Benvenuti in questa nuova tappa del Blogtour di Non ti lascerò mai cadere di Jessica Park.
Protagonista indiscusso di questa tappa sarà Sabin, solo e soltanto lui.
Si dice "mai fare i conti senza l'oste" e credo che questo sia il caso di Sabin.
Quando era piccolo, davvero piccolo, sognava la famiglia "tradizionale", quella stessa dove ti senti amato, parte di un qualcosa più grande di te che ti sarà sempre a fianco, nonostante tutto e tutti.
Difficile poi conciliare i sogni con la realtà, con quel senso dentro di te che qualcosa sia profondamente sbagliato, che tutto cada a pezzi giorno dopo giorno. Arrivare poi a capire che nessun padre dovrebbe essere come quello che il destino ci ha messo davanti, poi, è ancora più dura da accettare quando non si ha più nemmeno una madre al proprio fianco che possa abbracciarti.
Sabin è un piccolo scricciolo quando un aneurisma cerebrale gli porta via la madre, lasciandolo solo con i gemelli, Estelle e Eric, di un anno più piccoli, e Christopher, di due più grande.
Quando si è tanto piccoli, rendersi conto di ciò che ci circonda non è facile, forse proprio perché si vive in una bolla, rosea, dove tutto sembra andare bene. E Sabin, in ciò, non è da meno. Non sembra accorgersi di ciò che accade a suo fratello maggiore, a detta del mondo esterno sembra protetto, in particolar modo a detta di Christopher, l'angelo custode nonché fratello maggiore del nostro ragazzo,e dei gemelli. E' lui colui su cui il padre si rifà ogni volta, lui che subisce in silenzio pur di tenere gli altri al sicuro. O almeno, così ha sempre creduto, facendo in modo che ogni qualvolta il loro padre alzava le mani, nessuno se ne accorgesse.
Ricordatevi questa parola, sembra. Perché gran parte dell'infanzia di Sabin pare basarsi su questo "sembra".
Oggi, nonostante frequenti il terzo anno alla Matthews, nel Wisconsis, Sabin vive la sua vita in una maniera tutta sua, tra una sbronza ed uno spettacolo teatrale, con in mezzo una lezione a scuola, giusto per dirsi uno studente frequentante, quasi come se non volesse mai starsene solo con i suoi pensieri e a quella età, purtroppo, non è mai indice di qualcosa che funziona. E sarà proprio in una mattina come tante altre che la sua strada si incrocerà con quella di Blythe.
«Questo caffè non è poi così male», dice dopo averne assaggiato un sorso. «È vero che a tutti piace lamentarsi che il caffè del campus è un intruglio imbevibile, ma è solo una scusa per farsi dare dei soldi da mamma e papà e andare in quel posto con dei prezzi esagerati appena qua fuori. Com’è che si chiama? Chicchi, Chicchi, vero?
Un caffé rubato ed ecco che Sabin mette la testa a posto perché in fondo, nonostante tutte le cavolate che fa, ha un cuore grande e altruista. Solo che, a volte, è facile scordarsene nel mezzo di tutti i casini che combina.
E' altrettanto facile per lui divenire la spalla di Blythe, diventare come uno l'estensione dell'altra perché in fondo non si è sempre detto che certi legami son più forti di quelli di sangue? Questo è il caso.
Accomunati da un destino simile, la perdita delle persone care, in poco tempo la famiglia Shepherd si allarga, accogliendo in seno non solo la migliore amica di Sabin (e divenuta amica poi di tutti gli altri), ma anche di suo fratello, James.
Mi stanno accogliendo perché sono un’orfanella. «Dovrei proprio tornare nella mia stanza e…»
«Chiudi la bocca», mi dice, in tono scherzoso. «Lo so cosa stai pensando e non è per questo che sei qui con noi.»
Camminiamo in silenzio per un minuto. «E allora perché sono qui?»
Sabin alza le spalle. «Dev’esserci per forza una risposta? A volte capita la cosa giusta e basta. Stai bene con noi. Dio, bimba, ma non lo senti? Non farti domande su tutto.»
Sorrido. Lo sento eccome. Un senso di appartenenza.
Chiunque gli stia attorno non può fare a meno di amarlo, di esserne attratto, come un satellite in orbita attorno a un pianeta, rimanendo poi incapace di allontanarsene.
Blythe e Chris, però, si rendono conto di una cosa: il Sabin esuberante non è che una maschera per celare qualcosa di più profondo, come se volesse nascondere dei dolori così profondi da non riuscire a tenerli incatenati, se non con l'alcol, sfoggiando però al mondo un sorriso che mai giunge agli occhi, se non in rari casi.
E sarà proprio mano a mano che la storia di Sabin prosegue che il lettore potrà rendersi conto che le cicatrici nell'animo son molto più difficili da curare di quelle nel corpo.
Al contrario di Christopher che porta sulla sua pelle i segni lasciati dal padre, nessuno avrebbe mai creduto a quanto potessero essere profonde le ferite che Sabin portava dentro di sè, che si manifestano come lampi durante una tempesta, brevi flash di una vita che ha voluto dimenticare, volente o meno, ricordi di un'infanzia che nessuno, Chris per primo, pensava potesse ancora avere in memoria.
Il problema finale? In questa battaglia contro i suoi demoni personali, Sabin non sarà da solo, al suo fianco, oltre alla sua famiglia, avrà Blythe che non lo mollerà per nessuna ragione, nemmeno quando questi prenderanno finalmente una forma, lasciando tutti atterriti. Ma la battaglia finale, però, solo Sabin potrà combatterla, solo lui dovrà decidere se continuare a nascondersi o affrontarli a muso duro.
(Ps, vi lascio una citazione dal secondo volume, lascio a voi la decisione se leggerla o meno visto che il volume uscirà proprio oggi.).
«È questo il problema! Non ci arrivi? Lui ha già fatto tutto!»
È sempre più agitato.
«Cazzo, Christopher Shepherd ha protetto tutti noi e a me non ha lasciato niente da fare!
Si è sottoposto alle torture peggiori che ci infliggeva mio padre
e non mi ha mai permesso di ripagarlo.»
Ormai mi sta urlando contro.
«Interveniva sempre quando poteva, Blythe.
Chris è un santo. Davvero.Violenza dopo violenza, lui si metteva in mezzo. Se l’andava a cercare.»
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