2083. Roma, quartier generale dei Pyrox. Delle strane sparizioni stanno mettendo in serio pericolo l’equilibrio che Adam, il signore delle ombre, è riuscito con fatica a creare insieme alla sua squadra di agenti speciali. La città sembra essere divenuta la preda di una nuova organizzazione criminale e a nulla serve l’intervento delle più alte cariche celesti per sventare un attacco che rischia di sfociare in disastro. Per gli uomini, certo, ma anche per gli ibridi, i demoni e le streghe.
Il ritorno di un passato che si pensava essere stato confinato è prossimo, e la battaglia è alle porte. Il futuro non è mai stato così incerto e l’oscurità non è mai stata così vicina.
Eppure, in questa guerra, non tutto è scontato, non tutto è quello che sembra. Luce e tenebra, bene e male… Non c’è luce senza oscurità e, forse, non c’è oscurità senza luce.
Adam entrò nella sua stanza, si chiuse la porta alle
spalle e solo allora si lasciò andare. Scivolò a terra, poggiandovi le mani, e
iniziò a respirare più velocemente nel vano tentativo di tenere a bada le sue
emozioni. Il dolore, che negli ultimi sessant'anni aveva tenuto a bada
soffocandolo e relegandolo nel profondo della sua anima, si era liberato
sommergendolo.
Aveva cercato in tutti i modi di dimenticare la sua
dolce e piccola Livvy, il profumo dei suoi capelli, la luce dei suoi occhi, il
sapore delle sue labbra.
Iniziò a colpire il pavimento con il pugno, cercando
di soffocare un dolore con un altro più intenso. Tutte le barriere, create nel
corso degli anni con tanta fatica, erano scomparse. Il rimorso e il senso di
colpa gli piombarono addosso, proprio come se fossero passate solo poche ore da
quando era stato costretto a togliere la vita alla donna che amava.
Aveva creduto di riuscire a gestire i suoi
sentimenti, di poterla guardare con occhi diversi, distaccati, freddi. Ma era
stata solo un'altra enorme bugia. Non appena l'aveva vista, era stato come la
prima volta: tutto si era risvegliato in lui, il suo cuore aveva saltato i
battiti e c'era voluta tutta la sua volontà per non mostrarsi e mandare tutto
all'aria.
«Adam…» Misha indicò la figura femminile ferma al
centro del corridoio e si preparò, sollevando le mani in segno di difesa; la
ragazza indossava un vestito dalle spalline sottili, lungo fino al ginocchio, e
le braccia erano nude. Non indossava gioielli, ma l'attenzione di entrambi era
tutta per il pugnale che aveva in mano. Misha fece un passo in avanti,
lentamente. «Non vogliamo farti del male… Butta a terra il coltello e non
succederà nulla.»
«Misha, non penso possa sentirti, guarda i suoi
occhi» disse Adam facendogli notare lo sguardo vacuo.
Serena dondolò sulla punta dei piedi, oscillando
avanti e dietro; il sorriso le illuminava il viso, mentre i capelli corvini le
ricadevano sulle guance coprendo una buona parte del volto.
«Sono al servizio del mio signore e voi non siete
graditi: dovete andarvene» recitò Serena senza alcuna inflessione nella voce.
«Vorremo parlare al tuo signore, in effetti. Portaci
da lui.» Misha sperò che le sue parole potessero trattenerla dal fare un gesto
inconsulto.
«Lui non vuole vedervi» ripeté ancora lei facendo un
passo verso di loro.
Adam mandò i filamenti d'ombra in avanti e piccoli
serpenti oscuri scivolarono lungo il
pavimento e i muri.
«Non
fare nulla di
stupido» la blandì «possiamo parlarne…»
Ma Serena non attese oltre e, senza battere ciglio,
si trapassò lo stomaco con il pugnale, emettendo un verso strozzato mentre il
sangue si allargava sul vestito.
I filamenti d'ombra si avvolsero intorno al suo
corpo, sostenendola, e permisero a Adam di avvicinarsi e prenderla tra le
braccia, facendola distendere a terra e cercando di tamponare la fuoriuscita di
sangue.
«Perché l'hai fatto?»
«T… tempo» sussurrò la ragazza guardandolo dritto
negli occhi e afferrandogli la mano.
«Fidati, non vuoi veramente saperlo» replicò
sorniona Bea, poi sorrise e riprese a mangiare i frutti di mare.
«Aggiungo alcune condizioni anche io, però.»
«Sentiamo» lo invitò la strega mentre prendeva il
contenitore della salsina e iniziava a raccogliere il residuo con un dito.
Rogue la osservà portarsi l’indice alla bocca e per un attimo perse il filo dei
suoi pensieri e si scoprì a immaginare cosa sarebbe successo se invece del dito
le avesse messo in bocca qualcos’altro.
«Primo, voglio sapere per chi lavori e cosa intendi
prendere dal caveau. Se devo rischiare le palle, voglio almeno sapere perché.
Secondo, voglio che tu mi aiuti a recuperare degli oggetti dal mio appartamento
prima di inscenare la mia morte. Terzo, dopo aver mangiato ho intenzione di
scoparti in tutti i modi che mi verranno in mente. Ecco, queste sono le mie
condizioni.»
Bea scoppiò a ridere in modo così spontaneo che per
poco Rogue non fece altrettanto, ma si fermò in tempo e rimase fermo con il suo
cipiglio serio a fissarla. «Sei veramente sicuro di quello che vuoi?»
«Sì è nessuna di queste condizioni è contrattabile»
replicò pensando si riferisse alla terza condizione.
«Come vuoi. Chi è causa del suo mal pianga se
stesso. Almeno è quello che dicono gli umani. In ogni caso, per la seconda
condizione non c’è problema, la terza era inutile anche menzionarla, dato che
sappiamo entrambi come sarebbe finita la serata, ma... Eh, la prima ti metterà
in serio pericolo.»
«Sono cazzi miei» berciò lui, infastidito.
«Rispondi.»
Aveva pensato che chiedendole di scopare l’avrebbe
messa in difficoltà, e invece la strega lo aveva preso in contropiede. Poco
male, si sarebbe rimesso in fretta: da quando lei aveva iniziato a mangiare i
frutti di mare, a lui era diventato così duro da non riuscire più a pensare in
maniera lucida.
«Sono una pyrox.»
La notizia ebbe lo stesso effetto di una bomba.
Rogue si alzò di scatto, allontanandosi dalla tavola; le forze che aveva erano
veramente esigue, ma non intendeva arrendersi.
«Smettila, se volevo ucciderti non mi sarei presa la
briga di salvarti» lo redarguì lei, asciutta. «Siediti e mangia, non vorrei che
dopo sul più bello ti smontassi perché hai un calo di zuccheri. Sarebbe
imbarazzante…» insinuò. Sorrise, allungò una mano e prese una mela rossa dal
centrotavola, iniziando a sbucciarla con l ausilio di un’unghia.
Nessun commento:
Posta un commento