Assaporai
da lui il gusto tiepido del bourbon, la nota fruttata che improvvisamente
diventava piccante in modo quasi fastidioso. Doloroso. Come era lui. Non mi
fece finire, conservò un po’ di quel liquido compatto all’interno del bicchiere
e vi inzuppò il pollice. Con una naturalezza surreale accarezzò le mie labbra
dipingendole con quella patina dolciastra, bollente e gelata allo stesso tempo.
Le
mie ciglia sfarfallarono ad accogliere lo stordimento che stavo provando.
Distolsi la bocca, scostandomi. Non volevo più essere una vittima dei suoi
giochetti, non potevo più continuare a vivere in trance, soggiogata dalle sue
arti magiche. Dovevo svegliarmi da quel maledetto incantesimo. Afferrai il suo
polso e lo fermai. «Non siamo qui per giocare, James.»
Non
è un gioco per cui siamo tagliati, eppure ci siamo trovati proprio in mezzo.
Questo perché non ho dato ascolto al mio capo e amante, James La Salle,
l’artista che mi aveva dipinta senza veli, ridonandomi anima e cuore,
soffiandomi addosso il suo alito di vita. Il padrone da cui talvolta io e il
mio amico Robin fuggivamo, per poi ritrovarci inevitabilmente e disperatamente
soggiogati dalle sue parole, dalle sue mani, dalle sue perversioni.
Ma
gli uragani non sono fatti solo di acqua e vento, talvolta sono fatti di
persone, la cui unica ragione di vita è farti del male, buttarti sotto un’onda
e affogarti. D’altronde, per raggiungere i prati cangianti del Paradiso bisogna
passare dalle rovine dell’Inferno. Per godere della luce bisogna aver vissuto
al buio. E io del buio mi ero cibata per tutta la vita.
Attraverso
i paesaggi rurali della Louisiana più afosa, le acque più torbide del
Mississippi e le barocche contraddizioni della peccaminosa New Orleans, il
viaggio degli artisti bohémien James e Robin e della loro giovane musa
Charlotte, con quest’ultima novella giunge finalmente al termine.
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