giovedì 13 dicembre 2018

Blog Tour Dark Zone: Eloise di Eleonora Vucetich - Caccia all'Esule di Fabrizio Fortino - Se ci sei non ho paura di Miriana Vitulli





"No, io non appartengo ad alcuna famiglia. Sono definita una nomade, ma ho grandi poteri e una forte lealtà. È grazie a queste mie doti che ho la fortuna di trovarmi qui.” e con un gesto della mano indicò la stanza in cui ci trovavamo.
"Cos'è una nomade?”
Ora fu lei a scattare in piedi, “ci sono domande che non dovresti osare fare, ragazzina. Essere figlia di Rachele non ti autorizza ad essere arrogante e presuntuosa.”
"Io non sono arr...”
"Silenzio” la sua voce mi rimbombò nella testa senza che in realtà lei avesse aperto bocca.
"Stavo dicendo” riprese con calma “che tua madre ha tradito la sua famiglia, ma tu hai ancora modo di riscattarti per una colpa che non ti appartiene.”
"Sono parole toccanti, sicuramente in un altro momento potrei...”
"Ma come dicevo” mi interruppe di nuovo bruscamente “dovresti comportati in maniera impeccabile. Come prevede il codice. Nessuna distrazione, come Lukas, ad esempio.”
All'improvviso capii ciò che quella donna stava cercando di dirle fin dall'inizio: doveva lasciar perdere Lukas.
"No! Lui.. lui mi ha salvata! Ed ora è in pericolo a causa mia, devo cercarlo assolutamente! La prego...” provavo un odio profondo nei confronti di quella donna, ma sapevo che dimostrarlo non avrebbe portato a nulla di buono.
"Lukas è un soldato, cara, e appartiene a famiglie di rango inferiore rispetto alla tua, è normale che l'abbia fatto.”
"E così voi lasciate morire i vostri soldati dopo che hanno salvato una vostra discendente?” trattenni la rabbia il più possibile, ma stavo già stringendo i pugni vistosamente, non avrei retto ancora a lungo.
"Lui ti ha salvata per i suoi fini, El. Questo lo sanno tutti, voleva aumentare di categoria, far breccia nel tuo cuore come ha fatto tuo padre con tua madre, e a quanto pare ci è riuscito...” mi guardò incuriosita, sembrava non vedesse l'ora di sapere la mia reazione dopo l'intensità delle sue parole.
"No... non è vero... Lukas mi ha salvata perché...” perché cosa? Perché ci teneva a me?







A circa metà del largo fiume, una chiatta dragava il fondale in cerca di relitti sommersi che potessero impedire o ostacolare la navigazione. Troppo spesso, però, quelle reti metalliche riportavano a galla corpi gonfi di anime ormai spirate. Il Muddy, il lento fiume di Shattertown, altro non era che un cimitero liquido: un sepolcreto dove si usava nascondere, spesso per sempre, le vittime dei numerosi omicidi, suicidi o incidenti casuali. Le sue acque garantivano l’impunità agli assassini e un feretro alle loro vittime.

I Muddy’s diggers, erano i becchini del fiume. Dapprima nati come dragatori, si erano ritrovati a svolgere il più ben miserevole compito di necrofori, dato l’elevato numero di cadaveri ripescati. La loro imbarcazione era composta di una draga situata a prua e da un largo scafo in cui venivano accatastati i corpi o i rottami riportati a galla.

Francis osservò il lento incedere della chiatta, finché il congegno scavatore non fu sollevato con un suono sferragliante. Qualcosa emerse a pelo d’acqua, una massa grigiastra, gonfia e viscida. L’ennesimo cadavere pensò, ma quando quel corpo gibboso cominciò a strillare, un brivido incontrollabile prese possesso del suo corpo.

L’essere sollevato dall’argano emerse, mostrandosi per l’abominio che era: un incrocio insensato tra un pesce e qualcosa di sconosciuto, si agitava e contorceva tra le morse della draga. Qualcosa di simile a un lamantino, ma dal volto troppo umano, emise un grido straziante.

Immediatamente gli uomini a bordo della chiatta si adoperarono per mollare il cavo, ma il loro lavoro era intralciato dall’impossibilità di levarsi le mani dalle orecchie L’urlo della Seiren era capace di stordire un uomo robusto in breve tempo.

Francis si tappò le orecchie strizzando gli occhi e tenendo la bocca aperta per evitare l’effetto risonanza, cercando di resistere a quell’atrocità.

Finalmente il fagotto grigiastro ricadde in acqua quando l’argano venne mollato. Com’era cominciato, il fracasso ebbe fine.





“È che io con te avrei costruito una storia, un castello, una di quelle scale che portano al cielo. E tu mi hai fatta a pezzi, hai preso il mio dolore e me l’hai schiantato addosso proprio mentre finalmente andava via. Volevo essere me stessa, darti ogni più piccola parte di me. E appena hai conosciuto il mio lato più buio, quello fragile, quello da non calpestare, da accarezzare, da tenere stretto al cuore per difenderlo, sei andato via. È che con me ci vuole coraggio e tu non ne hai avuto nemmeno un po’.”

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