Dopo uno spaventoso incidente Petra si risveglia nel letto di un ospedale, confusa e con il cuore schiacciato dall’ansia.
Desidera riabbracciare la sua migliore amica Chiara, con lei nello schianto e della quale non ha notizie.
Inseguendo questa necessità viene fagocitata, suo malgrado, da un tortuoso labirinto di ricordi e rivivendo i momenti più importanti della sua vita, arriverà a conoscere la verità.
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Petra fu invasa da un bagno di luce e di folla.
Tanta era stata la foga con sui si era lanciata contro quell'ingresso che quei precipitò a terra, sul marciapiede.
Con grande sorpresa si accorse di non essere nella stanza d’ospedale nella quale si era diretta, ma era stata catapultata in mezzo a una strada piena di gente.
Strabuzzò gli occhi e trattenne un’imprecazione mentre si guardava intorno fuori di sé prima che un pensiero assurdo le attraversasse la mente e, spinta da un pudore che non credeva di possedere, indagò il suo abbigliamento.
Pochi istanti prima era vestita solo da una camicia da notte ospedaliera e ora indossava un paio di jeans alla moda e un top nero che le lasciava scoperte le spalle.
“Okkey…” brontolò la sua mente in cerca di una folle spiegazione.
-Petra-
Udí la voce di Chiara e alzò la testa per trovare la sua amica.
Non riusciva a vederla, c’era troppa gente e lei non sapeva dove guardare.
Un momento dopo la sentì gridare una seconda volta. Segui quella voce che conosceva bene e la vide.
Chiara era dall’altra parte della strada.
Quando Petra riaprí gli occhi era sola.
Nessuna festa, nessun invitato, nessuna musica.
Era sola in una casa che conosceva fin troppo bene.
Si guardò. Un nuovo cambio d’abito e una nuova sceneggiatura per una vita gia vissuta.
Petra osservò la stanza, il mobilio e riconobbe la casa dove aveva vissuto con Andrea nei primi anni di convivenza.
Era un piccolo monolocale nella periferia di Roma, lo avevano arredato insieme in modo caotico e disordinato.
La batteria elettronica di Andrea affiancava la bella libreria in legno nero che custodiva parte dei tanti libri di Petra. Il tappeto multicolore fungeva da appoggio per il divano total black e il camino, mai usato, era lo stipo dei tanti cd metal che echeggiavano ogni domenica mattina a tutto volume.
Esattamente come erano loro insieme, anche il piccolo loft era un delirio di emozioni e di situazioni.
Andrea e Petra erano una coppia ricca di contraddizioni. Diversi come poche altre persone al mondo, avevano trovato in ogni differenza una ricchezza. Assorbivano l’una dall’altra e vivevano ogni cosa al massimo. Non avevano mai imparato a gestire i sentimenti, si amavano al massino e litigavano al massimo.
Nulla era banale con loro e per loro, ogni momento, ogni circostanza andava divorata e gustata.
L’aria era fresca, ma
piacevole e il silenzio del bosco che circondava la casa donava pace alle
orecchie martoriate dalla musica a tutto volume.
Andrea
mi confesse il passo, ma una volta usciti all’aperto si allontana di un paio di
passi.
-Chiara mi aveva detto che non saresti tornata- esordì Andrea dandomi le spalle.
Il bavero del cappotto era sollevato per via del freddo e i capelli, ormai lunghi, si piegavano sopra di esso. Quell’aria spettinata lo rendeva ancora più affascinante.
-Infatti. È stata una decisione dell’ultimo momento- risposi imbarazzata.
Non sapevo esattamente perché, ma ero a disagio. Mi ero trovata da sola con Andrea un’infinità di volte, ma mai prima di ora avevo provato questo genere di aspettativa bussarmi nel petto.Volevo abbracciarlo, toccarlo.Con la punta dello stiletto nero iniziai a giocherellare con il velo di neve che imbiancava il pavimento del piccolo patio. Tenevo gli occhi bassi e sentii i passi di Andrea che si stava avvicinando. Il scricchiolio dei fiocchi di nevi rotti dal suo incedere era una melodia. Quando sollevai il volto me lo ritrovai davanti. In silenzio, Andrea infilò le mani sotto il mio cappotto aperto e me le poggiò sul ventre. Il calore di quella carezza passò attraverso l’abito e mi infiammò la pelle strappandomi un sospiro. Andrea mi fissava con intenzione. Si avvicinò di un passo ancora e annodò le braccia alla vita. Aspettavamo quel momento da troppo tempo, entrambi. Sovrastati dalle tante responsabilità e dalla paura di distruggere un rapporto di amicizia costruito sulle diversità e condito da litigi che a volte avevano rischiato di allontanarli, avevamo seppellito il sentimento che realmente ci spingeva l’uno contro l’altra da anni. Avevamo rifiutato quella passione bruciante in favore di relazioni più stabili e meno distruttive, ma da quando ero lontana nessuna di quelle insulse giustificazioni aveva avuto più senso. L’unica cosa che entrambi volevamo era stare insieme. Andrea alzò gli occhi al cielo sorridendo e poi abbassò il viso su di me spingendo le sue labbra sulle mie.
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