Anni Ottanta. Durante i festeggiamenti dell’ultimo dell’anno, sei adolescenti della Roma bene, amici e compagni di classe, s’introducono nella stanza sotterranea in cui è custodito il cannone del Gianicolo e, allo scoccare della mezzanotte, perdono un’amica sperimentando un gioco perverso che finisce in tragedia.
Trascorsi trent’anni, pur continuando a vivere nello stesso quartiere, i cinque superstiti non si frequentano più. Rancori, gelosie e problemi personali li hanno allontanati. E poi c’è il senso di colpa: anche se scagionati dall’omicidio, si sentono responsabili per quanto è successo.
Un giornalista, trasferitosi in zona da poco e intenzionato a scrivere un romanzo sul delitto irrisolto, comincia a fare domande inopportune; difficile riscostruire, attraverso il punto di vista delle persone coinvolte, la personalità sfuggente della vittima che, come una sirena, rivela una duplice natura: da un lato, fragile e insicura, sempre alla ricerca di conferme e dimostrazioni d’affetto, dall’altro lato, coraggiosa e combattiva.
Tassello dopo tassello l’enigma s’infittisce e l’intero quartiere assume la consistenza metafisica di un quadro hopperiano: il senso di solitudine e di smarrimento trapela dagli sguardi e dai gesti degli abitanti.
Nel frattempo, la conversazione li aveva condotti fino all’ingresso principale della Villa. Lo chalet svizzero, abitato dai custodi, con il suo tetto rosso e i fregi in metallo svettava alla loro destra; oltre al cancello spalancato, si snodava Via di San Pancrazio, con il Villino del Vascello alla loro sinistra e la grande Porta sede del museo risorgimentale sullo sfondo.
In sincrono, senza nemmeno consultarsi, girarono le spalle per tornare sui loro passi; l’istinto spinse entrambi a considerare l’esistenza di un confine ideale che non poteva essere superato; Italo immaginò come si dovesse sentire un fantasma condannato ad abitare gli stessi luoghi in cui era vissuto, prigioniero di una memoria circolare e ossessiva, costretto a una catena brevissima da un’entità superiore.
Mariachiara Moscoloni è nata a Roma ed è laureata in Giurisprudenza. Appassionata di esoterismo, storie soprannaturali, miti e stregoneria, riesce a conciliare il difficile mestiere di mamma e quello di scrittrice grazie all’aiuto di uno speciale life coach: il gatto Maudit.
Esordisce nel 2014 come scrittrice fantasy con il romanzo Il Grimorio del Lago (Brigantia Editrice) vincitore del premio “Le Fenici”. Nel 2016 con I Sognatori Editore pubblica il thriller psicologico Aibofobia, finalista al “Premio Letterario Zeno”. Nel 2019, con L’ultima Strega, è finalista vincitrice del Premio “Fai viaggiare la tua storia”.
Ha tradotto alcune perle della letteratura vittoriana dimenticate: i poemetti umoristici tratti dalla collezione di leggende soprannaturali Ingoldsby Legends – The Witches Frolic (Le streghe si divertono) e The Jackdaw of Rheims (La taccola di Reims) – e il romanzo mistery, sempre di ambientazione vittoriana, La scoperta del dottor Berkeley.
Con la Dark Zone, nel 2020, ha pubblicato il thriller storico Il Sigillo di Lucifero e il fantamistery per ragazzi Ella.
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