Mark Gattison ha evitato, per tutta la sua vita da adulto, l’amore e il concetto di impegno. Non è mai stato interessato a niente più che alle avventure di una notte o a brevi incontri nelle cabine dei bagni, ed è il perfetto esempio di uno che sa come divertirsi.
Will Parkinson è il ragazzo che lo difende, che lo tollera, e colui che Mark definisce il suo migliore amico. Quando Will diventa instabile e un po’ distante, Mark si impegna per trovargli un fidanzato. Non avendo familiarità con il concetto, pensa che Will abbia bisogno di qualcuno che lo renda felice. Ciò che Mark non sa è che sta per essere preso alla sprovvista. Sta per essere mandato KO dalla cosa che ha avuto sotto gli occhi per tutto il tempo.
Mark, il nostro protagonista, l’avevamo già conosciuto nei due libri precedenti della serie dove appariva come personaggio secondario essendo il migliore amico di Carter. Sinceramente, forse, sarebbe stato meglio se fosse rimasto il complice amico festoso ed egocentrico sullo sfondo.
Per carità, N.R. Walker è riuscita a creare una storia leggera e scorrevole, ma per quasi tutto il libro Mark sarebbe da prendere a schiaffi. È assolutamente ignorante sull'amore, non lo riconosce nemmeno quando ne viene travolto come da un treno in corsa, arriva a pensare di essere malato e stare per morire!
Il suo egocentrismo, la sua leggerezza, la sua incapacità di impegnarsi sono portate all'estremo creando un personaggio al limite del paradosso.
Forse Carter era troppo romantico e sdolcinato per essere vero, ma Mark pende troppo dall'altra parte. Will, dal canto suo, non è che si impegni più di tanto nel cercare di aprirgli gli occhi, sembra rassegnato quasi fin da subito ad essere solamente un amico. Solo la sua pazienza, paragonabile a quella di Giobbe, e una gran dose di masochismo lo aiutano nell'ardua impresa di rimanere accanto ad un tipo come Mark.
Per chi li osserva dal di fuori appaiono come una coppia: si capiscono al volo, uno finisce la frase dll'altro e conoscono benissimo i rispettivi gusti, quindi quanto sarà mai difficile saltare il fosso e passare dall'amicizia all'amore? Un’impresa titanica a quanto pare se in ballo c’è un tipo volubile e allergico agli impegni come Mark.
Se Dio vuole, però, l’epilogo rappresenta la degna conclusione per un libro in perfetto stile N.R. Walker dove comunque il romanticismo è più importante del sesso e dove scene che strappano un *awww* non possono mancare.
"Mark, so che è una cosa in cui non sei molto esperto, ma pensi che ci sia una possibilità che anche tu sia innamorato di lui?"
Fissai lui, poi Isaac, poi di nuovo Carter. Scossi di nuovo la testa. "No, lui è il mio migliore amico. Voglio dire, io lo amo come un migliore amico."
"Lo so," continuò Carter. "E faresti qualsiasi cosa per lui."
"Certo," concordai.
"E ti senti male al pensiero di perderlo e il tuo cuore sembra fatto di piombo e non riesci a respirare e vuoi solo vederlo ancora una volta per dirgli qualcosa, qualsiasi cosa, per convincerlo a rimanere."
Annuii e deglutii con difficoltà. "Sì."
"Mark," disse Carter, mettendomi la mano sul lato della faccia. "Lo ami."
"Penso di provare questi sentimenti," gli dissi di nuovo. Mi tirai i capelli. "Penso possa essere amore. Non ne sono sicuro, a essere onesto. Non sono mai stato innamorato prima, quindi per me è difficile dire se è amore o l’influenza o qualche altra cosa che mi fa star male e non mi fa respirare."
Proprio quando pensavo che tutto fosse dannatamente perfetto, Will affermò: "Mark, non penso che dovremmo fare sesso."
Mi raddrizzai lentamente e lo guardai. "Beh, l’hai buttata lì un po’ così, ma va bene… se è questo che vuoi."
Stavolta fu lui ad arrossire. "Voglio dire, voglio fare sesso con te, lo voglio davvero, ma penso che dovremmo aspettare," chiarì.
"Oh."
"Penso solo che non dovremmo avere fretta," disse velocemente. "Penso che se cominciassimo a fare sesso, non ci fermeremmo più e voglio che parliamo, prima. Penso che dobbiamo parlare e so che può sembrare sdolcinato e stronzate del genere, ma non voglio rovinare tutto solo perché siamo andati a letto insieme troppo in fretta."
Mi avvicinai e gli posai un bacio dritto sulle labbra. "Ora sei tu che sproloqui," lo informai. "E per me va bene. Qualsiasi cosa tu voglia, Will. In realtà penso sia una buona idea, perché sono sicuro che tu abbia ragione riguardo al sesso."
Non avevo mai pensato di essere il tipo che piange ai matrimoni. E non lo feci, di per sé. Doveva essere stata l’allergia o qualcosa di simile. Chi diavolo fa un matrimonio all'aperto in primavera? Insomma, su.
"Stai bene?" domandò Will piano.
Annuii e ricacciai indietro le lacrime. "Sto bene. Dannate allergie."
Annuì con aria d’intesa e mi accarezzò la schiena.
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