Nedius alzò un braccio. I suoi occhi chiari si velarono di grigio e la sua pelle si ricoprì di venature rosse. «Far levitare pietre sarebbe solo un passatempo?»
Un fitto strato di ghiaia si sollevò dal giardino della casa più vicina e si addensò fino ad assumere le dimensioni di un pugno. Pian piano, i sassolini iniziarono a vorticare in modo caotico, poi si unirono a descrivere i contorni di una creatura. Nel giro di pochi secondi, un coniglio di pietra prese a zampettare sul prato del giardino.
«Non ti preoccupare, ragazzino» disse Nedius a Caleb, la voce resa profonda dall’incanto. «Con il rispetto delle regole e la giusta applicazione, anche tu un giorno sarai in grado di gestire uno sforzo di questo tipo. Non hai idea di quanti utilizzi pratici abbia la manipolazione della materia.»
Joras scosse la testa. «Lo illudi per niente.»
All’improvviso, la ghiaia si espanse e il coniglio mutò in un cane di piccola taglia. Un sibilo accompagnò il rimescolarsi continuo dei sassi.
Joras scoppiò a ridere. «Dovrei essere sorpreso?»
No, Nedius non voleva sorprenderlo. Quella era una sfida, una delle tante. Ormai ne aveva perso il conto.
Il cane si avvicinò ed emise un ringhio prolungato. Non c’erano dubbi, Nedius ci sapeva fare. D’altra parte, era il minimo che ci si potesse aspettare dal secondo apprendista incantatore più dotato di tutta Nidlun.
Il secondo, per l’appunto.
Joras allungò un braccio e attese che l’energia fluisse. Quando chiuse il pugno, uno sciame di petali rosa si staccò dal ciliegio più vicino e si adagiò a terra come un lenzuolo. Joras alzò l’altra mano e i petali rotearono verso il cielo, come sospinti da un vortice di vento. Quando si ricompattarono al suolo, un lupo alto più di un metro e mezzo puntò i suoi occhi glaciali verso Nedius. La sua coda fendette l’aria e il suo collo, rimodellato dal fluire dei petali rosa, si allungò verso l’alto. Joras sorrise all’ululato della creatura.
«Forse ti sorprende che io non impieghi tutto il mio tempo a esercitarmi?» riprese Aurel.
«Non sta a me dirti come passare le giornate.»
«Già. Ma so bene come la pensi riguardo agli allenamenti.»
Joras fece spallucce. «È la pura verità. Senza un talento innato, si può diventare dei buoni incantatori, forse anche ottimi, ma non si potrà mai essere i migliori. Ne parlavo giusto ieri pomeriggio con un ragazzino.»
«Prima o dopo aver dato fuoco alla piazzetta dei Leoni?»
Fantastico. Le voci giravano alla svelta a palazzo. Colpa di Nedius, senza dubbio. Eppure, per qualche strano motivo, il Concilio non aveva saputo ancora nulla.
«Continua pure a esercitarti quanto vuoi, Aurel. Nessuno te lo impedisce. Ma sappi che i sacrifici da soli non bastano.»
Aurel si avvicinò e lo squadrò, dal basso verso l’alto. «Questo lo dici tu. La mia vita è stata piena di sacrifici, sacrifici che mi hanno portata fino a qui. E non ho nessuna intenzione di fermarmi. Andrò ben oltre a tutto questo e lo farò a modo mio.»
Joras sfoderò un sorriso affilato. «Fa’ come ti pare, ma un giorno capirai che l’impegno da solo non basta. Anzi, se ti va di capirlo un po’ prima, vieni a una delle mie esercitazioni. Potrei impartirti un paio di lezioni.»
Aurel strinse le palpebre e ricambiò il sorriso. «Con estremo piacere. Sono sempre ansiosa di imparare.»
Si sarebbe dovuto aspettare una risposta del genere. Joras la fissò a lungo, dritta negli occhi. «Sei un’ingenua, Aurel Darron. Ma sappi che un giorno cambierai.»
Aurel non batté ciglio. I suoi occhi parvero brillare, richiamati dalla luce turchese del pendente che portava al collo. «E tu sei uno sciocco, Joras Perelthar, perché alla fine sarai tu a cambiare.»
«Che cosa dobbiamo fare?» chiese Joras.
«Le vedi quelle tre pile enormi di libri laggiù? Vanno disposte nello scaffale G. I libri sono già in ordine, si tratta solo di collocarli sul ripiano. Sono manoscritti grandi e pesanti, sarà un lavoraccio.»
Joras sorrise. Ma quale lavoraccio. «Quanti saranno?»
«Almeno quattrocento.»
«Parecchi, quindi.» Joras fece schioccare il collo. «Vorrà dire che dovrò fare gli straordinari.»
«Se è per questo, non preoccuparti» replicò Jaan Karl. «Ci sono anche io, non devi certo…»
Il tomo nelle mani di Jaan Karl cadde a terra, mentre centinaia di libri iniziarono a fluttuare nella sala.
Joras alzò le mani ancora più in alto, mentre il blu si impadroniva della sua pelle. «E chi si preoccupa? Temo che tu stia dimenticando chi hai di fronte.»
Pochi istanti dopo, i volumi presero a schizzare uno dopo l’altro nei rispettivi scaffali, prima uno alla volta, poi a gruppi di tre e infine di dieci.
Il verso di stupore di Jaan Karl fece sorridere Joras. Peccato solo che lo sforzo non gli permetteva di distogliere l’attenzione dai libri, avrebbe pagato oro per vedere lo sguardo incredulo del bibliotecario. Aumentò ancora la velocità di spostamento dei tomi. I libri rotearono a centinaia nella sala, generando un vento che fece rotolare via le pergamene al suolo.
«Oh, porca miseria!» esclamò Jaan Karl accucciandosi.
Joras scoppiò a ridere. Eh già, che ne sapevano questi topi di biblioteca?
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