Claudio è un giovane docente italiano che vive a Parigi, città che non ama, per stare vicino a Javier, il suo compagno. Un giorno, però, perde la memoria e si ritrova spaesato in un presente che non riconosce.
Una sera, stanco della sensazione d’ansia che lo attanaglia ormai da un mese, si rifugia in un bar. Quando Javier lo trova, percepisce il suo profondo dolore e decide di portarlo in giro per la città, raccontandogli momenti diversi della loro storia. Come un pittore che, dipingendo la tela, svela l’oggetto del dipinto pennellata dopo pennellata, anche Javier rivela la loro vita, tappa dopo tappa, mostrando a Caludio i momenti belli e anche quelli più dolorosi.
Durante quella notte magica, passeggiando per Parigi, Claudio riscopre il suo uomo, spogliandolo di tutta la diffidenza che fino ad allora lo aveva avvolto.
Cinquantasette pagine intrise d’amore e nostalgia, questo è ciò che riassume questo racconto. Mi ha avvinta fin da subito, non mi sono fermata finché non ho letto la parola “fine”. Il personaggio di Claudio, spaesato e pieno d’ansia e paura verso il futuro a causa di un passato che non ricorda, ispira da subito tenerezza, ma è Javier che mi ha conquistata, su tutta la linea. Perdere la memoria e non sapere più nulla della propria vita, svegliarsi a trentacinque anni e non avere nemmeno un ricordo di chi si è, deve essere tremendo. Molto più difficile, secondo me, è ricordare ogni cosa, ogni stupendo dettaglio di quindici anni d’amore, il primo bacio, la prima volta, la proposta di matrimonio.. e leggere l’indifferenza negli occhi della persona amata. Svegliarsi un giorno per andare al lavoro e poi scoprire che la metà della tua anima non ti riconosce più, che ti teme, che ti reputa un estraneo. Io non me lo riesco ad immaginare. Javier invece persiste, con dignità ed affetto, ad assistere Claudio. Non si sa se recupererà mai i ricordi, ma lo porta a casa e lo culla di notte quando si sveglia urlando per incubi sconosciuti.
La sera in cui la misura è colma, Javier porta Claudio in giro per Parigi in un tour della loro vita, raccontando come se fosse una favola non solo la loro attrazione e l’amore che avevano condiviso, ma anche aneddoti su amici e famiglia.
“E la mia famiglia? Che tipi sono i miei genitori?”“Lasciamo perdere. Se in tutto questo mese non li hai mai sentiti ci sarà un motivo”“Quindi siamo noi due solitari senza famiglia, giusto?”Javier si sciolse dall’abbraccio, lasciandosi scivolare stancamente le braccia lungo il corpo e, con tono di voce di chi non sa più se riuscirà a lottare in una guerra persa, disse: “Eravamo noi la nostra famiglia”
Più volte Javier viene comparato ad un soldato che lotta in una battaglia che non si sa se lo vedrà vincitore, ma la descrizione che lo calza maggiormente è quella fornita da Claudio:
Se un pittore del Rinascimento avesse mai ritratto un angelo stremato, avrebbe sicuramente scelto di dargli il volto di Javier. L’uomo sembrava portarsi dentro la stanchezza di una vita, di una battaglia che sapeva di non poter vincere, ma che continuava a combattere perché, dentro di lui, quel combattimento aveva un valore. A quell’Angelo Stremato non importava il risultato, lui credeva in quella lotta e non vi avrebbe rinunciato. Claudio pensò di riconoscervi la stanchezza infinita di chi ama e sa di non essere più ricambiato.
Non sono tutte rose e fiori nel loro passato, hanno lottato per il loro amore, per stare insieme, per il loro lieto fine. Questo è ciò che rende più umano il racconto. Nella vita non sono tutti arcobaleni e unicorni, l’amore a volte non basta per andare avanti. Javier ha il coraggio dei suoi sentimenti e svela tutto a Claudio, felicità e dolore perché la verità è l’amara medicina che tutti dobbiamo prendere.
Questa volta era Javier ad aver bisogno di essere scaldato. Se una persona avverte il freddo provenire dall’esterno può sempre coprirsi, ma se il freddo proviene dall’anima, solo un abbraccio la può scaldare.
L’epilogo è tutt’altro che scontato, una sola notte non può colmare un buco di una vita, ma se ne vale la pena, persistere non è affatto diabolico.
Velia
Rizzoli Benfenati, che si definisce “più bolognese della mortadella
di
cui conserva colore e forma”, deve lo pseudonimo ai nonni e vive sulla
Linea
Gotica.
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Ama
la letteratura, l’arte, i viaggi, ma soprattutto il teatro ovvero tutto ciò
che
aiuta a cambiare punto di vista.
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Talvolta
ghostwriter per gli amici, scrive perché nella sua testa ci sono
troppe
emozioni che le chiedono di uscire e non riesce a tenerle solo per sé.
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Potete
trovare il suo spirito tra le canzoni di Dalla e Guccini oppure sulsuo blog:
http://veliaergoest.blogspot.com
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Sembra carino e... vorrei anch'io il cappuccino come quello della copertina XD Anche se di solito non mi attira tanto l'ambientazione nella Francia ai giorni nostri, potrei provare lo stesso a leggere questo libro :)
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