martedì 5 luglio 2016

Release Party : Le bugie nascoste di Alessandra Torre



Brant. A vent’anni era già miliardario. Siamo stati insieme per tre anni. Mi ha chiesto di sposarlo quattro volte. E quattro volte gli ho detto di no. Lee. Fa il giardiniere – quando non è occupato a farsi le studentesse. È bravo con le mani e con tutto il corpo... L’ho inseguito per quasi due anni... Avanti. Giudicatemi. Non avete idea di cosa comporti il mio amore. Se pensate di avere già sentito questa storia, vi sbagliate




Guardai l’appartamento di Molly nella villetta a schiera arancione in stile mediterraneo, con i fiori di ibisco fucsia nei vasi alle finestre. La jeep era parcheggiata lì davanti, una scatola infangata che sprigionava virilità americana in un mare di automobili straniere. Erano passati ventidue minuti da quando era entrato, le mani affondate nelle tasche dei jeans, la testa bassa, camminando disinvolto come se avesse percorso quel vialetto centinaia di volte.

Tamburellai le unghie laccate di rosa sulla leva del cambio.

Chiusi un attimo gli occhi e mi lasciai investire dal soffio dell’aria condizionata. Di lì a un’ora avevo prenotato un massaggio, perciò quella situazione doveva risolversi al più presto, altrimenti avrei mancato l’appuntamento con le mani di Roberta.

Ci fu un movimento nell’appartamento al piano di sopra, sul lato destro. Quello di Molly. Una porta si spalancò, la testa di Lee si mosse rapidamente lungo il ballatoio, seguita da un’altra, bionda, la cui proprietaria lo tirava per la camicia e faceva gesti indiavolati. Immaginai le frasi che stavano uscendo dalla sua bocca: “Lee, non te ne andare. Lee, non è come pensi!”.

Mi chiesi se pronunciasse anche la parola “amore”, se la loro relazione si fosse evoluta fino a quel punto.

Lui sparì nella tromba delle scale. Mi sporsi in avanti e rimpiansi di non avere qualcosa da sorseggiare mentre il mio duro lavoro dava i suoi frutti.

Doveva funzionare; doveva succedere. Lei non poteva averlo; era mio.

La testa avanzò tra le auto e, mentre si avvicinava alla jeep, scorsi la sua faccia. Aveva la mascella contratta, un’espressione dura, uno sguardo che non gli avevo mai visto prima ma che conoscevo bene. Risoluto. Determinato. Eccitata, strinsi i pugni guardando apparire il volto paonazzo di lei; con gli occhi sbarrati, muoveva rapidamente le labbra, il grosso seno che si sollevava mentre urlava qualcosa e lo afferrava per le spalle. Avrei voluto socchiudere il finestrino quel tanto che bastava per ascoltare il loro dialogo, per assaporare un po’ più a lungo quel momento.

“Va bene così. Girati e porta il tuo bel faccino lontano da quest’uomo. Lui non ti toccherà più. Non farà più l’amore con te. È mio. Prenderò io il tuo posto.”

Lo guardai salire in auto. Sbatté la portiera con tanta violenza che lei sobbalzò. Poi, insieme allo stridore delle gomme, il rumore più celestiale del mondo, ancora meglio che nelle mie fantasie , un atto finale che la lasciò impalata nel parcheggio vuoto, con le guance rigate di mascara, risuonò un urlo così forte da filtrare attraverso i miei vetri oscurati.

“Ho vinto io.” Sorrisi, dandomi un cinque virtuale, e accesi il motore della Mercedes. Tornai sulla strada e mi diressi a sud.

Forse dopo il massaggio avrei fatto un salto nell’ufficio del mio ragazzo. Gli avrei portato un panino. Avrei festeggiato la vittoria con l’altro uomo della mia vita.

Avanti. Giudicatemi. Non avete idea di cosa comporti il mio amore.

Amo due uomini. Scopo con due uomini.

Se pensate di avere già sentito questa storia, vi sbagliate.

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