qualcuna, perché queste parole in poche lettere
racchiudono una miriade di emozioni e significati che non possono essere
spiegati o tradotti. Vive con la costante paura di aprirsi ad un mondo che non
la capisce, e così facendo si chiude nella sua bolla di cristallo, estraniandosi
da tutti, tranne da quelle poche persone di cui sente di potersi fidare. Come Tonia:
la sua amica immaginaria, schietta e sincera. E il professor Bove, che la sprona
a porsi mille domande, a guardare le cose da diversi punti di vista, che la
consiglia e le rimane sempre accanto. Gioia è come un binocolo, che guarda il
mondo da lontano, da una prospettiva più alta rispetto agli altri e senza
avvicinarsi mai, e non perché si senta superiore, ma perché ha paura che quel
mondo non capisca lei.
”Il migliore dei mondi possibili è quello dove nessuno ha
bisogno di tradurre se stesso, per farsi capire dagli altri. O almeno questo è
quello che pensa Gioia.”
Finché una sera, esasperata dalla sua condizione famigliare,
fatta di due genitori assenti e persi nelle loro frustrazioni, Gioia esce di casa
senza una meta, arriva così alle porte di un bar chiuso e incontra Lo, anche
lui lì da solo con i suoi pensieri, e sarà proprio quel bar il protagonista dei
loro incontri segreti. Man mano che si conoscono i due ragazzi capiscono di
avere in comune molto di più di quello che credono, entrambi desiderosi di
evadere da una realtà opprimente, e insieme intraprendono questo cammino fatto
di sguardi, risate, prime carezze, e promesse silenziose. Per la prima volta
Gioia sente di essere felice, ma quanto può durare la felicità se il tuo mondo
improvvisamente crolla? Se quel motivo che ti stava riportando alla luce è lo stesso che ti riporta a sprofondare nel buio? Perché questo è quello che
succede: Lo all'improvviso scompare, portando con sè tutti i suoi segreti, e
Gioia ha tutto le intenzioni di ritrovarlo…
“A dirla tutta, da quando l’ha conosciuto, tutto è diventato attesa. Alzarsi al mattino lavarsi i denti vestirsi. Andare a scuola prendere la penna chiedere di andare in bagno. Tutte le cose che fino a un paio di mesi fa faceva per farle, adesso le fa perché sta aspettando lui. Adesso tutto è attesa, perché tutto sta in mezzo fra una volta che lo vedrà e un’altra.”
Non sarà semplice per me scrivere questa recensione, e mi piacerebbe usare un altro termine dal "DIZIONARIO DELLE PAROLE INTRADUCIBILI DI GIOIA SPADA" e cioè "nonplussed", che in inglese significa: "quando provi qualcosa di talmente forte e contrastante che non sei in grado di descriverlo a parole". Ecco io mi sento proprio così, perché questo è un romanzo che non si può descrivere, tanto è profondo e toccante. Ci racconta in un modo così chiaro e semplice quel momento in cui la vita sembra remarti contro, ma ci insegna anche che basta aggrapparsi a quelle piccole cose che ti rendono felice per riuscire a superare qualsiasi tipo di ostacolo. Perché molto spesso la bellezza sta proprio nelle piccole cose...
«Sai perché mi scrivo sul braccio tutti i giorni quelle parole, "la felicità è una cosa che cade"? Per ricordarmi sempre che la maggior parte della bellezza del mondo se ne sta lì, nascosta lì: nelle cose che cadono, nelle cose che nessuno nota, nelle cose che tutti buttano via.»
È impressionante come l'autore riesca in un modo tanto
semplice quanto profondo ad esporci un argomento così infido e complesso come
quello dell’adolescenza, tematica a parer mio fin troppo sottovalutata e
sminuita. Molto spesso le persone dimenticano come ci si sente in quel
particolare periodo: avere mille dubbi e insicurezze, sentirsi da soli contro
il mondo, la costante impressione che nessuno possa capirti, e purtroppo è
proprio questa la realtà dei fatti. Credo che tutti per un motivo o per un
altro possiamo, per alcuni aspetti, rispecchiarci in Gioia. Ho apprezzato in modo particolare lo stile di Enrico Galiano, che attraverso il dizionario delle parole
intraducibili, è riuscito a “tradurci” tutte le emozioni provate dai
protagonisti. La sua abilità nell'esporci con chiarezza e autenticità una tematica complessa ed intricata come si spiega ad un
bambino di sei anni quanto fa due più due è sorprendente. La Trama è coinvolgente e la scrittura
è chiara e limpida, sono rimasta piacevolmente sorpresa dal modo in cui l’autore,
attraverso un linguaggio diretto e senza troppe pretese, interagisce con il
lettore, rendendo la narrazione fluida e scorrevole. Questa
dolcissima storia d'amore è un altalena di emozioni, riesce ad alternare sorrisi e risate a momenti di malinconia, ti regala quelle sensazioni che solo un primo amore può darti, quello che ti fa
battere forte il cuore, che ti porta sulle vette più alte e poi dritto in
picchiata fino a sentire quel famoso vuoto nello stomaco. Questo è un genere di
libro che consiglierei a tutti, nessuno escluso, perché non è solamente una
storia d'amore, è molto di più, è una lezione di vita e sulla vita, sull'importanza
del dialogo e dell'ascolto. Sul coraggio di perdersi per poi ritrovarsi, ci insegna a non
aver paura di mostrarci per come siamo, a non essere diversi solo per essere
accettati. Ad essere prima di tutto noi stessi.
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