Claire, italiana d'adozione, non ha ricordi della sua infanzia, ma possiede l’abilità di leggere le memorie degli oggetti e delle persone che tocca.
Quando, per caso, si trova fra le mani una lettera di sua nonna, creduta morta da anni, si rende conto che le sono state raccontate molte bugie. I suoi genitori, infatti, non solo l’hanno tenuta lontana dalla Bretagna - sua terra d’origine - senza spiegarle le ragioni, ma le hanno nascosto che lei è la causa della loro fuga dalla Francia. Qualcosa è accaduto quando era solo una bambina. Qualcosa che non ricorda.
Determinata a capire, Claire decide di raggiungere la Bretagna.
E in quella terra di leggende, battuta da venti e tempeste, si imbatterà nei Laouenan, ricca famiglia che vive in un maniero arroccato su una scogliera. Qui scoprirà che un segreto terribile circonda l’enigmatico e taciturno proprietario da cui tanto si sente attratta, e che un filo sottile li lega.
Ma sarà solo scavando nel passato dei Laouenan, tra intrighi, rivelazioni raccapriccianti e nuove amicizie, che Claire troverà la verità su se stessa, e potrà così riprendersi ciò che ha perduto.
Il fascino di misteri, segreti e scoperte raccapriccianti, mi hanno sempre attratto moltissimo, specialmente in un romanzo.
Per questo, quando ho letto la trama di “Vento di Kornog”, ne sono rimasta colpita. Mi aspettavo una storia avvincente, piena di suspense e rivelazioni da togliere il fiato. Purtroppo, le mie aspettative sono state quasi completamente deluse.
Andiamo con ordine: Claire è di origine francese, ha ventotto anni e vive a Roma da ormai venti, da quando vi si è trasferita con la sua famiglia.
La narrazione si apre con il funerale della madre della protagonista, che ha lottato contro una brutta malattia negli ultimi anni e che si è portata letteralmente nella tomba il motivo per cui i Verdier non hanno mai più fatto ritorno nella loro terra d’origine, la Bretagna.
Un giorno, Claire trova nella tasca della giacca di suo padre una lettera inviata pochi giorni prima da Rose Bondier, la nonna della ragazza, alla quale però era stato raccontato che la donna era morta quindici anni prima a causa di un incidente domestico.
Spinta dalla curiosità di conoscere quel passato di cui non ricorda assolutamente nulla, Claire decide di partire per la Bretagna all'insaputa di suo padre, aiutata anche da questo misterioso potere magico che la contraddistingue da sempre, la capacità di vedere la memoria degli oggetti e delle persone.
Una volta giunta a Dinan, cittadina bretone, iniziano i guai per la protagonista. Non solo conoscerà sua nonna, ma si ritroverà anche ad avere a che fare con una misteriosa famiglia altolocata del luogo, i Laouenan, tanto ricchi e potenti quanto enigmatici. Che il passato di Claire possa nascondersi proprio tra le mura del loro maniero?
A questo punto, anche per me sono cominciati i guai, e lo scrivo veramente a malincuore. L’intenzione c’era tutta, e credo che ci sarebbe stato un risultato finale più che soddisfacente, se non fosse per un particolare: l’intero romanzo manca di approfondimento.
Rose Bondier compare pochissimo, mentre mi sarebbe tanto piaciuto vedere la ricostruzione del rapporto tra lei e Claire, il modo in cui le due donne imparano a riconoscersi dopo tanti anni di separazione.
Mi sarebbe piaciuto molto anche sapere di più su Damien, sentire la sua frustrazione nei confronti della vita che gli è capitata e che non può assolutamente cambiare, sapere qualcosa sulle sue passioni, le sue emozioni, i suoi pensieri.
Anche la cugina di quest’ultimo, Delphine, poteva essere molto interessante come personaggio. Perché, nonostante sia molto dolce e gentile, viene sempre rifiutata da tutti? Può essere solo per il peso del nome della sua famiglia?
Poche risposte, tanti interrogativi. La storia non mi ha catturato come speravo avrebbe fatto, ci sono stati momenti in cui non ho sinceramente capito da dove fosse spuntata quella determinata situazione in cui i personaggi si sono ritrovati, pensando di essermi distratta: ho dovuto spesso tornare indietro per raccapezzarmi.
Un vero peccato, perché poteva risultare un racconto veramente originale e con atmosfere cupe e grottesche, da misteri e segreti persi in un passato recente e maledetto.
Un peccato anche per lo stile dell’autrice, a volte un po’ ridondante, ma che ha saputo descrivere perfettamente l’ambientazione di Dinan, Saint Malo e della Bretagna, una regione in cui ho sempre desiderato andare.
Lascio una frase che mi ha colpito in particolar modo, pronunciata da Damien, e che mi ha un po’ frustrata, visto che mi sarebbe piaciuto conoscere di più su di lui:
“Quando ti rendi conto che la tua vita è ormai prigioniera, non ha più senso sognare”
Alessia Litta nasce a Roma il 7 giugno 1974. Dopo gli studi liceali, lavora come web designer e in seguito come documentaliste presso l’Agenzia Spaziale Europea. Nel 2006 si trasferisce in Germania e alla fine del 2008 nel sud della Francia, dove vive tuttora. Amante della scrittura fin dall’adolescenza, ha sempre sognato di fare la scrittrice, ma solo da qualche tempo ha deciso di adottare un approccio più serio. Il suo racconto “Zaira” è stato inserito nell’antologia “Lupus in fabula”. Oggi impegna il suo tempo scrivendo, leggendo (tanto) e fotografando la natura che la circonda.
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