- Il pubblico americano ha imparato a conoscerti e apprezzarti come scrittrice Young Adult/Paranormal, grazie al successo della serie Unearthly. L’ultima volta che ti ho detto addio, invece, è un romanzo Young Adult con un’impronta molto differente, per tematiche e ambientazione. Da cosa è nata l’urgenza di scrivere questo romanzo?
In tutti i miei
libri ricorrono temi simili: il rapporto tra fratelli, tra madre e figli, padri
assenti e la perdita inevitabile delle persone che amiamo. Queste riflessioni
ricorrono nei miei romanzi così come in L’ultima volta che ti ho detto addio, tuttavia questo
romanzo è incentrato sul processo del lutto, su come viene affrontato da chi si
trova a confrontarsi col tema del suicidio di una persona cara.
Mio fratello è morto proprio in una circostanza analoga, quando avevo vent'anni e lui diciassette: ho pensato che potesse essere importante condividere questa esperienza con gli altri, per provare a capire.
Mio fratello è morto proprio in una circostanza analoga, quando avevo vent'anni e lui diciassette: ho pensato che potesse essere importante condividere questa esperienza con gli altri, per provare a capire.
- L’ultima volta che ti ho detto addio è un romanzo emozionale, che tocca il cuore dei lettori ma soprattutto ti coinvolge in modo molto intimo e personale. Come hai trovato la forza di raccontare questa vicenda? La scrittura è stata in qualche modo catartica?
È stato un romanzo difficile e molto doloroso, per molti aspetti.
Verso la fine, ci sono state intere settimane in cui mi sono ritrovata a
piangere guardando queste pagine. Ma sì, penso che in fondo che sia stato
catartico, mi ha aiutato a lavorare sulle mie emozioni e sui sentimenti che
ancora mi tormentano dopo la morte di mio fratello.
In che modo si riesce a conciliare una
scrittura dedicata ad un pubblico di giovanissimi a tematiche così delicate,
come il dolore, la perdita e il suicidio?
Gli adolescenti hanno a volte una visione molto “romantica” del
suicidio, il che mi preoccupa, perché nella mia esperienza, non c'è nulla di
tutto questo in un atto di morte. Oltre il 50% degli adolescenti americani
hanno pensato al suicidio durante l'adolescenza, è tremendo. Ecco perché ho
voluto parlarne: volevo condividere quello che si prova, la rabbia, il dolore
di chi resta, senza quella patina eroica che si percepisce nell’immaginario
comune. Ho raccontato la realtà, nel modo più crudo possibile, così com’è.
- L’ultima volta che ti ho detto addio racconta un equilibrio quasi straniante tra prima e dopo, assenza e presenza, routine quotidiana ed eventi che ne turbano il normale flusso. In che modo Lexie trova il coraggio di andare avanti, superando il senso di colpa che sembra opprimerla?
Arriva a un
punto in cui Lexie deve andare avanti, ad ogni costo. Ma ci sono diverse cose
che l’aiutano: i suoi amici, che non rinunciano a credere in lei, il suo
terapeuta, sfidandola ad essere onesta con se stessa, e infine la madre, e il
reciproco aiuto nel tentare di superare il dolore. Credo che Lexie debba
trovare la forza di mantenere i buoni ricordi, qualcosa di bello della sua vita
“prima”, oltre la tragedia.
- Qual è il ruolo di Sadie, la vicina di casa e coetanea, in tutta la narrazione? Pensi che per un adolescente sia più semplice confidare le proprie paure ad un estraneo piuttosto che cercare rifugio all’interno del nucleo familiare?
Sadie è uno dei
miei personaggi preferiti. Svolge il ruolo di un’estranea simpatica (anche se
lei e Lexie sono state amiche da bambine) e sì, credo gli adolescenti a volte
trovino più facile parlare con persone che nutrono meno aspettative nei loro
confronti, rispetto a genitori e amici. Sadie offre una prospettiva diversa a
Lexie, sia dal punto di vista del lutto (il papà di Sadie è morto qualche anno
prima), sia perché crede in una vita oltre la morte, a differenza della
protagonista.
- Quanto c’è di te in Lexie, la protagonista del romanzo? In che modo la personalità lucida e razionale della protagonista riesce a convivere con la “presenza” di Tyler?
Quando ho iniziato a scrivere il
libro è stato difficile, stavo cercando far raccontare alla protagonista un
dolore che io stessa non ero riuscita ancora ad esprimere. Ma poi il personaggio
di Lexia ha iniziato a prendere vita: io non ero più lei, e la storia di suo
fratello non era la mia. Oltretutto, io sono terribile in matematica e
probabilmente non sono nemmeno la persona più razionale del mondo. Ma c’è una
cosa: dopo la morte di mio fratello ci è capitato di sentire il suo profumo in
giro per casa, in modo inaspettato. Mia madre era convinta che lui fosse ancora
con noi, mentre io odiavo questa reazione. Non volevo più sentirlo, mi
rifiutavo di crederci. Quindi, a quel livello, la mia reazione è stata molto
simile a quella di Lexie.
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