domenica 1 marzo 2015

Connolly Brothers


Capitolo n. 4  - Ryhs


Quella mattina era stato più difficile del solito fingere che andasse tutto bene. Già un paio dei ragazzi con cui lavorava di solito si erano fermati a chiedergli se si sentisse bene. Rhys aveva dovuto mordersi la lingua per evitare di rispondere con amarezza che erano tre anni che non si sentiva bene. Odiarsi non serviva a nulla, non era nemmeno riuscito ad uccidersi a forza di bere, non gli restava che stringere i denti e fingere di essere ancora normale. Mentre si sedeva al tavolo della colazione aveva sentito i jeans sfregare sulla ferita alla coscia. Il dolore era sempre bene accetto, gli ricordava che era vivo, che doveva espiare tutti quegli anni che aveva davanti da sprecare mentre Sean aveva così tanti sogni e progetti da realizzare.

Ad un certo punto aveva sentito uno sguardo insistente puntato su di sé e, senza darlo a vedere, aveva notato che Tom lo stava fissando pensieroso. Non aveva saputo definire l’espressione sul viso dell’altro, ma qualunque cosa fosse sperava che lo avrebbe lasciato in pace. Non ce l’avrebbe fatta ad affrontare altre domande sul perché non socializzasse e non parlasse quasi mai se non strettamente necessario. Quel giorno voleva solamente fare il suo lavoro fino a sfinirsi abbastanza da buttarsi a letto dopo cena e sprofondare in un nero oblio.

Capitolo n. 5  - Tom

“Ehi capo, posso parlarti un momento?” la domanda di Steve riscosse Tom dai suoi pensieri.
“Certo, dimmi tutto” rispose sempre disponibile al dialogo con i suoi ragazzi.
“Non lo dico per cattiveria, ma tutti qui non ne possiamo più dell’atteggiamento di Rhys. Non è cattivo, ma sembra sempre sul punto di staccare la testa a tutti se solo osano dirgli una parola di più. Sta sempre per conto suo e guarda sempre male chiunque gli si avvicini. Qui siamo come in una grande famiglia, non voglio parlare male di nessuno, ma non è facile lavorare insieme a lui e molti sono venuti a chiedermi di riferirtelo”
Tom se lo aspettava. Come aveva detto Steve, lì al ranch erano come una grande famiglia. Dopo il lavoro, i ragazzi si riunivano al dormitorio e giocavano a carte o guardavano la tv insieme, come fratelli. Non andavano sempre d’accordo, ma ci si parlava e, a volte, volava anche qualche pugno, ma alla fine ci si capiva e tutto tornava a posto. Tom ci teneva che tutto andasse per il meglio, che i ragazzi andassero d’accordo perché quella sarebbe stata l’unica famiglia che avrebbe potuto costruire. Quindi ora Rhys stava diventando un problema, ma dopo la scena a cui aveva assistito la notte prima Tom non si sentiva di condannarlo, ora sapeva che la sua freddezza era solo un modo per tenere lontana la gente e soffrire in solitudine. Da quel poco che aveva capito, Rhys aveva perso una persona amata e, dedusse, per questo non voleva interagire con nessun altro, così da non dover piangere se fosse rimasto solo nuovamente. Lo capiva, nemmeno Tom voleva rischiare di far avvicinare troppo qualcuno, ma non per questo si comportava come un orso la cui zampa fosse finita in una tagliola.
“Tranquillo Steve, stasera parlo io a Rhys. Dì agli altri che me ne occuperò” si decise a rispondere Tom.
Il sorriso del suo sottoposto gli fece capire quanto tutti contassero su di lui, di come non avessero dubbi riguardo il fatto che Tom sarebbe stato capace di risolvere ogni cosa.


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