I giornali li avevano definiti “I
bambini fortunati”.
Erano sette, orfani o bimbi
abbandonati dai genitori, scelti dal leggendario filantropo e celebre
neurochirurgo Vincent Capello, per andare ad abitare in una casa affacciata su
un’incantevole spiaggia della costa Oregon: la Casa del Drago.
Allison era la più giovane dei
bambini fortunati e viveva una vita idilliaca con la sua nuova famiglia, almeno
fino al giorno in cui ha rischiato di morire e, per questo, è stata portata via
dalla Casa del Drago e dalla sua famiglia adottiva.
Tredici anni più tardi, Allison
riceve una lettera da Roland, il figlio maggiore del dottor Capello, che la
avverte che il padre è malato e sta per morire. Allison decide quindi di tornare
a casa e di affrontare i fantasmi del suo passato. Vuole scoprire cosa è
successo davvero quel fatidico giorno: si è trattato di un incidente o, come ha
sempre sospettato, uno dei membri della sua amata famiglia ha cercato di
ucciderla?
Scavare nel passato può però rivelare
delle inquietanti verità…
Quando Allison riuscirà a ricomporre i pezzi della sua storia scoprirà un terribile segreto che metterà a repentaglio la sua vita, una volta ancora.
Nella maggior parte delle volte, salvo
casi estremi e sempre più numerosi purtroppo, la parola famiglia viene
associata a tre sinonimi: amore, protezione e sicurezza. E così è stato per i
sette bambini della casa del Drago. Grazie al dottor Vincent Capello i piccoli
disadattati avevano trovato un posto accogliente in cui sentirsi amati e al
sicuro. Per tutti era un eroe, il gigante buono.
Era sempre pronto a portarti a
cavalluccio su e giù per i corridoi. Non era lui che leggeva storie a loro
prima di dormire, ma loro a lui. «Un’altra pagina» diceva, fingendo di mettere
il broncio, e loro alzavano gli occhi al cielo e gli dicevano che era ora di
dormire.
Lavorava, sì, ma trascorreva con loro tutto il tempo possibile. Selezionava i casi con cura, e sceglieva i bambini più poveri e malati a cui donare i suoi talenti.
Allison faceva parte di quel gruppo
di bambini che tutti definivano fortunati, nel giorno in cui era stata scelta e
prelevata dall’orfanotrofio la sua vita era cambiata. Aveva trovato un padre
premuroso e altri fratelli con cui giocare. Studiava, imparava, si divertiva.
In casa vigeva la regola della lealtà: tutti dovevano aiutarsi ed essere
sinceri. Il dottor Capello aveva spiegato bene quanto fosse importante dire
sempre la verità ed era fiero della famiglia che aveva formato tanto che tre di
loro, in seguito vennero adottati legalmente, per Allison, invece, non ci fu
tempo perché, dopo un incidente, fu costretta a lasciare la casa per andare a vivere
dalla zia.
Sono passati tredici anni da allora,
adesso Allison è una donna di venticinque anni, vive in Kentucky nella casa
messale a disposizione dal suo datore di lavoro, un miliardario, padre della
bimba che lei accudisce come babysitter, nonché suo amante da ben sei anni.
Consapevole di essere sempre e solo “l’altra”, Allison non può avanzare pretese
quando lui decide di porre fine alla relazione. Il momento dell’addio non è
però così traumatico: l’arrivo di una lettera inaspettata la riporta indietro
negli anni in un tempo spensierato e allegro, seppur breve. Il viaggio in
Oregon le servirà per salutare un’ultima volta il dottor Capello prima che
muoia, per rivedere i suoi fratelli e per trovare risposte.
«Ricordo poco o niente di quel periodo.
Quel che ricordo è che un attimo prima vivevo alla casa del Deago ed ero la
bambina più felice del mondo e, quello dopo, in piena estate, ero in Indiana
nel minuscolo appartamento di mia zia.»
Il ritorno a casa diventa una seduta
terapeutica, anche se non è facile rituffarsi in quella realtà ormai lontana. Allison
non sa cosa aspettarsi, tredici anni sono tanti, lei è cambiata e così anche
gli altri. I ricordi però sono scolpiti nella mente: le basta rivedere Roland perché
tornino a galla e la riportino indietro, fugando ogni ombra di disagio.
Allison fece un passo in avanti, e
Roland, l’uomo non più bambino, la prese tra le braccia. […] In quell’abbraccio
lei aveva sette anni e si sentiva al sicuro e di nuovo a casa.
Roland è il ricordo più bello, la
prima infatuazione, il punto di riferimento dopo il dottor Capello, il ragazzo
che con un sorriso speciale le infondeva sicurezza e le diceva cosa fare.
Il sorriso che le stava rivolgendo
ora era nuovo; non gliel’aveva mai visto prima, ma era già il suo preferito.
In ritardo di quattro ore, forse ora
aveva una risposta alla domanda della signora del noleggio che le aveva chiesto
cosa l’avesse portata nell’Oregon.
Forse era lui.
I bambini di un tempo sono adulti ora:
lavorano, amano, ma non dimenticano la loro fortuna. Formano ancora una
famiglia affiatata e riconoscente. Ma mentre prima era il gigante buono a
vegliare su quei bimbi spaventati, ora sono loro, cresciuti e consapevoli a
proteggere il loro vecchio e malato padre.
Tiffany Reisz ci regala una storia
emozionante e originale, un romanzo fatto di chiaro scuri in cui si alternano
spensieratezza e dramma, semplicità e mistero. Un romance che diventa un
thriller, con risvolti noir che
riportano ad altre epoche. (mi riferisco a Mary Shelley, per esempio, e
leggendo il romanzo capirete perché).
L’inizio parte lento ma il ritmo aumenta una
volta arrivati alla casa e dopo aver conosciuto i personaggi e le loro storie,
la velocità aumenta vorticosamente. Quando pensiamo di aver capito tutto, un
nuovo elemento salta fuori da un cassetto che si apre o dalla porta della
soffitta, alterando la verità. La tensione è alta specialmente quando ogni
certezza precedente, ogni regola fin lì seguita, ogni parola detta, perde il
suo significato originale.
Troppi segreti in quella casa.
Così tanti che cominciavano a
sembrare…
Bugie.
I personaggi della Reisz spiccano per
la loro unicità, Allison, Roland, Thora, Deacon e lo stesso Capello sono
speciali, un misto di luci e ombre, di giusto e sbagliato. Ognuno di loro racchiude
un segreto, tuttavia non hanno paura di mostrarsi e di denudare la propria
anima. Il bello è che sono tutti consapevoli di ciò che è accaduto, ma si
accettano senza puntare il dito sul colpevole perché nessuno di loro in fondo è
innocente.
Il viaggio nei ricordi scatena
sensazioni contrastanti: si passa dall’angoscia alla gioia, dalla solitudine
alla rabbia. Lo stupore lascia il posto alla paura e la rassegnazione porta al
perdono. L’epilogo, anche se ha un lieto fine che fa ben sperare, in realtà resta
aperto a ogni possibilità.
Consigliatissimo!
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