Arthur Lewis, imprenditore e scapolo d’oro di Las Vegas, sa chiaramente cosa pretendere dalla vita.
Proprietario di tre casinò, trascorre le notti tra le grane e le incombenze di chi è padrone di un impero tanto vasto. Un affascinante e cinico seduttore che vive il sesso con dissolutezza, convinto che tutto abbia un prezzo, donne comprese.
Arthur Lewis vuole? Arthur Lewis ottiene.
Quando la misteriosa Veronica gli nega, però, i piaceri di una notte, il suo mondo vacilla…
Ramon parlava a raffica e lui lo seguiva tendendo l’orecchio ma non lo sguardo, che era invece rivolto altrove.
Qualcosa però attirò l'attenzione di Lewis, che cominciò a guardare fisso dall'altra parte del bancone circolare, dove era seduta una donna dall’aria palesemente annoiata.
«...dobbiamo incontrarci con i fratelli Leonards per discutere di quell'affare. Ci aspettano al Femina...»
Ramon continuava a parlare ma Arthur aveva perso già da un pezzo il filo del discorso, ormai sentiva la voce del collaboratore come un fastidioso rumore di sottofondo mentre era intento a scambiarsi sguardi magnetici con la donna elegante a una manciata di metri da lui.
«...e poi c'è Elliot. Ci ha dato del filo da torcere ma i ragazzi lo hanno beccato. È alle ventole.»
A quel punto Arthur annuì, Ramon aveva pronunciato il nome di quel bastardo infame che gliel’avrebbe pagata.
«Lo stronzo può aspettare.» Si riassettò addosso la giacca e fece cenno al barman di avvicinarsi. Questi si chinò in avanti verso di lui, immediatamente. Nemmeno in quel frangente smise di guardarla.
«Champagne per la signora. Il migliore.» Lo ordinò sussurrandolo appena, ma non aveva dubbi: il ragazzo avrebbe capito. Non c’era un’altra donna in quella sala degna di un giro del miglior millesimato che avesse in cantina; dovette ammetterlo a se stesso.
Seguì ogni gesto del barman, augurandosi per lui che non commettesse errori: lo vide avvicinarsi a lei, salutarla con un reverenziale gesto del capo e liberare il tappo dalla gabbietta.
Una rotazione della bottiglia seguì lo sbuffo del sughero.
Arthur alzò soddisfatto un angolo della bocca. Sorrise.
I suoi ragazzi ci sapevano fare.
Miss Eleganza, che fino a quel momento aveva ricambiato i suoi sguardi più per curiosità che per sedurlo, sollevò il flûte verso di lui e contemporaneamente si morse un sorriso tra le labbra. Arthur fece lo stesso con il suo whiskey, puntando il gomito sul piano verde di marmo lucido prima di alzare il bicchiere a mezz’aria.
Un brindisi a distanza, mentre le offriva appena uno stralcio del suo profilo.
«Chi è quella?», chiese a Ramon, indicandola con un cenno del capo. La donna ormai si era girata di lato e, con la tempia poggiata contro il palmo della mano, aveva rivolto la sua attenzione altrove.
Arthur lo interpretò come il lasciapassare a continuare. Lei stava fingendo disinteresse ma sapeva benissimo che nel giro di un paio d'ore quella donna sarebbe stata nuda, a gambe aperte e con i capelli in disordine a gemere nel suo letto.
Mentalmente aveva già programmato tutto.
«Quella chi?» Ramon cercava di fare capolino per individuare la futura preda del capo. Quando il nano guardò nella direzione giusta e arcuò le sopracciglia, visibilmente meravigliato, Arthur ebbe conferma che aveva capito di chi stavano parlando.
«Esatto. Lei. Quella che se la tira troppo per i miei gusti e che dovrei castigare all’istante.»
Un sorriso sadico gli si disegnò sul volto prima di avvicinare il bicchiere alle labbra e bere tutto il whiskey che vi era contenuto.
«Nada. Non credo sia di queste parti. Però...» Ramon finì la frase con un fischio che urtò i nervi al suo capo, il quale strinse gli occhi e cercò di mentire a se stesso riguardo la morbosa attrazione che stava provando per la sconosciuta.
«Può essere un’escort?», azzardò Ramon. In effetti Las Vegas era piena di puttane in incognito in cerca di polli da spennare.
«Una delle ragazze di Margot?»
Arthur guardò Ramon e questi sollevò una nuova ipotesi sulla sconosciuta, ipotesi piuttosto improbabile perché Margot l’avrebbe informato. Non muoveva un passo senza prima informarlo. Non lo avrebbe mai fatto.
«Non è detto. E se è in proprio?» Il nano si grattò al centro della testa, anche lui voleva provare a dare una spiegazione, visto che parecchie volte si era ritrovato nella condizione di dover allontanare donne che volevano fare affari sulle spalle del suo capo. Il gesto del socio gli sembrò abbastanza grottesco, simile a quello di uno scimpanzé pulcioso.
«Scoprilo.» Non avrebbe aggiunto altro. Tornò a guardarla, un attimo prima di andare.
Il modo in cui lei si toccò il pendente di cristallo che le ricadeva lungo il collo non fu che l’ulteriore conferma che lui su quel collo doveva metterci le mani. La voleva.
Si morse il labbro dall’interno e si rivolse di nuovo a Ramon.
«Scelga lei la cifra. La voglio nella mia limousine tra un’ora.» Fece il suo solito sguardo annoiato per non tradirsi con il collaboratore. «Quando avrò finito con lei ti farò sapere se li vale.»
Le avrebbe dato un voto, commentandola con l’amico, come era solito fare. Non aveva nulla in più rispetto alle altre, in fondo rimaneva una donna. Si sarebbe fatta abbagliare dalla prospettiva di denaro facile e dai suoi occhi da seduttore, esattamente come tutte. Se fosse stata un'escort l'avrebbe prima scopata e poi fatto capire di non mettere mai più piede da lui per prostituirsi. Era oggettivamente bella, molto elegante e sofisticata, ma assolutamente come tante altre squillo.
Dovette ripeterselo in testa per ben due volte.
«Vado, capo.» Ramon con un sorriso a trentadue denti, compresi i due d’oro, fece per allontanarsi quando Arthur lo fermò.
«Quando hai fatto, raggiungimi alle ventole.»
«Va bene, capo. Ricevuto.» Il nano si avvicinò al bancone e lui le diede le spalle appoggiandosi al marmo lucido con la schiena e le mani nelle tasche, soddisfatto. Riusciva già a pregustare l’odore della sua pelle e il sapore dei suoi umori. Quella donna doveva essere intimamente ancora più desiderabile di quanto già non apparisse.
Sollevò la mano sinistra ed afferrò il quadrante del Rolex tra pollice e indice, poi sollevò il capo e rivolse l’ultimo mezzo ghigno complice a Ramon, che di rimando si fregò le mani, nemmeno ci avesse dovuto scopare lui con la donna elegante dagli occhi di ghiaccio, seduta a pochi metri.
«Ramon», si arrestò dopo appena due passi, prima di dare ulteriori dettagliate istruzioni al suo uomo di fiducia. «Dille di tenersi gli orecchini. Mi piacciono quei cristalli che le pendono sul collo, sembra una puttana da bordello.»
Lo disse sorridendo a testa bassa, portandosi le nocche delle dita alla bocca e, trattenendo una risata per la sua stessa battuta, scosse la testa fiero di sé e del suo modo di fare, sempre distaccato.
«Capito tutto, vado.» Ramon andò verso di lei ripassando mentalmente tutto quello che avrebbe dovuto dire una volta che se la fosse trovata davanti.
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