Imogen
Tate, stiletto vertiginoso e un alone di fascino che la avvolge come
un tailleur di Chanel, può dire di avercela fatta: pupilla di Anna
Wintour, è riuscita a posare la sua borsa Hermès sull'ambita
scrivania di direttrice di Glossy, scintillante magazine che le mani
laccate di tutta New York sfogliano avidamente ogni settimana.
Insomma,
il mondo della moda la adora e non può fare a meno di lei. Almeno
finché Im non va via per un anno sabbatico. Al ritorno, infatti,
sulla sua scrivania trova un altro paio di tacchi a spillo: quelli di
Eve Morton, la sua ex assistente. Che adesso, dopo un master nella
Silicon Valley, è tornata nella redazione di Glossy a prendere il
posto di comandante in capo, con in mano un'arma letale. La
tecnologia. Eve è multicanale, "multisociale", twitta,
whatsappa, posta su Instagram e Facebook... Come se non bastasse, ha
licenziato metà dello staff e assunto ragazzine magrissime che vanno
avanti a tofu e quinoa e lavorano 24/7.
Ma
può un tweet sostituire la carta patinata? La classe non passa per
Internet o, perlomeno, non solo: e quando una serie di catastrofi
minaccia di mandare all'aria Glossy per sempre, Imogen e Eve dovranno
unire le forze...
Leggendo
la trama un lettore (o forse sarebbe meglio dire una lettrice) potrà
pensare che sia una nuova versione de Il diavolo veste Prada. Ok, ci
siete andati vicinissimo, perché questo è la versione tecnologica
di quel libro diventato ormai famoso.
La
storia inizia in quel lontano 1999... beh, lontano per voi perché io
a quell'epoca avevo circa 12 anni, ma di moda ne sapevo praticamente
niente (non che ora sia un'esperta in questo campo), a differenza
della nostra Imogen Tate che assisteva alla sua prima sfilata da
redattrice, dove i cellulari dovevano essere spenti o in modalità
silenziosa. La sfilata era considerato un evento sacro.
Era
Imogen Tate, una professionista affermata, la donna che aveva
riportato in auge “Glossy” imprimendo alle vendite un'inversione
di tendenza ritenuta impossibile dai più. Aveva vinto premi e
conquistato una grande fetta del mercato pubblicitario.
Con
un notevole salto temporale, ritroviamo Imogen Tate a capo di una
delle più importanti riviste di tutta l'America, Glossy. Dopo
quindici anni di gavetta, i suoi impegni sono stati notevolmente
ripagati, diventando una delle persone più esperte in fatto di moda,
la donna che tutte le ragazze che intraprendevano quella carriera
volevano diventare. Eppure sono bastati sei mesi di malattia e
lontananza dal suo mondo per ritrovarsi in qualche maniera
spodestata. La tecnologia ha fatto dei passi da gigante, tanto che se
nel 2015 non sai usare i maggiori social network, sei considerata
vecchia e per questo facilmente rimpiazzabile. Avete capito
benissimo, perché il rientro in ufficio fu per la nostra
protagonista un vero e proprio trauma! Al suo posto si ritrovò
faccia a faccia con la sua vecchia assistente, licenziatasi per
proseguire gli studi ad Harvard, e tornare in quell'ufficio nei panni
di direttore editoriale, e non solo, perché per abbattere tutti i
costi gli alti vertici hanno dato carta bianca alla strega di turno,
che in questo caso porta il nome di Eve Morton, per rivoluzionare
totalmente l'azienda. Glossy, da rispettabile rivista di moda,
diventa così un app, Glossy.com, in grado di stravolgere la vita non
solo dei suoi lavoratori ma anche dei compratori. Come? Semplice,
ogni singola persona con un reddito superiore ai 100 mila dollari è
in grado di acquistare direttamente dal sito un capo di abbigliamento
visto solo qualche ora prima a una sfilata di moda.
Eve
a differenza di Imogen è superipertecnologica, usa Twitter,
Instagram, Facebook, le mail al posto delle telefonate (pratiche e
dirette a suo avviso), indice riunioni lampo, cerca di stringere
rapporti amichevoli con la sua squadra, ma in realtà altro non è
che una pazza sociopatica con cui nessuno vorrebbe averci a che fare,
che costringe i suoi collaboratori a lavorare 24/24 ore e 7/7 giorni,
tutte rigorosamente taglia 38, massimo 40. E ammetto di essere stata
pienamente solidale con Imogen, al punto che mi sono dovuta
trattenere per non lanciare il tablet contro un muro!
Non
potete capire quanto una persona del genere, superficiale,
spocchiosa, viziata, che pensa che tutto le sia dovuto, mi urti
profondamente. Ma la forza di carattere della caporedattrice non ha
eguali! Imogen al contrario ci mette un po' per reintegrarsi a
lavoro, ma lo fa a testa alta, non vergognandosi di chiedere quando
non conosce un concetto o un'app. La nuova assistente personale,
Ashley, le crea un profilo Twitter e cerca di insegnarle le basi
della tecnologia (parlo di social network, non di mail o roba
simile). A differenza della vecchia assistente, Ashley si dimostra
da subito disponibile nei suoi confronti, ma quando veneri tanto una
persona come Imogen, viene naturale fare qualsiasi cosa lei chieda, e
non perché lo faccia in maniera sgarbata o con tono duro e austero,
perché lo chiede con gentilezza, premurandosi di aggiungere sempre
un “grazie” o un “per cortesia” alla fine, lodando le qualità
di una persona e aiutandola a crescere a livello professionale. Una
sorta di Miranda Priestly (Il diavolo veste Prada), solo che in
questo caso si tratta del suo esatto opposto, tanto che di lei dicono
“Veste
Prada ma è un angelo”.
In
realtà lei non detestava tutta quella tecnologia. Solo non ci era
abituata, e si sentiva sopraffatta dalla sua onnipresenza.
Rimpiangeva i tempi in cui la gente si guardava negli occhi, invece
che tenerli incollati a un display; quando, salendo su un ascensore o
su un taxi, si scambiava un sorriso o magari quattro chiacchiere;
quando i commensali non passavano la cena a scattare foto delle
peonie a centrotavola per caricarle immediatamente su Instagram. A
volte aveva l'impressione che i social media avessero preso il
sopravvento sulla “socialità” vera e propria.
Non
so se si è capito, ma ho amato questa donna, e tutt'ora penso che se
esistesse veramente una Imogen Tate nella vita reale mi piacerebbe
farle da assistente, per conoscere meglio quel campo e diventare a
mia volta un nome che resterà nella storia. “Base chiama Roberta,
rispondi per favore!”, è bello sognare, ma è ora di tornare con i
piedi per terra!
Eve
non manca di fare mobbing a tutti i livelli, con tutti i lavoratori e
addirittura con il suo capo! Assume e licenzia a piacimento, prende
decisioni importanti che dovrebbero spettare al caporedattore, ma non
riesce a circuire i contatti più importanti di Imogen, come modelle
diventate presentatrici televisive, stilisti e fotografi da urlo.
Cerca di fare l'amica, ma il suo obiettivo è quello di distruggere
il suo vecchio capo per prenderne il posto. Il suo unico problema è
che i grandi artisti accettano inviti e incarichi importanti solo se
dietro a tutto c'è il nome di Imogen Tate. Puoi avere tutta la
tecnologia del mondo, ma se non riesci a conquistarti il rispetto
delle persone che contano realmente in certi ambienti sei considerata
una nullità. E Eve è proprio questo: una piccola parassita che
crede di stare simpatica a tutti, ma che in realtà fa venire solo
istinti omicidi.
Era
il garbo la sua carta vincente, nonché una delle ragioni della
longevità della sua fama. Tutte le sue interviste cominciavano con
una variante sullo stesso tema: “Imogen Tate è una donna così
perfetta che ci piacerebbe poterla odiare. Ma è impossibile: è
troppo adorabile”. E perché non essere gentili, dopotutto? Non
richiedeva più fatica che essere delle carogne.
Non
è semplice parlare di un libro che snocciola con nonchalance nomi di
grandi artisti, di modelle, delle riviste di moda più in voga,
quindi il mio consiglio è quello di lasciarvi affascinare da questo
mondo. Inizierete a leggere il libro e vorrete andare avanti per
vedere chi la spunterà: la nuova generazione o la vecchia? Un libro
che ti mostra un mondo che finora hai solo immaginato o visto in
televisione, fatto di sfilate, giornalisti che sgomitano tra di loro
per accaparrarsi l'esclusiva, fotografi e stilisti che vengono pagati
profumatamente per abiti che vengono considerati pezzi unici della
collezione. Ma è bello vedere come nascono e si consolidano certe
amicizie, che vanno al di là di un conto in banca o di eventi
mondani. E in tutto questo la più avanzata tecnologia che cerca di
imporsi a 360°.
Ci
tengo a concludere questa recensione con una piccola, ma vera perla
di saggezza:
“Lo
stile è personale. Non ha nulla a che vedere con la moda. Le mode
passano. Lo stile è per sempre.”
Lucy
Sykes ha
sempre lavorato nell’ambito della moda ed è stata fashion director
per Marie
Claire.
È anche stilista, e le sue creazioni si possono trovare in negozi
come Saks Fifth Avenue e Goodman. Si è trasferita a New York da
Londra nel 1997.
Jo
Piazza è
managing editor di Yahoo Travel e scrive per Wall
Street Journal,
New
York Times, New York Magazine,
Glamour
e
Slate.
Vive anche lei a New York.
Mi ispira tantissimo! Iniziando a leggerne la trama pensavo si trattasse dell'ennesimo romanzo sul filone 50 sfumature. Invece ne sono rimasta favorevolmente colpita! Mi piace l'ambientazione lavorativa in una redazione, ho adorato il diavolo veste prada quindi non vedo l'ora di tuffarmi in questa lettura anche solo per scoprire chi vincerà tra tecnologia e vecchia scuola! Grazie mille del consiglio! :)
RispondiEliminaNon ti nego che all'inizio ero un po' titubante, e ne sono rimasta piacevolmente sorpresa..pensa che l'ho divorato un due giorni circa..più leggevo e più ero curiosa di sapere come andava a finire. Quindi non mi resta che augurarti Buona lettura ^_^
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