giovedì 25 gennaio 2018

Segnalazione Dark Zone: Le lame scarlatte di Rob Himmel




L’equilibrio è stato infranto. I pezzi sono sulla scacchiera. Il gioco del potere è cominciato… e reclamerà sangue.

Quando Lynx, il più celebre assassino di Ganderia, fa ritorno nella capitale dopo dieci anni di assenza, gli equilibri di potere vengono infranti. Le otto organizzazioni che gestiscono nell’ombra la vita della città abbandonano il loro torpore e ricominciano a tessere intrighi. Re Nuldest è disposto a qualunque cosa pur di scoprire perché, dopo tutto questo tempo, l’uomo sia ricomparso in città e non esita a mobilitare l’Ordine. Ed Eel non esiterà a rincorrere il suo sogno: divenire il miglior assassino della storia, facendosi un nome sulla pelle di Lynx… Persino Regina è pronta a calare le sue carte. Il gioco degli intrighi è cominciato. Chi trionferà?




Entrò nella sua stanza da letto, nonché ufficio, e si dispose davanti allo specchio, dopo aver sospirato e poggiato le mani sul mobile sottostante.
«Giornata dura?» chiese una voce alle sue spalle.
Sentì un fremito percorrerle il corpo, infervorandole l’inguine. Sorrise, gioiosa, ma non si voltò per non darlo a vedere. Non voleva concedere al suo ospite una tale soddisfazione.
«Non più del solito», replicò con falsa indifferenza.
Lince fece una secca risata, più plateale che sincera. 
«Ah, lo trovi divertente?» esclamò Regina voltandosi di scatto e piantando le nocche sui fianchi. Esibì un’espressione corrucciata.
«In effetti sì», ammise con un sorriso affascinante, «la tua falsa indifferenza mi diverte molto.»
«Oh, falsa?» replicò prendendo a borbottare, ma infine scoppiò in una sonora risata.
La donna, seppur rasentava i cinquant’anni, non aveva perso nulla della sua sensualità agli occhi di Lince. Il seno prosperoso, i fianchi larghi, il corpo in carne quel giusto da essere appetibile. Il volto era segnato da qualche ruga, ma le concedeva un fascino maggiore dettato dall’esperienza e da un aspetto più arguto di quanto ricordasse, sempre se fosse stato possibile. Gli occhi castani, così come i capelli, leggermente mossi, ricordavano la fragilità di una cerbiatta. Un inganno più bello che buono.
«Il passare degli anni ti ha resa più bella», si complimentò lui.
«Suvvia Lince, non hai bisogno di adularmi… non tu.»
L’uomo si avvicinò facendosi serio in volto. «Dico davvero.»
Regina inarcò un sopracciglio inclinando la testa, scrutandolo per carpire se mentisse.
«Oh, alla malora!» esclamò prima di buttarglisi addosso e baciarlo.
Il sicario corrispose con trasporto, avvinghiandola a sé con una presa forte. Bastò poco e si ritrovarono a rotolarsi nudi sul letto.



Il sangue gli ribolliva nelle vene, l’ira eruttava dalla bocca. La vista si annebbiava, le mani fremevano. I piedi scalpitavano e le gambe tremavano. Il cuore martellava per sfondare il petto e frantumare le costole. Sete, una disidratante sete di sangue. Vendetta. Sotto il mantello, e l’ampio cappuccio, correva follemente come un nero fantasma, tra le strade della città. In pieno giorno, in piena vista. Senza riserve né paure.
Folle.
Nessuno poteva riconoscerlo. Il volto non si vedeva, celato tra la maschera e il cappuccio. L’abbagliamento lo identificava come sicario, simile a tanti altri. Lui era in nero.
Tutti lo riconobbero. Quella velocità, quella sete di sangue. Quello sfoggio di mancanza di paura, era persino disarmato. Soltanto lui poteva osare tanto. La gente si scansava al suo passaggio.
«La lince è tornata!» esclamavano alcuni.
I sicari nascosti nei vicoli emersero dall’oscurità. Si affacciarono per la strada e seguirono la lince. Chi per strada, chi sui tetti. In pieno giorno, all’apice del sole. Nessuna paura, nessuna precauzione. Divennero un branco che proteggeva il capo.
I soldati, le guardie e chiunque lavorasse per il re, non accennarono a interporsi tra Lince e la sua destinazione. Nessuno osò mettersi sul suo tragitto. Nessuno portò la mano alle armi. Tacquero, immobili, con rispetto e stima.
La lince era tornata.



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