TITOLO: Travolta dal tuo amore
AUTORE: J. C. Reed
SERIE: Surrender your love #2
EDITORE: Leggereditore
PAGINE: 368
PUBBLICAZIONE: 14 luglio 2016
Aver incontrato Jett Mayfild, alla fine dei conti, non è stato proprio un colpo di fortuna per Brooke Stewart, brillante agente immobiliare di New York. Jett ha bellissimi occhi verdi, è sexy come il peccato ed è un dio tra le lenzuola, ma è anche piuttosto imprevedibile, uno di quei tipi che in amore giocano sporco e che è meglio evitare se si vuole stare lontano dai guai. Con il cuore spezzato per essere stata tradita da Jett, Brooke giura a sé stessa che è arrivato il momento di guardare avanti e di buttarsi il passato alle spalle. Questa nuova consapevolezza si scioglie però come neve al sole nel momento in cui Jett ritorna da lei per una seconda chance. Ma qualcosa è cambiato: c’è un segreto tra loro, qualcosa di insoluto che appartiene al loro passato e che rischia di far saltare il tavolo a cui Brooke aveva deciso di nuovo di giocare, stavolta con le sue regole. Perché non ha nessuna intenzione di perdonarlo, ancor meno di farlo finire di nuovo nel suo letto. Potrà tornare a fidarsi di un uomo che detesta ma da cui non può fare a meno di essere attratta?
Sensualità, complicità e un pizzico di suspense per una storia che ci conquista con la profondità dei suoi personaggi e la perfezione della sua trama.
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Jett
La Mayfield Realities si trovava al sessantesimo piano della Trump Tower, nel florido quartiere commerciale di New York. Poco dopo le otto del mattino, Jett Mayfield era seduto nel suo ufficio, che si affacciava sull'affollata strada sottostante. Le persone e i taxi gialli sembravano formiche in movimento incessante: sempre sin fretta, sempre in tensione. Come la città, anche Jett un tempo era stato pieno di vita. O, perlomeno, dell'interpretazione della vita che aveva in precedenza: vivi intensamente, e lavora ancora più intensamente. Finchè non aveva incontrato lei. C'era qualcosa in Brooke Stewart che lo aveva cambiato dentro. E non si trattava dei suoi meravigliosi occhi nocciola, né del modo in cui si muoveva, sicura e sulle sue allo stesso tempo. L'aveva colpito ad un livello più profondo, sfiorando punti dentro di lui che nessuno aveva mai toccato prima. Tuttavia, le sue intenzioni iniziali, nei confronti della giovane donna, erano state ben diverse. Aveva pianificato di farla innamorare di lui, non con le parole, ma attraverso le azioni e il sesso, soprattutto il secondo, perché voleva qualcosa che lei possedeva. Non per sé, ma per l'uomo e per la compagnia a cui doveva tutto. Gli eventi, tuttavia, avevano preso una piega del tutto inaspettata. Quando aveva capito le sue vere intenzioni, lei era scomparsa. Un'ombra del passato: svanita, ma mai dimenticata. Nell'ultima ora, il giovane non aveva fatto altro che fissare il cellulare, pieno di rabbia e frustrazione. E dolore, che non faceva che causargli altra rabbia. Quanto era stata stupida Brooke a fuggire senza ascoltarlo. Quanto era stata stupida a spegnere il telefono, impedendogli di contattarla. E per quante volte l'avesse chiamata, e per quanti messaggi le avesse lasciato, Jett sapeva istintivamente di non essere riuscito a raggiungerla, perché se avesse almeno letto quei messaggi, lei avrebbe capito quanto stesse soffrendo. Avrebbe sentito quanto fosse importante per lui che ascoltasse ciò che aveva da dirle. Non si trattava dei suoi sentimenti. Al diavolo quelli. C'era un'altra cosa che doveva dirle; qualcosa che non lo faceva dormire di notte, preoccupato per lei, per loro, per tutto ciò in cui lui credeva. E se i suoi sospetti erano veri, avevano bisogno l'uno dell'altra almeno quanto dell'ara che respiravano.
«Mr Mayfield... Jett? » Emma fece capolino dalla porta, distogliendolo da quei pensieri. La guardò, accigliandosi. Non era da lui comportarsi in modo poco gentile, ma quella ragazza era una receptionist temporaneamente promossa a sua assistente personale, finché non avesse trovato una persona più qualificata per quel ruolo. La giovane donna non era ancora abituata alle sue preferenze, che comprendevano il fatto di non disturbarlo quando non voleva essere disturbato. Con gli occhi spalancati come quelli di una cerbiatta colta dai fari di una macchina, la ragazza restò immobile, senza dare segni di voler parlare e levarsi di nuovo di torno, lasciandolo all'oscurità dei suoi pensieri e all'inconsueto dolore al petto che lo opprimeva. Sospirò, impaziente. «Cosa c'è? » Emma sembrò ricordare di colpo come si faceva a parlare, ma gli occhi le restarono spalancati, evidenziando la sua insicurezza. A Jett stava bene così. Anche i suoi impiegati lo ritenevano un bastardo senza cuore, almeno lavoravano sodo per compiacerlo.
«C'è una persona che vuole vederla. Gli ho detto che adesso è impegnato e di prendere un appuntamento, ma non vuole andarsene. E' qui già da mezz'ora. » L'assistente gli aveva mitragliato addosso quelle parole ad una velocità tale da fargli capre soltanto che c'era qualcuno che voleva vederlo, quando in realtà lui aveva reso ben chiaro di non essere disponibile.
«Digli che sono occupato. »
«Ha detto che è molto importante. »
Lo dicevano sempre tutti. «Allora digli che sei venuta da me e che ti ho slegato specificatamente che sono occupato. » Gli occhi di Emma si sgranarono ancor di più, se possibile. Lo guardò, terrorizzata. Era chiaro che voleva tenersi il posto di lavoro, ma quel visitatore sembrava spaventarla più dell'idea di infastidire Jett. A quel punto, lui aveva due opzioni: mandare via la ragazza, rischiando che tornasse poco dopo, interrompendo di nuovo i cuoi pensieri ossessivi su Brooke, oppure affrontare la persona che lo stava cercando. Alla fine, decise che la seconda opzione poteva essere un po' meno fastidiosa.
«Fallo entrare. »
L'espressione di Emma si rilassò all'istante, e la ragazza schizzò via dall'ufficio. Infastidito, Jett tornò a sedersi alla scrivania e prese a a massaggiarsi le tempie per cercare di liberarsi del principio di mal di testa che gliele faceva pulsare. Se avesse saputo dove si nascondeva Brooke, non avrebbe dovuto affrontare tutto quello schifo, e tutto e tutti se ne sarebbero potuti semplicemente andare al diavolo. Ma, per come stavano le cose, doveva mantenere una facciata di normalità, prima che la faccenda potesse esplodergli tra le mani.
«Jett, amico mio. » La voce familiare proveniente dalla porta riportò il giovane alla realtà. Portò l'attenzione sul vecchio amico, e una parte della tensione che provava lo lasciò. Come sempre, Kenny era riuscito a schivare ogni possibile dress code, e sembrava sul punto di entrare in qualche locale - o prigione- piuttosto che nell'ufficio dell'asso del mercato immobiliare dell'anno. Jeans strppati, una t-shirt a maniche corte nera, braccia tatuate e un piercing al sopracciglio. Del resto, quello era stato anche lo stile di Jett, a parte il piercing, per molti anni, prima di pesare dallo stile di vita di Kenny al lavoro di suo padre. Aveva ancora tatuaggi e vecchie cicatrici sbiadite a dimostrarlo. Jett chiuse la porta, notando le occhiate incuriosite degli impiegati che osservavano sia lui che Kenny. Probabilmente si chiedevano cosa ci facesse quell'uomo negli uffici di una delle più famose e potenti compagnie del mercato immobiliare, e come potesse essere ricevuto nientemeno che dal loro amministratore. Quelle persone, del resto, non conoscevano il vero Jett. Se così fosse stato, sarebbero scappati a gambe levate. Ma non Brooke. Lei aveva intuito il suo lato oscuro, e tuttavia l'aveva amato.
«Hai detto che volevi parlare e che era urgente» esordì Kenny non appena Jett chiuse anche le tendine della finestra interna dell'ufficio, mettendoli al riparo da sguardi indiscreti. «Non ho mai detto che doveva succedere qui.»
Kenny si strinse nelle spalle e si lasciò cadere sulla sedia di Jett, appoggiando i piedi sulla lucida scrivania di quercia, ignorando del tutto le poltrone di cuoio mattone sistemato vicino alla porta e fatte apposta per simili occasioni. Jett strinse gli occhi, non commentò. «Ho pensato che avessi bisogno di me, e che sapessi quello che stavi facendo» continuó Kenny. «Avresti dovuto specificare un luogo d'incontro. Non è colpa mia se non sei abbastanza cauto, amico mio. »
Dannazione. Aveva ragione, ovviamente, ma quella consapevolezza non impedì a Jett di infuriarsi. Per nascondere l'irritazione, versò del whisky doppio malto in due bicchieri da una caraffa sul tavolino laterale, e ne rese uno all'amico.
«Siamo di prima mattina» fece notare lui, serrando le dita sul bicchiere con notevole avidità.
«E chi se ne frega? »
«Giusto. » Il whisky aveva il sapore di miele pregiato. Forse un po' tropo dolce, con un retrogusto affumicato e caldo. Jett lo odiava, ma funzionava bene con i clienti, e perciò ne teneva sempre una bottiglia in ufficio. Nei cinque anni in cui aveva lavorato per le Mayfield Realties, non l'aveva mai toccato... fino a quel momento.
«Ho bisogno che trovi qualcuno per me, visto che il mio investigatore privato sta lavorando di netta, e tu sei l'unico di cui possa fidarmi» dichiarò, senza quasi notare il bicchiere è mezzo pieno dell'amico.
Kenny non fece una piega. «Quanto è urgente? »
«Parecchio. »
«Di che sintattico? Una bella ragazza di cui non trovi il numero di telefono? » ghignò Kenny. Non aveva idea di quanto fosse andato vicino alla verità.
«Una cosa del genere» ribattè Jett seccamente, mentre recuperava da una cassettiera una busta da lettera mattone, passandola all'amico. «Qui c'è tutto quello che devi saper di lei. E c'è un'altra cosa che devi fare per me.« Kenny inarcò un sopracciglio, mentre dava un'occhiata al contenuto della busta e ai dettagli riguardanti Brooke. Sembrava non riuscire a staccare più lo sguardo dal viso assonnato della ragazza, circondato alle onde morbide dei suoi capelli, sparsi sul cuscino come un aureola. La foto era stata scattata con lo smartphone di Jett, nel suo lussuoso appartamento di Manhattan, l'ultimo giorno che avevano trascorso insieme. Jett si era seduto su una sedia di fronte al letto matrimoniale, combattuto se rivelarle o meno il suo segreto, dopo che lei gli aveva raccontato tutto di sé, qualche giorno prima, parlandogli del suo dolorosi passato e del perché non volesse una relazione seria. Si era sentito in dovere di dirle tutta la verità, ma alla fine aveva deciso di non rovinare la perfezione di quel momento. Ed era stato un gravissimo errore, perché subito dopo avevano litigato e lei lo aveva lasciato. Era scomparsa senza lasciare alcuna traccia. È lui non aveva mai avuto la possibilità di spiegarsi.
«Ehi, sei ancora qui? » gli chiese Kenny, osservandolo come se lo stesse valutando. «Perché se n'è andata?»«Non lo so. Chiedimi qualcos'altro! » Jett fece una smorfia e riempì di nuovo i bicchieri. Deglutì in un sordo solo il liquido ambrato, mentre Kenny si limitò a fissare il proprio, senza neanche toccarlo. Il whisky gli bruciò lungo l'esofago, e probabilmente cominciò anche a dargli alla testa. La bellezza dell'oblio. Se non fosse riuscito a trovarla, era quello lo stato che avrebbe preferito raggiungere
Kenny scosse la testa e accennò alla busta ora chiusa, lo sguardo freddo e privo di emozioni. «È bella.» Era sempre stato bravo a non dire ad alta voce ciò che pensava. Era per quello che riusciva a stare lontano dai guai. Al contrario di Jett.
«Già.»
«Quando l’hai vista l’ultima volta?»
«Ventiquattr’ore fa.»
Kenny finse di accigliarsi, facendo poco per nascondere un ghigno sarcastico. «Davvero tanto tempo.»
Jett sapeva di sembrare un disperato. Ma non aveva importanza.
«Non sto scherzando.» Il suo tono era freddo. Quasi minaccioso. Non gli piaceva quando qualcuno si prendeva gioco di lui- «Devo trovarla. Hai problemi al riguardo?»
«Santo dio. Ma che ti è successo, amico?»
«Ho fatto una cazzata. Ho fatto un casino. Non ti avrei chiamato se non fosse stato importante.»
Kenny si appoggiò allo schienale. Non sembrava affatto infastidito dallo scatto di Jett. Erano rimasti amici in situazioni ben peggiori di quella.
«Hai qualche idea di dove potrebbe essere? Amci? Familiari? Un ex o un amante segreto?» domandò ancora.
Se lo sapessi, non starei qui a perdere tempo, non ti pare?
«Ero io l’amante segreto.» Il giovane si passò una mano tra i capelli neri, tentando di placare quella voce infuriata dentro di lui. Non sarebbe servito a niente sfogare la rabbia sulle persone che lo circondavano. Non erano certo loro quelle che doveva biasimare.
«Ho provato a chiamare sua madre, che non mi è sembrata particolarmente preoccupata, a ha detto di non avere idea di dove possa essere» spiegò Jett. «La sua coinquilina è sparita con lei, quindi posso soltanto immaginare che siano partite insieme. Il detective e la sua squadra hanno chiamato ogni hotel dello Stato di New York.» Jett aggrottò la fronte al ricordo. Non era un professionista, ma perfino lui poteva capire che una donna e la sua migliore amica non se ne sarebbero andate in tutta fretta dal loro comodo appartamento per trasferirsi in un hotel, se non avessero avuto una buona ragione per farlo. A proposito di perdere ore preziose. «Posso solo immaginare che la famiglia della sua amicala stia ospitando.»
«Il tuo uomo ha controllato le emittenti delle carte di credito?»
Jett annuì. «L’ha usata l’ultima volta nel negozio di generi alimentari di fronte casa sua.»
«E sai dirmi della sua amica?»
Jett scosse la testa, cupo, facendo capire che non era una pista percorribile. «Non ne so niente. Solo che anche il suo cellulare è spento»
Kenny annuì, e per un attimo restarono entrambi in silenzio. Il cuore di jett iniziò a battere furiosamente, anche se lui non avrebbe saputo dire se fosse a causa dell’alcool che aveva ingerito, o piuttosto per la gravità della situazione.
«Forse ha lasciato il paese» riprese infine kenny.
Jett ci aveva pensato, ma aveva rapidamente scartato l’ipotesi. «Come avrebbe potuto pagare il biglietto aereo senza carta di credito? Ho bisogno che tu scavi più a fondo in questa faccenda.» Portò lo sguardo sull’amico, che restò in silenzio, la fronte increspata che faceva chiaramente intendere la sua perplessità.
«Non sono più nel campo, Jett. Lo sai.»
«Non te lo chiederei se non fosse importante» mormorò Jett.
«Sei il mio miglior amico e farei qualunque cosa per te. Ma l’ultima volta me la sono cavata per un soffio, e ho giurato che sarei rimasto fuori dai guai.»
L’esitazione di Kenny si rifletteva nei suoi occhi scuri, e per un attimo Jett fu certo che non l’avrebbe aiutato. Poi però i loro sguardi si incrociarono, e il giovane capì di aver vinto.
«Ti piace molto, non è così? » gli chiese Kenny.
«Più di quanto non voglia ammettere.» Ed era la verità.
«Allora lo farò. Promettimi soltanto di guardarmi le spalle, se la gente sbagliata dovesse venire a bussare alla mia porta.»
Jett sorrise, e per la prima volta da quando aveva litigato con Brooke, tornò a sentire un impeto di entusiasmo. Di speranza. Perché Kenny sapeva sempre cosa fare. Non era un caso che fosse uno degli hacker più temuti del Paese.
«Grazie, amico. Lo apprezzo davvero» dichiarò.
«Ti chiamerò appena avrò una pista.» Kenny si alzò, e Jett lo accompagnò alla porta.
Alle 11:45, lo schermo del cellulare si illuminò per una chiamata da uno sconosciuto. Jett era rimasto incastrato in una riunione per le precedenti due ore, senza riuscire a stare dietro quell’infinito discorso del padre riguardo alle più recenti acquisizioni della compagnia e ai profitti che ne avrebbero ricavato.
Si scusò e uscì dalla stanza, premendo il cellulare contro l’orecchio, ma senza parlare finchè non raggiunse il bagno degli uomini. Un vago profumo di rose gli aleggiò intorno mentre controllava ogni cubicolo per assicurarsi che fossero tutti vuoti.
«Si è imbarcata in un aereo per l’Europa» gli fece sapere Kenny, senza preamboli.
Per caso il detective privato si era perso per strada la transazione della carta di credito?
«Aspetta di sentire il resto» continuò Kenny. «Sei sicuro di essere il suo unico amante segreto? Perché sembra che qualcuno le abbia pagato il biglietto.»
Non era da Brooke. Ma era sicuro di conoscerla davvero?
«Chi?» La voce di Jett era puro ghiaccio.
«Ken Clarkson. Un avvocato di Londra. Ha uno studio di successo. E non è sposato.»
Perché diavolo aveva dovuto aggiungere quell’ultima informazione? Avrebbe dovuto sentirsi meglio sapendo che Brooke forse usciva con un uomo non sposato? Quando si erano incontrati, e come mai si era fidata di lui al punto da farsi pagare una vacanza? Poteva essere un suo ex?
«Jett?» La voce di Kenny aveva preso un tono particolare, ma non si trattava di preoccupazione. Piuttosto di ironia.
«Dammi un secondo.»
La pressione dietro ai suoi occhi si intensificò al pensiero di Brooke tra le braccia di un altro, un altro intento a prendersi ciò che era suo. Infilò una mano sotto il getto d’acqua fredda, passandosela sulla nuca accaldata. L’umido refrigerio gli permise di ricominciare a pensare razionalmente, al di là della nebbia che gli avvolgeva la mente. E fu in quel momento che cominciò a fare due più due. Un avvocato. Biglietti aerei pagati. Per l’Europa.
«Dov’è andata esattamente, in Europa?»
«Fammi controllare.» Dall’altra parte del telefono si udì il rumore di carte che venivano sfogliate, prima che Kenny rispondesse: «In un posto che si chiama Bellagio. Mai sentito prima.»
L’aveva rintracciata a…
Bellagio. In Italia.
Dannazione!
Non era affatto una buona notizia. Su una scala da uno a dieci di brutte notizie, quella era un cento. Un completo disastro.
«Quando è partita?»
«Ieri sera» rispose Kenny. « È atterrata questa mattina presto.»
Il cuore di Jett cominciò a battere ancora più veloce. Se fosse salito su un aereo in quel momento, sarebbe arrivato a destinazione in otto ore. La vera fatica sarebbe cominciata a quel punto, ma non era questo a preoccuparlo. Non aveva mai avuto paura di fare del suo meglio, sul suo lavoro o per conquistare una donna. La sua preoccupazione era che poteva già essere troppo tardi. Doveva raggiungerla, e subito.
«Vuoi che scopra qualcosa di più sull’avvocato?» cheiese Kenny.
«No, mi serve un’ altra cosa.» Jett fece una pausa, guardandosi intorno per assicurarsi che nessuno potesse sentirlo. Il bagno era ancora vuoto, ma abbassò comunque la voce per non correre rischi. «Trovami un trafficate di armi a Bellagio.»
Ci fu un attimo di silenzio. Poi: «Non vuoi mica uccidere la ragazza, vero? O l’avvocato?» Riuscì a sentire il dubbio nel tono di Kenny.
Ma che diavolo…?
Jett aveva fatto parecchie sciocchezze in vita sua, ma non aveva mai fatto del male a una donna, neanche da lontano. Inspirò profondamente per controllare l’ondata di rabbia che gli era montata dentro. «Trovami l’uomo giusto e non fare altre domande, Kenny.»
«Stavo soltanto…»
«No» tagliò corto Jett, interrompendolo. Non aveva tempo per le domande. Si stava facendo tardi, e doveva far preparare il jet privato della compagnia. «Fai quello che ti ho chiesto e basta.»
La riunione di suo padre era ancora nel vivo quando tornò nella sala conferenze. Non voleva perdere altro tempo, ma come amministratore delegato non poteva andarsene senza preavviso, o senza che nessuno se ne accorgesse. Non avrebbe fatto bene alla sua reputazione. Mentre tornava a sedersi, Robert Mayfield lo fissò, inarcando le sopracciglia. Al vecchio non piaceva l’idea che potesse esserci qualcosa di più importante della sua riunione. Jett scribacchiò ‘riunione di lavoro in Europa, importante su uno dei taccuini con il logo della compagnia, e lo spinse verso il padre. Facendo cenno a Emma di avvicinarsi, Jett la avverti di recuperargli i bagagli, chiamare il pilota della compagnia e cancellare tutti i suoi appuntamenti della settimana. Tornò a casa per cambiarsi e prendere il passaporto, per poi raggiungere l’aeroporto, dove il jet privato della compagnia lo avrebbe ricondotto al luogo che non molto tempo prima aveva visitato. Con lei.