venerdì 17 luglio 2015

ALL'INFERNO NON C'E' GLAMOUR di Lucy Sykes & Jo Piazza



Imogen Tate, stiletto vertiginoso e un alone di fascino che la avvolge come un tailleur di Chanel, può dire di avercela fatta: pupilla di Anna Wintour, è riuscita a posare la sua borsa Hermès sull'ambita scrivania di direttrice di Glossy, scintillante magazine che le mani laccate di tutta New York sfogliano avidamente ogni settimana.
Insomma, il mondo della moda la adora e non può fare a meno di lei. Almeno finché Im non va via per un anno sabbatico. Al ritorno, infatti, sulla sua scrivania trova un altro paio di tacchi a spillo: quelli di Eve Morton, la sua ex assistente. Che adesso, dopo un master nella Silicon Valley, è tornata nella redazione di Glossy a prendere il posto di comandante in capo, con in mano un'arma letale. La tecnologia. Eve è multicanale, "multisociale", twitta, whatsappa, posta su Instagram e Facebook... Come se non bastasse, ha licenziato metà dello staff e assunto ragazzine magrissime che vanno avanti a tofu e quinoa e lavorano 24/7.
Ma può un tweet sostituire la carta patinata? La classe non passa per Internet o, perlomeno, non solo: e quando una serie di catastrofi minaccia di mandare all'aria Glossy per sempre, Imogen e Eve dovranno unire le forze...

Leggendo la trama un lettore (o forse sarebbe meglio dire una lettrice) potrà pensare che sia una nuova versione de Il diavolo veste Prada. Ok, ci siete andati vicinissimo, perché questo è la versione tecnologica di quel libro diventato ormai famoso.
La storia inizia in quel lontano 1999... beh, lontano per voi perché io a quell'epoca avevo circa 12 anni, ma di moda ne sapevo praticamente niente (non che ora sia un'esperta in questo campo), a differenza della nostra Imogen Tate che assisteva alla sua prima sfilata da redattrice, dove i cellulari dovevano essere spenti o in modalità silenziosa. La sfilata era considerato un evento sacro.

Era Imogen Tate, una professionista affermata, la donna che aveva riportato in auge “Glossy” imprimendo alle vendite un'inversione di tendenza ritenuta impossibile dai più. Aveva vinto premi e conquistato una grande fetta del mercato pubblicitario.

Con un notevole salto temporale, ritroviamo Imogen Tate a capo di una delle più importanti riviste di tutta l'America, Glossy. Dopo quindici anni di gavetta, i suoi impegni sono stati notevolmente ripagati, diventando una delle persone più esperte in fatto di moda, la donna che tutte le ragazze che intraprendevano quella carriera volevano diventare. Eppure sono bastati sei mesi di malattia e lontananza dal suo mondo per ritrovarsi in qualche maniera spodestata. La tecnologia ha fatto dei passi da gigante, tanto che se nel 2015 non sai usare i maggiori social network, sei considerata vecchia e per questo facilmente rimpiazzabile. Avete capito benissimo, perché il rientro in ufficio fu per la nostra protagonista un vero e proprio trauma! Al suo posto si ritrovò faccia a faccia con la sua vecchia assistente, licenziatasi per proseguire gli studi ad Harvard, e tornare in quell'ufficio nei panni di direttore editoriale, e non solo, perché per abbattere tutti i costi gli alti vertici hanno dato carta bianca alla strega di turno, che in questo caso porta il nome di Eve Morton, per rivoluzionare totalmente l'azienda. Glossy, da rispettabile rivista di moda, diventa così un app, Glossy.com, in grado di stravolgere la vita non solo dei suoi lavoratori ma anche dei compratori. Come? Semplice, ogni singola persona con un reddito superiore ai 100 mila dollari è in grado di acquistare direttamente dal sito un capo di abbigliamento visto solo qualche ora prima a una sfilata di moda.
Eve a differenza di Imogen è superipertecnologica, usa Twitter, Instagram, Facebook, le mail al posto delle telefonate (pratiche e dirette a suo avviso), indice riunioni lampo, cerca di stringere rapporti amichevoli con la sua squadra, ma in realtà altro non è che una pazza sociopatica con cui nessuno vorrebbe averci a che fare, che costringe i suoi collaboratori a lavorare 24/24 ore e 7/7 giorni, tutte rigorosamente taglia 38, massimo 40. E ammetto di essere stata pienamente solidale con Imogen, al punto che mi sono dovuta trattenere per non lanciare il tablet contro un muro!


Non potete capire quanto una persona del genere, superficiale, spocchiosa, viziata, che pensa che tutto le sia dovuto, mi urti profondamente. Ma la forza di carattere della caporedattrice non ha eguali! Imogen al contrario ci mette un po' per reintegrarsi a lavoro, ma lo fa a testa alta, non vergognandosi di chiedere quando non conosce un concetto o un'app. La nuova assistente personale, Ashley, le crea un profilo Twitter e cerca di insegnarle le basi della tecnologia (parlo di social network, non di mail o roba simile). A differenza della vecchia assistente, Ashley si dimostra da subito disponibile nei suoi confronti, ma quando veneri tanto una persona come Imogen, viene naturale fare qualsiasi cosa lei chieda, e non perché lo faccia in maniera sgarbata o con tono duro e austero, perché lo chiede con gentilezza, premurandosi di aggiungere sempre un “grazie” o un “per cortesia” alla fine, lodando le qualità di una persona e aiutandola a crescere a livello professionale. Una sorta di Miranda Priestly (Il diavolo veste Prada), solo che in questo caso si tratta del suo esatto opposto, tanto che di lei dicono “Veste Prada ma è un angelo”.

In realtà lei non detestava tutta quella tecnologia. Solo non ci era abituata, e si sentiva sopraffatta dalla sua onnipresenza. Rimpiangeva i tempi in cui la gente si guardava negli occhi, invece che tenerli incollati a un display; quando, salendo su un ascensore o su un taxi, si scambiava un sorriso o magari quattro chiacchiere; quando i commensali non passavano la cena a scattare foto delle peonie a centrotavola per caricarle immediatamente su Instagram. A volte aveva l'impressione che i social media avessero preso il sopravvento sulla “socialità” vera e propria.

Non so se si è capito, ma ho amato questa donna, e tutt'ora penso che se esistesse veramente una Imogen Tate nella vita reale mi piacerebbe farle da assistente, per conoscere meglio quel campo e diventare a mia volta un nome che resterà nella storia. “Base chiama Roberta, rispondi per favore!”, è bello sognare, ma è ora di tornare con i piedi per terra!
Eve non manca di fare mobbing a tutti i livelli, con tutti i lavoratori e addirittura con il suo capo! Assume e licenzia a piacimento, prende decisioni importanti che dovrebbero spettare al caporedattore, ma non riesce a circuire i contatti più importanti di Imogen, come modelle diventate presentatrici televisive, stilisti e fotografi da urlo. Cerca di fare l'amica, ma il suo obiettivo è quello di distruggere il suo vecchio capo per prenderne il posto. Il suo unico problema è che i grandi artisti accettano inviti e incarichi importanti solo se dietro a tutto c'è il nome di Imogen Tate. Puoi avere tutta la tecnologia del mondo, ma se non riesci a conquistarti il rispetto delle persone che contano realmente in certi ambienti sei considerata una nullità. E Eve è proprio questo: una piccola parassita che crede di stare simpatica a tutti, ma che in realtà fa venire solo istinti omicidi.

Era il garbo la sua carta vincente, nonché una delle ragioni della longevità della sua fama. Tutte le sue interviste cominciavano con una variante sullo stesso tema: “Imogen Tate è una donna così perfetta che ci piacerebbe poterla odiare. Ma è impossibile: è troppo adorabile”. E perché non essere gentili, dopotutto? Non richiedeva più fatica che essere delle carogne.

Non è semplice parlare di un libro che snocciola con nonchalance nomi di grandi artisti, di modelle, delle riviste di moda più in voga, quindi il mio consiglio è quello di lasciarvi affascinare da questo mondo. Inizierete a leggere il libro e vorrete andare avanti per vedere chi la spunterà: la nuova generazione o la vecchia? Un libro che ti mostra un mondo che finora hai solo immaginato o visto in televisione, fatto di sfilate, giornalisti che sgomitano tra di loro per accaparrarsi l'esclusiva, fotografi e stilisti che vengono pagati profumatamente per abiti che vengono considerati pezzi unici della collezione. Ma è bello vedere come nascono e si consolidano certe amicizie, che vanno al di là di un conto in banca o di eventi mondani. E in tutto questo la più avanzata tecnologia che cerca di imporsi a 360°.
Ci tengo a concludere questa recensione con una piccola, ma vera perla di saggezza:

Lo stile è personale. Non ha nulla a che vedere con la moda. Le mode passano. Lo stile è per sempre.”


Lucy Sykes ha sempre lavorato nell’ambito della moda ed è stata fashion director per Marie Claire. È anche stilista, e le sue creazioni si possono trovare in negozi come Saks Fifth Avenue e Goodman. Si è trasferita a New York da Londra nel 1997.

Jo Piazza è managing editor di Yahoo Travel e scrive per Wall Street Journal, New York Times, New York Magazine, Glamour e Slate. Vive anche lei a New York.


2 commenti:

  1. Mi ispira tantissimo! Iniziando a leggerne la trama pensavo si trattasse dell'ennesimo romanzo sul filone 50 sfumature. Invece ne sono rimasta favorevolmente colpita! Mi piace l'ambientazione lavorativa in una redazione, ho adorato il diavolo veste prada quindi non vedo l'ora di tuffarmi in questa lettura anche solo per scoprire chi vincerà tra tecnologia e vecchia scuola! Grazie mille del consiglio! :)

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    1. Non ti nego che all'inizio ero un po' titubante, e ne sono rimasta piacevolmente sorpresa..pensa che l'ho divorato un due giorni circa..più leggevo e più ero curiosa di sapere come andava a finire. Quindi non mi resta che augurarti Buona lettura ^_^

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